Morti sul lavoro. L'appello disperato di una madre alla stampa
Le morti sul lavoro, o meglio definirli gli omicidi per il profitto sono un argomento tabù, la cattiva coscienza di media, istituzioni e politica.
I media si limitano a dare il macabro bollettino, politici e sindacalisti ci propinano le solite dichiarazioni di circostanza e con i consueti appelli a "fare più controlli".
Da anni è così. Così ogni anno 1000 lavoratori, una media di 3 al giorno, muoiono per i profitti del padronato, incurante delle misure si sicurezza, considerate un costo.
Non fa notizia, almeno non sulle prime pagine dei giornali e in apertura dei Tg, la vicenda di una madre di Perugia, Lena Dodaj, che si è incatenata ad una fontana per chiedere giustizia. Suo figlio Maringleno Dodaj, è morto all'età di 25 anni, il 18 novembre del 2011, dopo essere precipitato dal tetto di una ditta di Narni Scalo.
Come ha riferito l'Ansa Lena ha lanciato un "appello a tutta la stampa nazionale perché voi siete la voce dei cittadini. Siamo vittime della magistratura" c'è scritto sullo striscione.
“Chiedo che il Ministero intervenga sulla vicenda raccapricciante di mio figlio. La magistratura ha sempre ignorato l’omicidio di mio figlio e i nostri appelli. Mio figlio è stato ucciso disteso sul pavimento nudo, umiliato vivo e da morto. Una scena dell’orrore”, ha denunciato ancora la donna.
Nessuno ha ascoltato la voce di Lena, né un politico, né un sindacalista sempre pronti al tweet compulsivo quando si tratta di argomenti inutili.
Questo silenzio è solo la riprova dell'ipocrisia e della complicità di politici, sindacati e istituzioni con il padronato, tante parole per non cambiare nulla. Nessuna legge, nessuna tutela, bisogna riportare l'economia ai tempi pre Covid-19, arriveranno i soldi del PNRR, non si possono disturbare i manovratori, i lavoratori continuino pure a morire. Giustizia non c'è. Come ha detto un mese fa il direttore generale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano, rispetto ai 15 000 morti sul lavoro dal 2006 ad oggi, “avremmo dovuto avere 15mila sentenze, perché ne abbiamo solo alcune centinaia? E’ necessario un coordinamento investigativo. Le vittime hanno necessità di avere la stessa giustizia”.
Chi la coglierà questa necessità?
Finché non ci sarà una forza politica che rifiuti in toto le politiche liberiste e metto al centro i problemi di natura sociale ed economica, si continuerà a morire per il profitto ed a ricorrere a proteste estreme che, salvo l'enfasi del momento, non cambieranno nulla.