Quel decreto non si aveva da firmare

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Quel decreto non si aveva da firmare

 

di Federico Giusti
 
E puntualmente quello che dovrebbe essere il sommo garante della Costituzione, il presidente della Repubblica Mattarella, ha firmato il decreto sicurezza con 14 nuove fattispecie di reato e nove circostanze aggravanti, ora ci saranno 60 giorni di tempo per la conversione in legge pena la decadenza. E il vero paradosso è rappresentato dalle norme di questo decreto che ad avviso di giuristi, docenti universitari, ricercatori sociali, mira a scardinare i principi costituzionali in materia di pena e ricorso al carcere, limita le libertà collettive e utilizza la decretazione di urgenza impropriamente.
 
Di motivi, anche solo per prendere tempo e approfondire gli argomenti, ve ne sarebbero stati a sufficienza ma a quanti pensano che la democrazia italiana abbia al suo interno regole e meccanismi sufficientemente forti da salvaguardarla ricordiamo che cullarsi sulle illusioni, nella storia recente e passata, ha spianato la strada ad autentici drammi.
 
Dopo mesi di caos, inclusa la mancata copertura economica del pacchetto sicurezza, senza prestare ascolto a giuristi, docenti e avvocati che avevano ripetutamente denunciato i contenuti della proposta chiedendone la sospensione e il ritiro, Il Governo ha accelerato i tempi sottraendone la discussione al Senato .
 
Alcuni penalisti evidenziano da quasi un anno il carattere repressivo e securitario dietro all'operato del Governo che in sostanza  lascia inalterato il testo approvato alla Camera nel Settembre 2024 cambiandone solo alcuni aspetti di secondaria rilevanza e così discutibili da essere facili oggetto di contestazione.
 
Eppure proprio la Carta Costituzionale imporrebbe un ricorso assai limitato alla decretazione d’urgenza specie quando gli effetti sulle libertà individuali e collettive risultano particolarmente forti senza dimenticare che la stessa nozione di sicurezza, in origine, non faceva esclusivo affidamento sul codice penale guardando all'aspetto rieducativo della pena stessa e alla necessità di costruire degli interventi sociali per le classi meno abbienti.

Quando uno stato di diritto si trasforma in stato penale la nozione di sicurezza diventa solo sinonimo di percorsi repressivi e securitari
E questa premessa, per altro attuale, si rende necessaria alla luce di quanto avvenuto nella manifestazione milanese di solidarietà alla Palestina tenutasi a Milano il 12 Aprile scorso e oggetto di una vibrata denuncia in conferenza stampa da parte degli organizzatori (rinviamo al sito del sindacato Cub).
 
A Milano c'è stato non solo un inutile e spropositato intervento delle forze dell'ordine che hanno diviso il corteo e fermato alcuni attivisti ma  allo stesso tempo si è esplicitata la volontà di occultare le ragioni della protesta . La gestione delle piazze da settimane sta diventando sempre più critica e con l'arrivo delle nuove norme la situazione non potrà che peggiorare a mero e solo discapito della democrazia e delle agibilità collettive.
 
Nel corso di una breve carica per dividere il corteo molti giornali hanno mostrato immagini che ci riportano al G8 di Genova, oggi come allora al Governo e al Viminale c'erano esponenti delle destre. La nostra impressione è che si voglia trasformare in ordine pubblico ogni forma di dissenso e di opposizione per scatenare la repressione di piazza da un lato e l'applicazione di norme securitarie dall'altra.
 
Ma come avvenne nelle giornate genovesi all'interno delle forze dell'ordine, ad oggi privi di codici indentificativi che permetterebbero di risalire direttamente ai singoli agenti, erano presenti, con tanto di casco della Polizia e manganello di ordinanza, alcuni uomini in borghese, uno dei quali con una felpa sulla quale campeggiava la scritta in polacco “Narodowa Duma”, cioè Orgoglio Nazionale, simbolo di gruppi di estrema destra con simpatie fasciste e naziste.
 
La notizia, diffusa da giornali nazionali con ampio corredo di foto,  ha determinato l'apertura di una inchiesta da parte della Digos che avrebbe già individuato almeno uno degli agenti immortalati. Tuttavia alcune domande restano senza risposta:
  •  per quale ragioni il reparto è  entrato all'interno del corteo come denunciato dagli organizzatori?
  • chi ha dato l'ordine di intervenire?
  • Nessuno si era accorto delle felpe?
  • E l'agente fotografato diventerà il facile capro espiatorio senza esigere spiegazioni dai vertici locali e nazionali dell'ordine pubblico?
Un secondo agente è stato poi ripreso dalle telecamere e dai giornalisti con indosso un'altra felpa che rinvierebbe a un gruppo ultras di estrema destra polacco.
 
Perchè nel corso di un corteo degli agenti in servizio indossavano felpe con simboli di estrema destra  ?
 
Non ci interessa parlare del singolo agente, saremmo invece interessati a conoscere perchè quella felpa sia stata ignorata per tante ore, siamo  invece interessati a denunciare un sistema fin troppo permeabile alla presenza di ideologie con connotati nazisti o fascisti. E non si parli ancora una volta di casualità 
 
 Nel recente passato è stata evidente la copertura politica verso l'operato ingiustificato delle forze dell'ordine oggetto di denuncia e condanna nei tribunali nazionali ed internazionali. sarebbe sufficiente documentarsi sul G8 di Genova per ricavare molte ed esaustive informazioni sulla sospensione, in quei giorni, dello stato di diritto. E visto che la storia resta maestra di vita possiamo ancora sminuire o ridicolizzare le innumerevoli denunce pubbliche di quanti ritengono oggi la democrazia in pericolo con l'arrivo del decreto sicurezza?

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