Mosca, il conflitto e la percezione dell'occidente
di Sandrino Luigi Marra*
L’Occidente immaginava e fantasticava sulla sconfitta militare della Russia, immaginava Mosca annichilita dalle sanzioni, con la popolazione se non alla fame ma sulla strada. Immaginava il crollo del lavoro, difficoltà economiche, che la Russia non avrebbe retto le conseguenze delle sanzioni occidentali, e aggiungerei, qualcuno ipotizzava una rivolta interna del paese. Ovviamente immaginava…!!
Nella realtà la capitale vive oltre il conflitto, a Mosca il lavoro non manca e nonostante l’aumento progressivo dei prezzi dovuti alla riconversione in parte dell’economia ad economia di guerra, gli stipendi aumentano all’aumentare dei prezzi. Una sorta di scala mobile, come un tempo esisteva in Italia che risponde sistematicamente all’inflazione tenendone il passo. Si potrebbe dire che non è sostenibile nel lungo corso, ma la risposta è dietro l’angolo. Non è sostenibile per una Europa che i denari li sta letteralmente buttando e non ha risorse, non per un paese che con le sole entrate del Gas copre le spese annue del conflitto e gli resta un’altra metà per parte delle spese correnti dello Stato. Mosca è di fatto una città cara, non lo si può negare, è una città che contrariamente all’immaginario europeo di guerra, cresce in numero di abitanti, non c’è russo che non aspiri a vivere a Mosca, e Mosca per quanto possa certamente essere cara per affitti e acquisti offre lavoro, ed ha lavoro in esubero. Nel 2023 è stata inaugurata una nuova linea della metropolitana, la Grande Linea Circolare che sembra essere la linea metropolitana più grande del mondo, facendo dell’intera linea la quinta, ma soprattutto la più efficiente del pianeta, superando le blasonate metropolitane di Tokio, Shanghai, Seul e Pechino per efficienza.
E non mancano gli studenti universitari stranieri che sono ovunque il metro di misura delle qualità di una città. Aumentano sistematicamente anche questi e non solo a Mosca, il fenomeno si ripete in tutte le città universitarie del paese. Convergono studenti dall’Africa, dall’India, dalla Cina, dal Brasile da altri paesi del Sud America, ma anche dalla vicina area asiatica e del sud est asiatico, in un continuo, come detto crescendo. E la cosa che sorprende è intervistando gli studenti, come questi guardano ai valori dell’Occidente; nessuno ne ha fiducia, nessuno ritiene che esistano ancora i cosiddetti valori occidentali, nessuno aspira, dopo le esperienze di studio in Russia a raggiungere l’Europa. Per molti non avrebbe alcun senso, vivere e lavorare in un continente, quello europeo dove negli ultimi anni, gli stranieri non sono di fatto benvenuti, dove una continua strisciante ed inesorabile discriminazione crea malumori e porta a fenomeni di ghettizzazione. Perché dunque vivere in un tale contesto, si chiedono in molti tra gli studenti, perché partire con la spada di Damocle del pregiudizio, quando in Russia tutto ciò è in pratica inesistente.
Perché andare a vivere in luoghi che non possono, con i fatti di Gaza ed il disinteresse Occidentale a quei fatti, dare più alcuna lezione di etica e di morale. Un paese, la Russia, che conta la più alta presenza di musulmani in percentuale alla popolazione che non vive i problemi di emarginazione che vivono i paesi occidentali, basta pensare alle Banlieu francesi, alle periferie di Londra, di Bruxelles solo per citarne alcuni, luoghi del malessere, del disappunto, della sfiducia nel paese in cui si vive e spesso si è nati. Non accade a Mosca, non accade a San Pietroburgo, non accade neanche nella isolata e gelida Siberia, nelle città gelide di frontiera, che offrono comunque un lavoro, che guardano gli altri senza pregiudizio alcuno, che pensano che chi vive in Russia è un cittadino Russo, che se ci vive ama viverci, ama il paese, ama la Russia. E i Russi si, vogliono la pace, anche se per loro la guerra è un fastidioso rumore di sottofondo. Vogliono la pace, vogliono dei negoziati, ma negoziati che non siano un Minsk 3. E a differenza degli Ucraini oggi, in Russia si arruolano volontari, 10 mesi al fronte e si torna a casa.
E’ un rischio, ma è un rischio che per certi aspetti vale anche la pena. Il salario è così alto che ci si possono comprare due appartamenti, al decimo mese termina la ferma al fronte con una certezza del 100%, c’è chi si arruola perché ci crede (30.000 volontari nel 2024) e chi lo fa per interesse e su questo non ci piove che ci sia chi guarda al denaro. Ma ci sono anche volontari diversi, non medici o infermieri, ma operai, elettricisti, imbianchini, manovali ed operai edili, idraulici che vanno nel Donestsk per ricostruire, e sono tanti e sono giovani e vanno come dice Alessandro Battista in un suo recente articolo, “vanno a ricostruire quello che i soldati hanno distrutto. Soldati che non sono odiati, al contrario. Miracolo della Nato!” E i Russi la vogliono la pace purché sia una pace giusta ma soprattutto i Russi hanno di certo più tempo degli Ucraini per questo, molto, molto più tempo per raggiungerla, cosa che gli Ucraini non hanno.
*Università di Parma