Prof. D'Orsi - Russia, Italia e gli (inutili) insegnamenti della storia
Nel pieno dello scontro fra rivoluzione e controrivoluzione nella Russia dopo la vittoria di Lenin, le potenze imperialistiche occidentali, e il Giappone, intervennero militarmente per dare manforte ai “Bianchi”, ossia i controrivoluzionari, guidati dall’ammiraglio Kolciak, il quale costituì un suo governo antibolscevico, in Siberia, che venne prontamente riconosciuto dalle potenze occidentali, compresa l’Italia. Commentava il giornalista socialista Antonio Gramsci (il 21 giugno 1919, su “L’Ordine Nuovo”): “questo riconoscimento equivale a una dichiarazione di guerra al popolo russo. Che la guerra non sia condotta direttamente da soldati italiani, ma sia combattuta dai giapponesi, è quistione che non esonera lo Stato italiano dalle terribili responsabilità che si è assunto. Politicamente e moralmente lo Stato italiano sostiene la reazione antiproletaria in Russia; il sangue che sarà versato nella guerra infame ricadrà anche sul popolo italiano, se esso non scinde ogni sua responsabilità dall’atto del presidente del Consiglio”.
Non è peregrino leggere queste parole alla luce dell’attualità davanti ai nuovi, incessanti “pacchetti” di aiuti militari economici e “umanitari” che l’Italia, paese guidato da una classe politica pronta a chinare la testa davanti ai potenti della finanza nazionale o internazionale, un paese che forse meriterebbe di meglio, un paese che vorrebbe, nella larga maggioranza dei suoi abitanti, vivere in pace ed essere lasciato in pace, come d’altronde prescrive la sua Grundnorm, la sua legge fondamentale, quella Costituzione che da troppi anni, governi di ogni orientamento negligono, ignorano, violano, tranquillamente. Lo stesso paese reale, che sta affrontando una crisi economica gravissima, una crisi che colpisce i poveri, le classi medie, e arricchisce i ricchi, e soprattutto le multinazionali, del farmaco, dell’energia, delle armi… Lo stesso paese da quasi un anno, subisce sempre più sgomento l’effetto non solo del rialzo di prezzi ingiustificato, ma anche delle sanzioni imposte alla Russia, che sono sanzioni contro l’Europa e contro l’Italia, e a vantaggio soltanto degli Stati Uniti. La Russia che non è più quella bolscevica di Lenin, ma che rimane un secolo dopo la bestia nera degli occidentali. E che gli occidentali hanno spinto a questa guerra, che rischia di essere infinita. E dalle conseguenze imprevedibili, quanto angosciose. Lascio ancora la parola a Gramsci:
“Intanto anche in Italia è ricominciata l’ascesa dei prezzi dei consumi: i salari sono precipitati. Mancano le materie prime, mancano i viveri. L’Italia, più di ogni altro paese, avrebbe bisogno della pace effettiva nel mondo, di una immediata ripresa dei traffici coi mercati di materie prime e di viveri”. Sì, sarebbe interesse vitale dell’Italia, più di altri paesi, la pace, la ripresa degli scambi commerciali, e aggiungiamo pure, delle relazioni culturali e umane. E invece, che accade? Si succedono i governi, trascorrono i mesi, militari e civili muoiono nei campi fangosi della “terra di confine” (questo significa Ucraina), gli edifici crollano, quelle che erano città qualche mese fa, ora appaiono ammassi di ruderi, la fame si aggiunge alla distruzione, l’odio degli uni non placa il risentimento degli altri. E i governanti italiani, come quelli di quasi tutti gli Stati dell’Unione, sottomessi alla volontà di Washington, ripetono: “armi all’Ucraina, denaro all’Ucraina, aiuti all’Ucraina”, ma soprattutto, armi sempre più pesanti, essendo venuta meno la ridicola distinzione tra armi offensive e difensive, che per i primi mesi del conflitto ci veniva ammannita.
E invece il nostro paese, oggi come cento anni or sono, scrive Gramsci, “si associa all’Inghilterra, all’America, alla Francia e al Giappone per far sorgere in Russia una nuova formidabile guerra, che taglierà, per un tempo indeterminato, la Russia dai traffici mondiali. Consente a che gli Stati Uniti continuino a esercitare il monopolio del grano e impongano ai viveri prezzi di monopolio; consente a che la Francia e l’Inghilterra esercitino il monopolio del carbone e del ferro; consente a che il Giappone sottoponga al suo controllo le riserve minerarie e agricole della Siberia”. E l’azione del nostro governo, oggi come allora, “è rivolta a rovinare l’economia italiana, ad affamare il popolo italiano, a dare il popolo italiano in preda alle oligarchie finanziarie internazionali”.
La storia insegna, ma, sempre come scriveva Gramsci, “non ha scolari”.
(Nelle immagini, l’ammiraglio Aleksander Kolciak, e Antonio Gramsci)