Pechino approva la nuova "Legge sulle relazioni estere della Repubblica popolare cinese"
di Diego Angelo Bertozzi
Lo scorso febbraio, a un anno esatto dallo scoppio del conflitto tra Russia e Nato, con l'Ucraina nel ruolo di fornitrice di carne da cannone, avevamo presentato i 12 punti del piano di pace cinese nel quale, in coerenza con l'ormai tradizionale diplomazia della repubblica popolare, veniva ribadito che la sicurezza internazionale non deve essere di natura esclusiva e particolaristica.
Una posizione in concomitanza ufficialmente recepita nel “concept paper” della Global Security Initiative: la sicurezza deve avere natura globale, comune e cooperativa (“L'umanità è una comunità di sicurezza indivisibile. La sicurezza di un paese non dovrebbe andare a scapito di quella degli altri”) e, proprio per questo, vanno evitati atteggiamenti da “guerra fredda” e il ricorso unilaterale al regime sanzionatorio.
In tale cornice che, ripetiamo, non rappresenta certo una novità per chi “frequenta” la diplomazia di Pechino, il Comitato permanente della XIV Assemblea nazionale del popolo ha approvato la nuova Legge sulle relazioni estere della Repubblica popolare cinese, collegandola esplicitamente proprio all'Iniziativa di sicurezza globale, della quale riproduce l'essenza principale, e alla volontà di configurare in senso multipolare l'architettura internazionale: “La Repubblica popolare cinese aderisce al concetto di sicurezza globale comune, cooperativo e sostenibile, rafforza la cooperazione internazionale in materia di sicurezza e migliora i meccanismi di partecipazione alla governance della sicurezza globale”.
Se questa è la cornice, ben comprensibile è pure lo sfondo preoccupante caratterizzato dalle sanzioni imposte da Nato e Unione europea alla Russia in seguito all'attacco militare del febbraio 2022, ultimo atto di una guerra ormai decennale. Si tratta di un precedente da tenere in conto in vista di una possibile crisi nelle acque dello Stretto di Taiwan.
Si legge nell'articolo 33: la Cina ha “il diritto di adottare contromisure e misure restrittive corrispondenti contro atti che violano il diritto internazionale e le norme fondamentali delle relazioni internazionali e mettono in pericolo la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo della Repubblica popolare cinese”. Subito dopo viene specificato come per Pechino siano legittime e legali solo le sanzioni approvate in rispetto e nei limiti del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Si tratta di un passo che ha già spaventato diversi commentatori e alimentato preoccupazioni negli investitori stranieri.
Proprio per questo va sottolineato come non si parli di “misure” bensì di “contromisure”, vale a dire di risposte successive a quello che può essere definito come una vera e propria aggressione economico-politica.
Nulla di sorprendente, ma comunque interessante.