Paolo Maddalena - Gli aspetti più orribili della legge sulle “Autonomie differenziate”
È molto preoccupante che sia passata pressocché inosservata l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge sulle “Autonomie differenziate”. Una orribile proposta che fa cadere nel nulla secoli di tenaci discussioni e sofferte battaglie per l’affermazione dei principi di “libertà, eguaglianza e solidarietà”, che costituirono il “patto” sul quale si fondò la rivoluzione francese.
Ci sarebbe molto da dire su questo ineffabile testo dell’On. Calderoli, che, detto in estrema sintesi, non ha nulla di seriamente giuridico, e, agendo sullo stesso piano dell’altro testo voluto dalla Meloni sul cosiddetto “premierato”, infrange tutta una serie di solide categorie giuridiche come fossero dei birilli.
Il primo “principio fondamentale” a farne le spese è quello della “eguaglianza”, che permea di sé l’intera Costituzione ed è peraltro un cardine dell’ordinamento costituzionale. Si tratta di un tema estremamente vasto, ed estremamente sfuggente. “Estremamente vasto”, perché la “eguaglianza”, è la condizione stessa dell’esistenza della Legge. La legge, infatti, non sarebbe tale, se non fosse “uguale per tutti”. Come è scritto sui nostri Tribunali. Oltre che nel primo comma dell’articolo 3 della Costituzione (dove, sia detto per inciso, la parola “uguale” è stata corretta in “eguale” dall’ottimo revisore del testo costituzionale, Concetto Marchesi). E “estremamente sfuggente”, perché il testo della Costituzione parla di “eguaglianza” una infinità di volte indicandola spesso con la parola “tutti” o con il suo omonimo “ogni”. Art. 3: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”, art. 4: si garantisce il lavoro “a tutti i cittadini”, “ogni cittadino ha il dovere di svolgere una attività o una funzione”, art. 8: “tutte le confessioni religiose”, art. 16 “ogni cittadino può circolare o soggiornare”, art. 19: “tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa”, art. 21: “tutti hanno il diritto di professare liberamente il proprio pensiero”, ecc., ecc. ).
In questo stato di cose, è ovvio che può prendersi in esame un filo per volta. E non può negarsi che il primo filo che viene in considerazione secondo l’ordine concettuale seguito dalla Carta costituzionale è quello che collega il concetto di ”eguaglianza” al concetto di “sovranità”. Alla ”sovranità” si riferisce infatti il primo articolo della Costituzione, secondo il quale: “la sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E alla “eguaglianza”, fa riferimento l’art. 48 Cost., là dove si afferma che per fondamentale “atto sovrano” deve intendersi “l’esercizio del diritto di “voto”, subito precisando che quest’ultimo deve essere “personale ed eguale, libero e segreto”.
Insomma, l’esercizio concreto della “sovranità” da parte del “Popolo”, avviene, nel caso che si esamina, con l’estensione del “diritto di voto” a “tutti” i cittadini (ho già detto dell’importanza della parola “tutti”) e purché ogni voto sia “eguale”, cioè di egual peso e di egual valore. Le parole usate dal Costituente sono al riguardo estremamente chiare: “sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che abbiano raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”.
Questo è il primo, e comunque uno dei tanti “principi fondamentali” (i quali, lo si ricordi, non possono essere oggetto neppure di revisione costituzionale) che il disegno di legge Calderoli travolge e distrugge. Basti pensare che il voto di tutti i cittadini serve per nominare i loro rappresentanti in Parlamento, al fine soprattutto, come precisa l’art. 49 Cost., di “concorrere” a “determinare” la “politica nazionale”. Ma quale “politica nazionale” potranno mai concorrere a determinare i cittadini tramite i loro rappresentanti parlamentari, se al Parlamento restano assegnate ben poche materie oggetto di legislazione esclusiva, mentre il grosso delle materie appartiene alle Regioni, e quelle ad autonomia differenziata, come voluto dal disegno di legge Calderoli, non hanno nessun collegamento con le leggi statali, e anzi, possono agire “in contrasto” e “in concorrenza” con queste ultime? Ci troviamo davvero di fronte a un disegno di legge che sconquassa ogni ordine logico, giuridico e costituzionale, e gioca sul brutale accaparramento di quanto più si può. Un disegno di legge “disarmante” per la sua palese arroganza e la sua pretesa, ma inesistente, dignità legislativa.
E quella narrata è soltanto una delle infinite vacuità che si vorrebbero far passare come “leggi” dello “Stato”. Uno Stato di certo non più esistente nelle menti di coloro che tali leggi hanno voluto proporre.
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Attuare la Costituzione