Quale tregua? Gaza, chi vince e chi perde

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Quale tregua? Gaza, chi vince e chi perde

 

di Fulvio Grimaldi

A Gaza i sopravvissuti, il milione e 900.000 senza casa su 2,1 milioni, coloro che hanno perso 70.000 congiunti e amici e ne perderanno altre decine di migliaia, festeggiano a buona ragione la cessazione, anzi la sospensione, del genocidio.

Sospensione? Chissà. Non per coloro che stanno morendo di fame, malattie, ferite perché privi di assistenza sanitaria dato che i presidi sanitari sono tutti rasi al suolo o inoperativi perché danneggiati e privati di sanitari e medici ammazzati o carcerati. Sospensione? Non per chi vive nelle enormi tendopoli piazzate nel fango, al freddo, sotto la pioggia, o nei campi al 75% non più coltivabili dopo il passaggio dei carri armati, delle ruspe, delle bombe, o perché non più praticabili vista la distruzione del 90% delle strade. Non per chi non avrà più istruzione e quindi strumenti di lavoro e vita, dato che il 90% delle scuole non esiste più.

Una tregua per sopravvivere tra i 40 milioni di tonnellate di detriti, pieni di amianto, del 70% delle costruzioni distrutte e di 7.500 tonnellate di ordigni inesplosi. Per sopravvivere, uno su cinque, alla mancanza di cibo, di cui il 96% bambini e rispettive madri. Per sopravvivere fino al 2040 quando saranno state rimosse tutte le macerie e gli sciacalli della ricostruzione potranno intascare i miliardi promessi dallo sterminio. In fila già Tajani, Crosetto e Meloni, con quelli del Ponte sullo Stretto, della diga di Genova, dei grattacieli abusivi di Milano e del rigassificatore sotto le case di Piombino.

Una tregua per chi ha già giurato che non l’accetta e non la osserverà. Nella peggiore delle ipotesi riprenderà la mattanza al termine della prima delle tre fasi previste dall’accordo. Lo minacciano gli irriducibili sionazi della radiazione di palestinesi dalla faccia della Terra, Smotrich e Ben Gvir, dietro ai quali annuisce l’analogo Netaniahu.

E ancora tutto da vedere. Anche chi vince e chi perde. Per oggi stiamo ai fatti. Israele aveva giurato di far fuori il bubbone Gaza, eliminando Hamas e spostando nel Sinai egiziano, o sulla Luna, 2 milioni di palestinesi. L’Egitto, forza principale nell’ottenimento dell’improbabile tregua, più che gli ambiguoni della Fratellanza Musulmana del Qatar, gli ha fatto “sticazzi”. Hamas ha ancora colpito soldati e tank dell’IDF, ancora ieri, ancora nella Gaza Nord spianata da 15 mesi di bombe. E quelle villette di neocoloni ebrei, con vista mare a Gaza, di cui abbiamo ammirato il promettente rendering degli impresari immobiliari israeliani? Rimaste a ingiallire sui tavoli degli architetti.

Invece delle villette per “rimpatriati” mosaici da Manhattan, San Pietroburgo, Venezia, o Buenos Aires, si notano gli aerei che riportano nelle loro vere patrie qualcosa come 700.000 coloni ebrei, scampati alle angosce di un paese perennemente preda di insicurezza e sensi di colpa, nei migliori. E con quel decimo di israeliani, sono venuti via anche gli investimenti e le potenzialità di sviluppo già assicurati da tecnici, imprenditori, ricercatori, giovani, di cui il servizio a Gaza e in Libano ha privato il contributo all’economia del paese.

D’altra parte, Hezbollah è stato indebolito dalla decimazione dei suoi quadri e il Libano, con un presidente e primo ministro di stampo Abu Mazen, è passato sotto il controllo di amici di USA, Francia e Israele. Lo Stato abusivo sionista si va mangiando altre fette di territorio arabo in Siria e gode della sottomissione – a sé, ai turchi e agli USA – di un regime di fanatici integralisti e tagliateste al pari dei propri dell’IDF. L’assistenza in armi dell’Iran alla Resistenza palestinese non può più passare per il corridoio Libano-Siria, sotto controllo israeliano. Del glorioso Asse della Resistenza antisionista non è rimasto che lo Yemen, i cui missili, peraltro, continuano a colpire – o dissuadere – i rifornimenti a Israele e a centrare obiettivi all’interno dello Stato coloniale.

Tuttavia, molti sono i punti da mettere in tasca per i trucidoni di Sion. Ma che ne è, oltre che dei propositi non raggiunti a Gaza, del soffocamento di ogni resistenza in Cisgiordania ora invece riesplosa in armi a dispetto del collaborazionismo della Gestapo di Abu Mazen? Ma soprattutto che ne sarà di uno Stato sionista artificiale e coatto che di fronte agli umani del mondo si presenta, insieme al suo sponsor, come la cosa peggiore, più pericolosa, verificatasi a memoria d’uomo? Perlomeno a memoria delle generazioni attualmente pensanti.

Alla lunga, le opinioni pubbliche, in stragrande maggioranza ostili a Israele, qualche effetto sui rappresentanti che ne sono determinati lo hanno. S’è visto in tutte le guerre. C’è ancora oltre a Biden, Meloni e altri sguatteri, qualcuno che urli “all’attacco!”? Vedendosi privato della pagnotta a favore del cannone? È storico. E il Trump, che alla richiesta di pace in USA e nel mondo ha risposto con accenni alla fine delle guerre, del ruolo esercitato nelle trattative per il cessate il fuoco ne dovrebbe essere la dimostrazione. Sarà mero opportunismo, dopo tutto l’uomo è pur sempre un amerikkkano del MAGA. Ma, intanto, gli altri sono quelli che hanno riempito di armi e di plausi i genocidi.

Ma occhio, tutto questo vale le stese certezze che si attribuiscono a Nostradamus.

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