Obamagate e quello strano silenzio del mainstream

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Obamagate e quello strano silenzio del mainstream



di Antonio Di Siena 
 

L’Obamagate potrebbe essere una bufala colossale. O al contrario la pietra tombale sul mito della presunta superiorità morale dei democratici statunitensi.
 

Anche se il silenzio dei media sul caso qualche indicazione di massima ce la fornisce.
 

Un silenzio imbarazzante che, con la solita spocchia dei “professionisti dell’informazione”, ha rapidamente bollato la vicenda come una teoria del complotto.
 

Eppure Donald Trump - che nonostante non l’abbiate ancora digerito sarebbe il presidente della prima potenza economica e militare del mondo - domenica scorsa ha fatto un tweet abbastanza emblematico con cui accusa Obama nientedimeno di essere il regista del Russiagate.
 

Quell’inchiesta che, nonostante abbia avuto un risalto gigantesco su tutti i principali organi di informazione internazionali e ha portato pure all’impeachment nei confronti di Trump, si è rivelata quello che in molti avevano sempre sostenuto essere sin dal principio: una gigantesca bufala.
 

E non è un caso che alla fine i massimi organi di giustizia Usa hanno dovuto archiviarla.
 

Ebbene negli ultimi giorni sono successe due cose abbastanza importanti.


La prima è che uno degli ultimi strascichi ancora attivi del Russiagate si è anch’esso concluso nel nulla. Giovedì scorso infatti il Dipartimento di Giustizia ha lasciato cadere tutte le accuse contro Michael Flynn. Il generale primo consigliere per la sicurezza nazionale dell’era Trump che fu dimissionato perché ingiustamente accusato di aver fatto accordi coi russi e di aver mentito all’FBI.


Accuse partite proprio dal Bureau che nel 2016, con l’operazione “Crossfire Hurricane”, aveva pubblicamente ipotizzato (sarebbe più corretto dire affermato con certezza) il legame Putin-Trump.


Un’indagine potenzialmente decisiva per l’esito delle presidenziali che fu sbandierata ai quattro venti in piena campagna elettorale.


Il secondo avvenimento da cerchiare in rosso poi è ancora più emblematico. Negli ultimi giorni infatti la commissione “intelligence” del Campidoglio ha desecretato un bel po’ di documenti interessanti. Fra questi ci sono le trascrizioni delle audizioni con le quali la stessa commissione (che le svolse a porte chiuse) acquisì informazioni dai soggetti coinvolti nel Russiagate.


Ebbene da questa massa enorme di carte (circa 6000 documenti) è venuto fuori che i funzionari dell'amministrazione Obama davanti al Cobgresso hanno escluso ufficialmente di essere stati in possesso di evidenze empiriche che provassero la collusione fra Trump e Putin.


Detto in altre parole non c’era non solo alcuna prova, ma neppure alcun indizio sufficientemente circostanziato, che indicasse come i russi stessero interferendo con la campagna presidenziale Usa.


In pratica quindi amministrazione Obama ed FBI (che teoricamente alla prima rispondeva) pur in assenza di evidenze empiriche tali da motivare un’accusa così grave, ritennero comunque ragionevole far trapelare quelle pesantissime accuse contro Trump (in piena campagna elettorale) che diedero il via al Russiagate (e condizionando anche le MidTerm).


E allora sarebbe lecito domandarsi il perché tutto questo sia avvenuto.


Come mai il Dipartimento di Giustizia, pur in assenza di prove, ha autorizzato FBI a portare avanti una indagine di questo tipo? A sentire Loretta Lynch, ex ministro della Giustizia, non c’erano ragioni per farlo. Si può ragionevolmente desumere quindi che o FBI abbia agito in autonomia, oppure questa rispondesse direttamente all’ex presidente americano.


E se così fosse (e da quel poco che emerge qualcosa lo lascerebbe intendere) perché mai Obama avrebbe avuto interesse a iniziare un’indagine così delicata e dalla enorme risonanza mediatica nonostante l’assenza di “evidenze empiriche”?


L’unica idea maliziosa che viene in mente è che il movente potesse essere politico.


Complottismo? Forse.


L’unica certezza è che col Russiagate i Dem hanno tentato un clamoroso ribaltone.

Montando uno scandalo politico gigantesco sul nulla - col consueto ausilio di quegli stessi media che per anni avevano gettato fango e ombre su Trump- per cercare di eliminare il legittimo presidente degli Usa attraverso un impeachment (la massima accusa nei confronti di un presidente Usa).


Un ribaltone così antidemocratico da puzzare di tentativo di golpe. Che se ove mai fosse dimostrato avrebbe l’effetto deflagrante di una bomba atomica. E la cui onda d’urto arriverebbe pure a Roma, come dimostrano un paio di tweet fin troppo eloquenti firmati stanotte da George Papadopoulos.


E cercare di capire se le cose possono essere andate effettivamente come quanto sta emergendo potrebbe indicare mi pare il minimo sindacale per quella che viene definita “la più solida democrazia del mondo libero”.


Altro che complotti.


A meno che non si voglia sostenere che fosse lecito indagare allora benché sulla base di accuse palesemente inventate. E invece oggi non lo sia, nonostante tutto quanto sta saltando fuori.


Legittimando una volta per tutte quel doppiopesismo politico e morale tipico della sinistra liberale per cui non contano tanto gli atti di per sé, ma esclusivamente i soggetti che li pongono in essere.

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