Registrato l’ennesimo attacco ad un’imbarcazione italiana a sud del Mediterraneo. Stavolta è stato il turno del peschereccio “Orizzonte” della marineria di Siracusa, finito sotto il fuoco dei mitra libici e rimasto in balia del mare a seguito della rottura del timone. A riferirlo è Fabio Micalizzi, presidente della Federazione armatori siciliani che ha diffuso subito la notizia dell’attacco che sarebbe avvenuto "in acque internazionali, a 94 miglia a nord di Misurata”. Tra i protagonisti suo malgrado della vicenda, Nino Moscuccia, armatore siciliano il quale ha lanciato un appello disperato denunciando l’attacco alla sua imbarcazione, ora gravemente danneggiata, da parte di una motovedetta libica, apparentemente, cosa che se appurata si rivelerebbe una beffa, di quelle dotate a Tripoli da parte del nostro Paese.
Lanciato l’allarme, sarebbe arrivato sul posto in ricognizione anche un elicottero italiano.
Micalizzi chiedendo un intervento serio e urgente del Governo italiano e della Marina militare ha definito quanto accaduto un “atto vile è grave senza precedenti" affermando che in quel tratto di mare “ci risulta ci siano movimenti e traffici anomali”.
Si è risolta ma solo fortuitamente senza morti l’ennesima aggressione avvenuta lo scorso 18 luglio ad un peschereccio italiano da parte di una motovedetta libica, in apparenza una di quelle fornita in dotazione dall’Italia alle autorità di Tripoli.
Il peschereccio della marineria di Siracusa , “Orizzonte”, era finito sotto il fuoco di una motovedetta libica mentre si trovava in acque internazionali a circa 94 miglia a nord di Misurata.
A rendere pubblica la notizia, era stata per prima la Federazione Armatori Siciliani per il tramite del suo presidente Fabio Micalizzi.
I libici avevano sparato contro l’imbarcazione e successivamente erano saliti sul peschereccio sequestrando anche le schede satellitari, lasciando poi l’equipaggio in balia del mare su un’ imbarcazione ingovernabile poiché seriamente danneggiata. Il capitano Nino Moscuzza era comunque riuscito a lanciare l’allarme con richiesta di aiuto spiegando come fosse anche in un primo momento collassato a seguito di quanto accaduto.
Mentre scriviamo l’Orizzonte sta finalmente per approdare al porto di Ortigia, mentre già circola sui social il video in cui l’equipaggio mostra i danni causati dalla sparatoria.
Scongiurato il peggio, lo sdegno e la preoccupazione hanno però preso il sopravvento tra le marinerie siciliane.
Parole particolarmente dure sono state proferite da Pasquale Giorgio Giunta, vice Presidente dell’Associazione Pescatori Marittimi Professionali (A.P.M.P) che parla dell'ennesimo atto di vigliacca pirateria di una motovedetta libica, poco più di un motoscafo, che “facendosi beffe del pattugliatore italiano Orione, mitragliava il peschereccio italiano Orizzonte, della marineria di Siracusa, causandogli ingenti danni e che solo per miracolo non ha causato vittime, tranne un collasso del comandante del peschereccio che pur essendo in acque internazionali, neanche in quelle reclamate dalla Libia, unilateralmente, come zona di pretesa economica, si è ritrovato in piena guerra, senza che il sopracitato pattugliatore sia riuscito a proteggere cittadini italiani la cui unica colpa è di lavorare onestamente.
Già precedentemente a questo efferato episodio avevamo avuto modo di criticare l'operato dei pattugliatori italiani impegnati in operazioni Vipe in questa zona, che vestendosi di autorità obbligavano i pescherecci italiani, impegnati nella pesca con i palangari ed a strascico, di praticare il loro lavoro a più di 100 miglia nautiche dalla costa Libica, ed a più di 200 se si considera la distanza che comprende il golfo della Siete, che sempre unilateralmente viene considerata dai libici come loro acqua territoriale.”
“Le navi militari italiane- continua Giunta - anziché fare rispettare il diritto internazionale e proteggere i propri cittadini si fanno prendere in giro da motoscafi che a momenti causavano una tragedia!
Al ministro della difesa Crosetto che all'invito del governatore Schifani di proteggere le proprie coste, rispondeva stizzito di farlo ogni giorno, chiediamo di non farlo più visti i risultati, al contribuente costerebbe di meno non mandare navi inutili comandate da chi crede di giocare alla battaglia navale!
l'Italia dica chiaramente ai pescatori italiani, in particolare i siciliani, di non pescare più oltre le acque territoriali italiane perché non siamo in grado di difendere i nostri lavoratori in acque internazionali, specie in quelle antistanti la Libia, anche perché all'Italia non interessano quattro pidocchiosi pescatori ma solo il petrolio ed il gas dell'Eni! E chi va a pescare in quelle acque va a rischiare la vita o qualche verbale per infrazioni a norme inventate dalla nostra Marina che indica sovranità di paesi terzi pure sulle acque internazionali!
Ovviamente non è che ci si aspetti una presa di posizione da parte dell'assessore regionale, la cui massima preoccupazione è stabilire la data del fermo biologico e la promozione del proprio operato!
Auspichiamo che , così come la Federazione Armatori Siciliani, altre organizzazioni di settore inoltrino denunce a tutti coloro che dovrebbero gestire la pesca e la sicurezza dei lavoratori italiani a livello ministeriale e regionale, a chiedere un intervento della Comunità Europea capace solo di dare restrizioni, ed invece continuano a latitare e lasciare morire un importante settore dell'economia!”
Dopo l’ennesima aggressione subita solo per volontà del fato non degenerate in tragedia, proclami forti come quello di Giunta e della Federazione Armatori Siciliani ci dicono che oramai “il Re è nudo“.
Francesco Fustaneo
Laureato in Scienze Economiche e Finanziarie presso l'Università degli Studi di Palermo.
Giornalista pubblicista dal 2014, ha scritto su diverse testate giornalistiche e riviste tra cui l'AntiDiplomatico, Contropiano, Marx21, Quotidiano online del Giornale di Sicilia.
Si interessa di geopolitica, politica italiana, economia e mondo sindacale
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