Pam-Panorama: una storia di banale sopraffazione

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Pam-Panorama: una storia di banale sopraffazione

 

di Federico Giusti

La storia che stiamo per raccontarvi è priva dei riferimenti che la renderebbero facilmente identificabile, esperienze tra loro assai simili nei quali ci siamo imbattuti nel nostro lavoro sindacale, nelle attività di ricerca e denuncia attraverso i luoghi di lavoro e le pagine de L'Antidiplomatico.

Partiamo da un dato acquisito ossia l'aumento delle malattie professionali, di infortuni e morti sul lavoro che nel nostro paese sono statisticamente ai vertici dei paesi Ue.

Gli interventi governativi e le soluzioni prospettate sono state nel tempo efficaci ? Sempre stando ai numeri no, anzi la tendenza diffusa è quella di istituzionalizzare il problema, di accontentarsi di qualche variazione in percentuale. In pratica i datori, pubblici e privati, tendono a fagocitare i Rappresentanti dei lavoratori  dentro la filiera aziendale  della sicurezza proprio per renderne inefficace l'operato, per evitare che la salute diventi un tema centrale attorno a cui costruire rivendicazioni di massa.

Istituzionalizzare il problema o individualizzarlo non è certo la risposta auspicata e men che mai la soluzione,  ma tant'è che la mancanza di una visione complessiva del tema della sicurezza porta sempre a soluzioni di compromesso.

E' bene sapere che uno dei primi passaggi aziendali da seguire con la massima attenzione è la scrittura del documento di valutazione del rischio specie se avviene bypassando il confronto con la forza lavoro, i rappresentanti sindacali alla sicurezza.

La descrizione dei processi organizzativi e delle lavorazioni aziendali, delle mansioni richieste al personale, la corrispondenza tra ruoli nell'ambito produttivo e corretti inquadramenti contrattuali dovrebbero essere parti essenziali ma il DVR invece guarda solo ad alcuni aspetti, alla formazione del personale, alla corretta informazione, alla conoscenza delle responsabilità interne al sito produttivo, alla puntuale distribuzione dei Dispositivi di protezione individuali e al loro corretto utilizzo di cui è responsabile il cosiddetto preposto.

Il testo unico sulla sicurezza non interviene direttamente sulla organizzazione dei turni, dei carichi di lavoro o sul contratto applicato, sugli orari ordinari e straordinari se non in riferimento a norme già vigenti.

il DVR deve sempre essere redatto dal datore di lavoro, con l’ausilio del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico aziendale mentre per il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è prevista la sola consultazione.

Sta qui il problema, nel fatto che un paio di sentenze hanno considerato paradossalmente l'RLS responsabile, al pari del datore, in caso di infortunio mortale sul lavoro come se il rappresentante avesse potere di veto o direttivo. Quando viene ammessa la consultazione e non l'obbligo di coinvolgere direttamente le figure elette dai lavoratori si individua da subito la pericolosità di un'azione sindacale specie se posta in termini documentati e conflittuali.

Da qui la tendenza a ridurre la consultazione a mero atto formale salvo poi effettuare continue pressioni per la firma del DVR. Ma non troviamo paradossale svolgere un ruolo di consultazione e poi subire continue pressioni per sottoscrivere un documento aziendale frutto della impostazione datoriale? E la consultazione in azienda del DVR, il suo mancato invio cartaceo ai Rappresentanti, fa presagire quasi un obbligo di riservatezza che un rappresentante dei lavoratori non dovrebbe avere se intende svolgere il suo ruolo con coerenza e onestà intellettuale.

Altro aspetto saliente è rappresentato dalle prescrizioni ossia dal fatto che con il trascorrere degli anni molte attività sono logoranti e non passa inosservato agli occhi del medico aziendale qualche problema di salute legato alla mansione svolta,  al ripetersi di movimenti per anni fino al logoramento fisico del lavoratore. 

Ci siamo imbattuti in casi contraddittori, lavoratori che occultano, e solo per questo potrebbero essere sanzionabili e licenziati, le loro condizioni reali di salute perchè temono di perdere il posto, altri dipendenti che invece evitano di presentare documentazioni mediche temendo ritorsioni datoriali.

Davanti a una lieve inabilità parziale e temporanea scatta la idoneità alla mansione  con prescrizioni,  puoi insomma svolgere il lavoro di sempre, collegato alla mansione, con qualche eccezione valutata e certificata dal medico aziendale. Per fare un esempio, nei magazzini  della logistica e in quelli agro alimentari la limitazione dei carichi di lavoro rappresenta un problema rilevante perchè aumenta il fabbisogno di personale e quindi i costi a carico aziendale. E davanti a delle prescrizioni al datore non resta che attenersi a quanto scritto dal medico competente onde evitare interventi sanzionatori delle autorità preposte ai controlli.

Numerose aziende davanti all'invecchiamento della forza lavoro attiva non hanno avuto l'accortezza di far ruotare il personale nelle mansioni più gravose, è conveniente che in certi settori operino lavoratori, o lavoratrici, con esperienza, è un risparmio di tempo e di denaro per l'azienda. Ma quando le prescrizioni riguardano una fetta rilevante della forza lavoro la stessa aziende rischia di essere attenzionata e per questo iniziano le pressioni per dimissioni volontarie o per giudicare lo stato di salute incompatibile con l'attività lavorativa o per "aggiornare il DVR". 

E il diritto del lavoro italiano risulta tanto carente da permettere ad una azienda , specie se piccola, di licenziare il dipendente inabile alla mansione in assenza di soluzioni alternative ove collocarlo magari con un cambio di mansione e a parità di salario.

Ci siamo imbattuti in tanti lavoratori dei magazzini che a 55 anni erano giudicati troppo vecchi per lavorare in alcuni reparti e non esistevano soluzioni alternative avendo nel frattempo l'azienda esternalizzato la sorveglianza interna, la guardiania, il trasporto delle merci, il centralino, il portierato.

Perfino in un piccolo Comune un operaio caduto dall'impalcatura è stato giudicato inidoneo alla mansione ma avendo bassa scolarizzazione non era utilizzabile come amministrativo essendo totalmente privo di conoscenze informatiche. Il lavoratore ha rischiato di essere messo a casa senza stipendio e solo una mobilità verso il comune capoluogo e l'intervento di associazioni di invalidi ha permesso la salvaguardia occupazionale e il rispetto della dignità umana

Il testo unico sulla sicurezza non presenta adeguate tutele per la forza lavoro e non assegna ruoli ai rappresentanti tali da rappresentare un potere di pressione e di veto, per questo gli interventi datoriali sono assai invasivi e tali da rappresentare un vulnus per la democrazia nei luoghi di lavoro e per una prassi aziendale minimamente rispettosa della umana dignità. Al contempo il Governo che inventa reati penali ogni mese non intende prevederne uno specifico per omicidio colposo sul lavoro.

DA IL FATTO QUOTIDIANO DEL 5 FEBBRAIO 2025

Sono almeno 30 i dipendenti della Pam Panorama sospesi dal lavoro senza stipendio perché ritenuti non più adatti a svolgere le loro mansioni. Cassieri, addetti agli scaffali o impiegati dei reparti, molti dei quali di età superiore ai 50 anni, inquadrati come lavoratori fragili e in un caso anche appartenenti alle categorie protette. Tutti messi a riposo, senza retribuzione, dall’azienda italiana della grande distribuzione organizzata, perché ritenuti all’improvviso “inidonei” e non ricollocabili. Alcuni di loro lavorano alla Pam da oltre dieci anni e durante questo periodo hanno sempre superato la visita medica. Ma a fine 2024 l’azienda ha modificato il Dvr (il documento di valutazione dei rischi), rendendo più stringenti i parametri di idoneità. Per l’azienda la modifica è stato un atto necessario al fine di tutelare meglio la sicurezza dei lavoratori, per i sindacati si tratta soltanto di una manovra spregiudicata per camuffare dei licenziamenti collettivi.

“Il Dvr è stato modificato unilateralmente, senza coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Questo fa pensare che l’azienda voglia semplicemente alleggerirsi dei lavoratori meno produttivi”, commenta a ilfattoquotidiano.it Roberto Brambilla della Filcams Cgil. “Riteniamo che sia un uso strumentale del tema salute e sicurezza – prosegue il sindacalista -. Non c’è l’intenzione di proteggere i lavoratori, al contrario si cerca di espellere i soggetti che richiederebbero una tutela e un’organizzazione differente. L’azienda avrebbe dovuto agire sulle procedure di lavoro o sulla strumentazione usata dai dipendenti, cercando di ridurre l’esposizione al rischio. Al massimo ricollocare il lavoratore. Invece Pam Panorama ha preso atto che c’erano dei lavoratori a rischio e li ha mandati a casa senza stipendio”.

Secondo Brambilla, se questa modalità dovesse essere sdoganata, in Italia sarebbero moltissimi i lavoratori over 50 occupati nella grande distribuzione a rischiare l’espulsione. E per quanto riguarda il gruppo Pam Panorama nello specifico, il timore è che l’utilizzo strumentale del Dvr diventi uno schema ripetuto. Un modus operandi dell’azienda applicabile in tutti i punti vendita. “Per il momento sono coinvolti circa 30 lavoratori, in quattro supermercati distribuiti tra la Toscana e il Lazio – spiega Brambilla -. Ma stiamo cercando di raccogliere informazioni su altri territori, per capire se altri lavoratori siano stati sospesi con lo stesso metodo. In ogni caso, abbiamo già diffidato due volte l’azienda e avviato le interlocuzioni con le istituzioni, sia a livello regionale che nazionale. Spero che presto possa essere aperto un tavolo di confronto con la dirigenza del gruppo”, conclude Brambilla.

Non ha dubbi sul fatto che nuovi lavoratori saranno presto sospesi Mario Carluccio, sindacalista di Usb Firenze che sta seguendo la vertenza dei sei lavoratori del punto vendita di Campi Bisenzio: “Ci sono state altre 35 visite nelle ultime settimane, temiamo che a breve la lista dei dipendenti sospesi si allungherà”, commenta a ilfattoquotidiano.it. Per Usb Firenze, dietro le sospensioni c’è la volontà dell’azienda di ridimensionare la superficie del punto vendita toscano e di conseguenza di ridurre il suo organico. “Il supermercato passerà da 5mila a 2mila metri quadrati – spiega Carluccio -. Al suo interno ci lavorano persone assunte da oltre 20 anni, con scatti di anzianità e diritti acquisiti. È evidente che l’azienda voglia liberarsi di questi contratti pesanti, spingendo i lavoratori a dimettersi, senza aprire la procedura di licenziamento collettivo. D’altronde, quanto possono rimanere a casa senza retribuzione prima di dimettersi?”.

L’obiettivo primario di Usb Firenze ora è quello di capire come sia avvenuta la modifica del Dvr: “È uno strumento di tutela, non può essere usato per dei licenziamenti mascherati. Altrimenti da domani qualsiasi azienda si può svegliare, fare un documento su misura e mandare a casa le persone – dichiara Carluccio -. Ci siamo affidati all’ispettorato e alla medicina del lavoro per fare chiarezza. Dobbiamo verificare la legalità di questa modifica unilaterale. Altrimenti andremo incontro all’ennesima nuova frontiera per far fuori i lavoratori. Dopo le mail e i messaggini su Whatsapp, arriveremo anche a modificare i Dvr per fare i licenziamenti”, conclude il sindacalista.

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