No Camp Darby contro la Base Tuscania
Riceviamo e pubblichiamo
Come comitato No camp Darby siamo qui per partecipare non solo ad un 'assemblea ma alla costruzione di tutte quelle iniziative e proposte concrete e consapevolmente necessarie a mobilitare i territori e i loro abitanti/cittadini contro la militarizzazione, e l’occupazione militare dei nostri territori, la costruzione della nuova base e il potenziamento della base Usa di Camp Darby.
Ci scusiamo per i ranghi ridotti ma tra ragioni personali, di salute e di lavoro diversi di noi non sono riusciti a garantire la loro presenza a questa due giorni.
È ormai acclarato ed evidente che le istituzioni locali, senza distinzione tra centro destra e centro sinistra sono parte attiva delle servitù militari e lo dimostra la disattenzione cronica verso le conseguenze della militarizzazione con alto impatto ambientale, inquinamento e malattie. E' il caso del poligono di tiro in Sardegna, dell'inquinamento dei corsi d’acqua, dei terreni e la minaccia alla nostra salute compromettendo la intera filiera alimentare con l’inquinamento delle materie prime coltivate in siti per i quali non è mai avvenuta la auspicata bonifica.
Scopriamo con decenni di ritardo realtà e situazioni che invece avremmo dovuto conoscere e documentare in largo anticipo. La guerra crea morte, distruzione ma anche devastazione ambientale, le bonifiche non rientrano tra le priorità dei Governi e degli amministratori locali, da lustri anche la Corte dei conti chiede la bonifica dell'area Cresam dove sorgeva il reattore nucleare della Marina, eppure tutto è rimasto senza soluzione come del resto sono ancora al loro posto decine di siti inquinati che rappresentano una costante minaccia alla salute della popolazione.
Quanto accade al Fosso dei Navicelli dimostra che proprio le amministrazioni locali sono parte attiva dei processi di militarizzazione, perfino la richiesta di informazione su un capannone chiuso per ragioni di sicurezza resta senza risposta e non ci pare che anche le autorità pubbliche preposte al controllo abbiano mosso foglia dopo la pubblicazione di tanti articoli sulla stampa. Una montagna di burocrazia che alla fine scoraggia anche il senso civico della cittadinanza. Che dire invece di quanto accaduto in Consiglio Comunale a Pontedera con un ordine del giorno del centro sinistra che in sostanza non prende alcuna posizione rispetto alla costruzione del Poligono e della Pista di guida (a detta loro ne era comunque prevista la edificazione…) previste dentro il Progetto della nuova base del Tuscania?
Un convitato di pietra, un silenzio assenso se non partecipazione attiva ai processi di militarizzazione. Nessuno di noi è autosufficiente, come abbiamo avuto modo di dire alla festa di Ottolina Tv, il raddoppio della base del Tuscania, per costi e dimensioni, è una sconfitta di tutto il movimento contro la guerra ma anche il frutto di opere di compensazione che alla fine scambiano i processi e le politiche di guerra, la militarizzazione dei territori con qualche restauro di immobili abbandonati e qualche rifacimento stradale.
Le opere di compensazione promesse sono state sufficienti per conquistare il silenzio assenso di alcuni inizialmente mostratisi contrari alla base del Tuscania, sono gli interessi materiali a generare le posizioni pubbliche. E dietro alla ampliamento della base del Tuscania che si allarga nei comuni di Pisa e di Pontedera ci sono considerazioni ben note, da una parte non scontentare le attività agro alimentari della zona, dall’altra far passare l’idea che la militarizzazione del territorio presenterebbe dei vantaggi come il rifacimento di strade e di infrastrutture, il restauro di edifici storici abbandonati per anni nell’incuria e ultima la questione della pista a Pontedera che andrebbe incontro alle esigenze dell’economia locale (la Piaggio ad esempio). Peccato che i cicli produttivi, e il personale, impiegato nello stabilimento di Pontedera siano ai minimi storici dopo anni di delocalizzazioni produttive con la chiusura di tante fabbriche dell’indotto. Un bel modo per travisare la realtà e accomodarsi al tavolo delle compensazioni.
Noi pensiamo che si debba affrontare i problemi da tutti i punti di vista, non innamorarsi di una critica solo ambientalista o di natura culturale alla guerra ma riuscire nello sforzo di mettere tutto insieme, di articolare la nostra opposizione in modo ragionato e complessivo. Ci saranno le istanze di chi analizzerà le questioni ambientali, di quanti criticano l'imperialismo o di chi guarda ai processi di militarizzazione del proprio territorio, tutte queste istanze dovranno rientrare in una critica complessiva alla base del Tuscania, alle ragioni di una guerra che ormai bussa alle nostre porte come si evince dalla prima risoluzione del Parlamento europeo, dal dispiegamento di missili di ampia gittata sul nostro territorio. E anche Camp Darby e il Fosso dei Navicelli sono parte integrante dei nostri comuni ragionamenti.
Sarà di vitale importanza andare nei quartieri e dimostrare che questa base non è un valore aggiunto per la città, dimostrarlo oggi è più difficile di ieri proprio per l'assuefazione diffusa all'idea della guerra. Pisa è una città già militarizzata, dagli incursori a Camp Darby, dall'aeroporto militare alle caserme, dai progetti di ricerca a fini di guerra fino alle lezioni di diritto internazionale per giustificare le guerre di aggressioni.
Serve soprattutto dimostrare quanti tagli ci sono stati alla istruzione, alla sanità e al welfare da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, i fondi europei post covid indirizzati a fini di guerra. Una critica all'operato dei Governi locali e nazionali perché chi oggi parla di ampliamento del canale dei Navicelli a fini civili e a favore della cantieristica occulta la richiesta di quasi 20 anni fa che il Pentagono avanzò al Governo italiano per collegare Camp Darby via mare al porto di Livorno. Il dragaggio commissionato da una agenzia Usa legata al Governo americano direttamente alla Navicelli spa è la conferma che ogni opera nel canale è legata alle ragioni di guerra e non un favore accordato all’economia del territorio.
Sarebbero tanti altri i punti da toccare, temi importanti e strettamente collegati e di cui dovremmo tener conto e discutere, come i ns beni comuni: l’Acqua, innanzitutto, in tutte le sue forme, le falde/sorgenti che ancora sono oggetto e preda di mire capitalistiche e privatizzazioni e che a tutto svantaggio e danno di noi cittadini e dei nostri territori. Qui possiamo soltanto accennarne alcune per mancanza di tempo
Proviamo quindi, e questa è una reale e non più rinviabile necessità oltreché un auspicio, a lavorare insieme nella consapevolezza che la resistenza ai processi di militarizzazione è frutto di articolate e vaste alleanze senza primogeniture e di una visione chiara sul mondo che i dominanti stanno costruendo a nostro danno e pericolo. E la stretta repressiva in corso contro i movimenti sociali e contro la guerra stanno per licenziare il ddl 1660 con pene inaudite costruite ad arte per criminalizzare e impedire sul nascere ogni forma di opposizione
Alla base e, quasi come per giocare con le stesse parole, e come filo conduttore che non ci deve trovare assenti e/o confusi, ci deve essere una nuova e rinnovata presa di coscienza e consapevolezza anche di quella ripresa sovranità popolare (da non confondere con sovranismo) che molti finora hanno travisato o non hanno saputo tradurre nella difesa del territorio, degli interessi propri delle classi subalterne minacciati dalle mire speculative e guerrafondaie