Più sanità pubblica quando la rivendichiamo?
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Un anno di pandemia, un anno rubato al futuro nostro e quello dei nostri figli.
Un tempo sufficientemente lungo affinché l’intera popolazione prendesse coscienza del problema dove sta. E rivendicasse con forza un serio rafforzamento della sanità pubblica. Nuovi ospedali, nuovi reparti, più uomini e mezzi, centralizzazione dello sviluppo e della produzione di farmaci e macchinari essenziali, cure territoriali efficienti, terapie farmacologiche efficaci.
E invece no.
Nonostante abbiano raso al suolo un’intera economia e ridotto decine di migliaia di famiglie alla miseria a causa di un sistema sanitario completamente impreparato e inadeguato a gestire l’emergenza, un popolo terrorizzato dalla propaganda a reti unificate ha smesso di pensare.
E continua a invocare a gran voce il vaccino come fosse la panacea di tutti i mali. Senza accorgersi che invece è soltanto la foglia di fico per nascondere la volontà di non potenziare la sanità e incrementarne le risorse.
Perché la salute pubblica si tutela con un servizio sanitario efficiente e adeguato, con la ricerca, con l’apporto del pubblico nello sviluppo dei farmaci, con la trasparenza nei contratti di fornitura, dando un futuro stabile alle migliaia di giovani medici e ricercatori costretti a sottostare al baronato ed alla precarietà oppure a emigrare, con un sistema di tutele per i cittadini in difficoltà.
Non riponendo un’acritica e fideistica speranza in vaccini il cui sviluppo è stato mosso esclusivamente dagli interessi miliardari delle grandi multinazionali. E non dalla urgente necessità del ritorno ad una normalità che, continuando così, sembra ancora molto molto lontana.