Netanyahu e l'occupazione permanente di Gaza

Netanyahu e l'occupazione permanente di Gaza

Netanyahu chiede il controllo del confine tra Gaza e l'Egitto per isolare Gaza e tagliarla in due grazie al controllo del corridoio di Netzarim. La zona settentrionale, ripulita dei palestinesi, resterà israeliana, il Sud, sovraffollato, ad Hamas...

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PICCOLE NOTE


“Israele non accetterà un accordo sugli ostaggi a nessun prezzo, ha dichiarato martedì il Primo Ministro Benjamin Netanyahu in vista dei negoziati ad alto livello previsti per la fine di questa settimana”. Così inizia un articolo del Jerusalem Post che sintetizza in questo modo i due colloqui che il premier israeliano ha avuto con i parenti degli ostaggi prigionieri di Hamas. Sono stati proprio i familiari degli ostaggi a riferire al media israeliano, presumibilmente con lo sconforto del caso, la posa irriducibile di Bibi.

Insomma, Netanyahu non solo ha concordato con i mediatori, in primis gli americani, una proposta tale da risultare irricevibile per i suoi interlocutori (come abbiamo riferito in una nota pregressa), ma è pronto a sabotare anche una apertura a sorpresa degli stessi. Non una nostra deduzione, ma una semplice constatazione, confermata peraltro da un articolo di Haaretz dal titolo: “Fonti coinvolte nei negoziati per il cessate il fuoco affermano che Netanyahu ‘sta ancora una volta sabotando i negoziati'”.

Nella nota citata abbiamo anche spiegato come Hamas abbia rilevato che nella proposta israeliana non c’è traccia di una tregua permanente né di un ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza, così che, dopo la liberazione degli ostaggi, Netanyahu potrà riprendere a bombardare la Striscia.

Isolare e dividere la Striscia

La proposta israeliana, peraltro, presenta altre due criticità, meno rilevanti ma non per questo poco importanti. La prima è il controllo del corridoio Filadelfia, cioè la frontiera tra Gaza ed Egitto, che Netanyahu vuole conservare a tutti i costi, come ha detto ai familiari degli ostaggi (vedi articolo del Jerusalem Post già segnalato). L’altra criticità è rappresentata dall’altra richiesta non negoziabile di Bibi, quella di conservare il controllo anche della strada di Netzarim, che taglia in due la Striscia.

Aluf Benn, su Haaretz, spiega in maniera perfetta perché Netanyahu non intende cedere su queste due richieste, oltre a rivelare il senso di Bibi per gli ostaggi. “Il dibattito pubblico in Israele – scrive Benn – si concentra sugli ostaggi e sul loro destino, ma Netanyahu li considera un fastidio mediatico, un ariete in mano ai suoi oppositori politici e una distrazione dal vero obiettivo: un’occupazione prolungata della Striscia di Gaza o – come ha ripetutamente dichiarato dallo scoppio della guerra – ‘il controllo della sicurezza israeliano'”.

“Il controllo del corridoio di Filadelfia e del ‘corridoio di sicurezza’ lungo il confine [a questo collegato, ndr] consente a Israele di circondare i confini terrestri di Gaza e isolarla dall’Egitto. Il controllo della rotta stradale di Netzarim in pratica divide la parte settentrionale di Gaza, dove rimangono pochi palestinesi in un’area in cui sono state distrutte case e infrastrutture, dalla parte meridionale dell’enclave costiera, che trabocca di rifugiati provenienti dall’intera Striscia”.

L’occupazione strisciante di Gaza

“In pratica – prosegue Benn – si sta elaborando un accordo a lungo termine per ‘il giorno dopo’. Israele controllerà la Striscia di Gaza settentrionale e caccerà via i 300.000 palestinesi che vi sono rimasti. Il maggiore generale (in carica) Giora Eiland, l’ideologo della guerra, propone di farli morire di fame o di esiliarli, come leva per sconfiggere Hamas. La destra israeliana immagina un insediamento ebraico nell’area, con un vasto potenziale immobiliare […], con vista sul mare e vicino al centro di Israele”.

“L’esperienza dei 57 anni di occupazione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est indica che si tratterà di un processo lungo, che richiederà molta pazienza e capacità di manovra diplomatica. Nessuna grande città ebraica verrà costruita a Gaza da oggi a domani, ma i progressi saranno fatti acro per acro, casa prefabbricata per casa prefabbricata, avamposto per avamposto, come avvenuto a Hebron, Elon Moreh e Gilad Farm”.

“La Striscia di Gaza meridionale sarà lasciata ad Hamas, che dovrà prendersi cura dei residenti indigenti stretti dall’assedio israeliano anche dopo che la comunità internazionale avrà perso interesse a questa storia per spostarsi su altre crisi”. Insomma, Netanyahu persegue “l’occupazione” e i suoi messianici alleati, che la propugnano esplicitamente, rimarranno al loro posto finché questi “cercherà con le parole e i fatti di dar vita a un’occupazione permanente e a un’annessione strisciante di Gaza”.

“Alla riunione di gabinetto di questa settimana, Netanyahu ha ribadito il suo slogan del 1996 contro gli Accordi di Oslo: ‘Dare e avere, non dare e dare’. In termini più semplici: i territori occupati non saranno restituiti, nemmeno sotto la pressione internazionale né ora, neanche di fronte alle suppliche degli ostaggi. Questo è l’obiettivo della sua guerra”.

Gli Usa e i subumani palestinesi

Nell’articolo di Benn anche un cenno all’alleato d’oltreoceano, nel quale spiega che le elezioni americane non cambieranno tale prospettiva, perché né la Harris né Trump faranno nulla per i palestinesi (se sulla Harris non si può che concordare, su un eventuale presidenza Trump e il Medio oriente abbiamo accennato in una nota pregressa a possibili varianti).

Per inciso, la Convention con cui il Partito democratico sta celebrando Kamala Harris, mentre le bombe americane fanno strame di palestinesi, risulta alquanto inquietante. Come inquietanti risultano i resoconti sdolcinati dei media sulla kermesse stessa (a mo’ di esempio, un titolo imperdibile del New York Times sull’intervento del marito alla Convention: “Doug Emhoff, serio e autoironico, parla bene della moglie”… ).

Tale l’impazzimento dell’Impero americano, che nel suo eccezionalismo vede il resto del mondo attraverso una lente deformata. Un eccezionalismo che vive in parallelo, supportandosi a vicenda, con l’eccezionalismo ebraico, ora al potere a Tel Aviv, che vede nei palestinesi dei “barbari“, cioè subumani, come ebbe a dichiarare Netanyahu nel discorso più applaudito di un premier straniero al Congresso degli Stati Uniti d’America.

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