Morti sul lavoro, basta ipocrisie
I deprecabili assalti alla sede della Cgil a Roma rischiano di creare quelle cortine fumogene per allontanare dai veri problemi sui quali Governo e Confindustria anche con la complicità e le omissioni dei sindacati non vogliono risolvere. Parliamo dei morti sul lavoro. Meglio dire omicidi sul lavoro nel nome del profitto. Oggi è la Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, un momento riempito solo da retorica, dichiarazioni di facciata, appelli inutili, a partire quella di rito della Presidenza della Repubblica, ma quelli forniti dall'INAIL sono numeri più da bolletino Onu nelle zone di guerra che in quello di un paese cosiddetto "civile", "democratico". Numeri di questa tragedia che fanno rabbrividire, nonostante i blocchi della pandemia il calo che si è registrato negli incidenti sul lavoro è dovuto solo alla trasmissione in ritardo dei dati. La mattanza è proseguita con la apndemia da Covid-19, allora nessuno si preoccupava di loro, non si poteva bloccare tutto specie in settori strategici, ora, invece, se non hanno il green pass gli si può dare un calcio nel sedere.
Numeri che dovrebbero scuotere le coscienze portare ad atti concreti la denuncia e il pianto del momento non servono più.
Dall'inizio dell'anno fino a fine agosto sono morte più di tre persone al giorno sul posto di lavoro. In totale i decessi sono 772. A fornire i numeri è l'Inail, che ha pubblicato gli open data dei primi otto mesi del 2021. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all'Istituto - tra gennaio e agosto - sono state 349.449, oltre 27mila in più (+8,5%) rispetto allo stesso periodo del 2020. In particolare, aumentano gli infortuni sul tragitto di andata e ritorno tra casa e lavoro (+20,6%), tornati a salire tra marzo e agosto (dopo il calo del primo bimestre), complice il massiccio ricorso allo smart working dello scorso anno, a partire proprio da marzo 2020. I casi mortali sono in calo (-6,2%) rispetto ai primi otto mesi dello scorso anno, anche se il confronto con il 2020 "richiede cautela", avverte l'Inail: i dati, infatti, sono "provvisori e influenzati fortemente" dall'emergenza coronavirus, che non permette ancora di conteggiare "un rilevante numero di tardive denunce mortali da contagio", in particolare relative a marzo 2020. L'Istituto fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un periodo più o meno lungo dalla data del contagio. Tornano poi a crescere le malattie professionali, che sono state 36.496 (+31,5%).
I dati sugli infortuni sul lavoro
Rispetto allo scorso anno, le denunce di infortunio sul lavoro hanno avuto un iniziale decremento nel trimestre gennaio-marzo (-11%), seguito da un incremento nel periodo aprile-agosto (+26%) con il graduale riprendere delle attività. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato in tutti i settori produttivi, in particolare del 6,9% nella gestione assicurativa Industria e servizi (dai 279.792 casi del 2020 ai 299.147 del 2021), del 3,6% in Agricoltura (da 17.164 a 17.786) e del 29,2% nel Conto Stato (da 25.176 a 32.516). Diminuiscono invece nei settori dell'Amministrazione pubblica (-6,5%) e della Sanità e assistenza sociale: quest'ultima si distingue ancora per la numerosità degli eventi (oltre 27mila denunce da gennaio ad agosto), ma presenta una riduzione del 31,9% rispetto ai 40mila infortuni dello stesso periodo del 2020. Nel 2021 sono aumentati gli infortuni in itinere, cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l'abitazione e il posto di lavoro: da 38mila casi nel 2020 si sale oggi a 45.821 (+20,6%). Sul dato ha sicuramente avuto un'influenza il ricorso allo smart working durante lo scorso anno. L'aumento maggiore si registra nel periodo da marzo ad agosto 2021, con il 59% degli infortuni in più.
Da inizio anno, più di tre morti sul lavoro al giorno
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale sono state 772, 51 in meno rispetto alle 823 registrate nei primi otto mesi del 2020 (-6,2%). L'Inail però raccomanda "prudenza" nel paragonare i due anni. Il confronto è da ritenersi "ancora poco significativo" a causa della pandemia che nel 2020 ha provocato, soprattutto per gli infortuni mortali, "una manifesta tardività nella denuncia, anomala ma rilevantissima, generalizzata in tutti i mesi ma amplificata soprattutto a marzo 2020, mese di inizio pandemia", che rende difficile la comparazione con i mesi del 2021.
Al 31 agosto di quest’anno risultano 12 incidenti plurimi sul lavoro, per un totale di 29 decessi. Due lavoratori hanno perso la vita a seguito di un crollo di un fabbricato in provincia dell’Aquila a marzo, due a causa di inalazione di vapori tossici in provincia di Pavia a maggio, due per esplosione/incendio di un capannone in provincia di Perugia a maggio, due per soffocamento durante la pulizia di una cisterna in provincia di Cuneo a giugno, altri due intossicati da monossido di carbonio sempre in provincia di Cuneo a luglio e, infine, due persone travolte da una lastra di cemento in Valle d’Aosta ad agosto. Altri 17 lavoratori sono morti a causa di incidenti stradali. Nel 2020 gli incidenti mortali plurimi erano stati 6, per un totale di 12 lavoratori deceduti, di cui sei in incidenti stradali. La gestione Industria e servizi (comprensiva dei settori dell’industria, dell’artigianato, del terziario e delle altre attività) è l’unica a fare registrare un segno negativo (-10,4%, da 721 a 646 denunce mortali), al contrario dell’Agricoltura, che passa da 70 a 84 denunce (+20,0%), e del Conto Stato, da 32 a 42 (+31,3%).
Per i primi otto mesi di quest’anno, invece, si registra un aumento delle morti avvenute in itinere, cioè nel tragitto tra casa e lavoro, passate da 138 a 152 (+10,1%). Anche su questo dato, come su quello per gli infortuni, pesa il ritorno in presenza dopo un anno di smart working.
Per quanto riguarda invece l’analisi territoriale, rispetto al 2020 emerge un aumento dei decessi a Sud (da 165 a 211 casi mortali), nel Nord-Est (da 161 a 167) e nel Centro (da 147 a 150). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel Nord-Ovest (da 298 a 194) e nelle Isole (da 52 a 50). Nei primi otto mesi del 2021 è la Lombardia ad avere il più alto numero di morti sul lavoro, con 106 casi, seguita dalla Campania con 85 casi e da Piemonte ed Emilia-Romagna, rispettivamente 69 e 68.
Significativa anche l’analisi dei decessi dal punto di vista di genere: le donne che hanno perso la vita sul luogo di lavoro da gennaio ad agosto sono circa il 10% del totale, un dato in linea con il 2020. Nello specifico, sono 78 le lavoratrici e 694 i lavoratori che hanno perso la vita al 31 agosto.
Aumentano le malattie professionali: +31,5% in un anno
Tornano ad aumentare le denunce di malattia professionale protocollate dall'Inail, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia con denunce in costante diminuzione nel confronto con gli anni precedenti. Nello specifico, i casi di malattia professionale protocollati dall'Inail sono 36.496, 8.735 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+31,5%). Anche questo aumento trova una ragione nella situazione pandemica. Lo scorso anno arresti e ripartenze delle attività produttive hanno ridotto l’esposizione al rischio di contrarre malattie professionali. Allo stesso tempo, lo stato di emergenza, le limitazioni alla circolazione e gli accessi controllati alle strutture sanitarie hanno disincentivato e reso più difficoltoso per il lavoratore presentare le denunce di malattia, rimandandole al 2021. Le prime tre malattie professionali denunciate restano le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell'orecchio. Seguono i tumori e le patologie del sistema respiratorio.