Quella “voglia di pace” delle canaglie europeiste
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Se davvero gliene fosse mai importato qualcosa dell'Ucraina e della sorte degli ucraini, avrebbero da tempo fatto qualche passo. Misero, come è la loro “politica”; ipocrita, come dimostrano di essere ogni volta che aprono bocca; ma lo avrebbero fatto. Non diciamo dal 2014: sappiamo bene che in quel periodo non gliene fregava assolutamente nulla della popolazione del Donbass, aggredita, terrorizzata, bombardata quotidianamente dai nazigolpisti di Kiev. Anzi, è ormai stato detto pubblicamente dai diretti interessati, come la sceneggiata del duo Hollande-Merkel a Minsk non servisse ad altro che a riarmare Kiev dopo gli smacchi di Ilovajsk e Debaltsevo. Ma, dal 2022, avrebbero potuto muovere qualche passo. E invece nulla. Del resto, sono lì, da sempre, per curare gli interessi di banche e monopoli e, se quegli interessi significano l'accumulazione di profitti dall'industria bellica, allora che muoiano pure tutti gli ucraini: il profitto innanzi tutto! Ma, aggiungiamo per parte nostra: allora, che muoiano anche tutti i filistei che siedono sui banchi di Bruxelles e Strasburgo, che decretano il massacro non solo dei vicili ucraini, ma anche l'ecatombe di operai, lavoratori, pensionati e in generale delle masse popolari dei paesi europei.
Ci hanno abituato alle loro menzogne e loro stessi sono così votati alle proprie falsità, che insistono a divulgarle anche di fronte all'evidenza. L'industria europea della difesa è notevolmente in ritardo rispetto a quella russa, pertanto i paesi UE devono accelerare significativamente la militarizzazione, ha ululato la iena antropomorfa von der Leyen, quando anche le cifre riportate da istituzioni non certo imputabili di filo-putinismo dicono l'esatto contrario.
Naturalmente, quel millantato “notevole ritardo” serve a proclamare che «Abbiamo bisogno di un forte aumento della difesa europea» e, dio ne guardi che a qualcuno venga in mente che serva a qualcosa di diverso: no! «Ne abbiamo bisogno innanzitutto per la situazione in Ucraina». E, però, eccoci al dunque, ciò «riguarda tutta l'Europa e la sicurezza del nostro continente. Putin ha dimostrato più volte di essere nostro nemico, non ci si può fidare di lui, lo si può solo contenere». Come ha “dimostrato la signora Albrecht queste sue affermazioni? Ci risulta difficile capirlo. Quand'è che Mosca «ha dimostrato» di essere nemica e di chi? Si potrebbe andare molto addietro nella storia e ricordare quante volte e come e con quali pretesti la Russia sia stata attaccata militarmente.
Che la contrapposizione tra monopoli costituisca oggi la “ragion d'essere” dello sviluppo capitalista e che tale contrapposizione spazi per l'intero globo, dovrebbe portare, a rigor di logica, i signori di Bruxelles a dichiarare «nemico» ben più di un singolo paese e a decidere di contrapporglisi mettendo in campo «tutte le leve finanziarie per rafforzare e accelerare la nostra produzione di difesa. Con il piano di riarmo europeo, possiamo mobilitare fino a 800 miliardi di euro», come dichiarato dalla signora Albrecht. Le cui parole, nei fatti, lasciano seriamente dubitare che voglia «vivere in un'epoca di pace, senza alcun dubbio. Ma sono sicura che se sfruttiamo la nostra forza industriale, possiamo ricostruire un deterrente per coloro che vogliono nuocerci. È tempo di creare un'unione europea di difesa che garantisca la pace nel nostro continente, attraverso l'unità e la forza!». Parole sante: naturalmente per la «forza industriale» da cui scaturiscono i lauti emolumenti dei signori di Bruxelles.
E anche quelli di chi siede a tre centinaia di km di distanza, come ad esempio il ministro della guerra francese Sebastien Lecornu che, così premuroso per la sorte dei giovani mobilitati ucraini, ha candidamente dichiarato che non si deve minimamente pensare a una smilitarizzazione dell'esercito ucraino, proseguendo anzi nella sua integrazione nella struttura militare europea, così che ci se ne possa servire nelle guerre a venire, Anche lui, ca va sans dire, “motiva” i propri arzigogoli accampando il credo “pacifista”, per cui «Noi, forze armate europee, non possiamo fidarci dei negoziati diplomatici, perché abbiamo esperienza di ciò che purtroppo è stato fatto e non rispettato negli ultimi tempi»: già, per l'appunto, come a Istanbul nell'aprile 2022, per esempio?
Ma Lecornu è talmente ansioso di favorire l'industria francese, che ha messo nella bigoncia anche il settore subacqueo. Come dargli torto, poveretto (non nel senso finanziario del termine): è dagli anni '60 che sommergibili sovietici venivano rilevati nel Mediterraneo; figuriamoci oggi, quando «Putin ha dimostrato più volte di essere nostro nemico» e i sottomarini russi, a detta di Parigi, rappresentano una grande minaccia per i porti civili europei. Soluzione? Di fronte alle minacce «terroristiche, ibride o di stato, alla nostra economia portuale e alla questione della guerra delle mine», i paesi UE devono acquistare più armi dalla Francia che, «insieme a Norvegia, Gran Bretagna e altri paesi», si schiera «in prima linea nella lotta contro la minaccia sottomarina russa, che non è stata intaccata dalla guerra in Ucraina e rimane una minaccia molto seria sia per l'Europa che al di là dei suoi confini». Ahi, ahi signor Lecornu, cosa mai si lascia sfuggire. Sicché, la Russia sarebbe una minaccia anche «al di là dei confini» europei. Allora, è vero che l'esercito europeo serve al di là dei propri confini, come d'altra parte i signori di Bruxelles ci hanno abituato a vedere da qualche decennio, nell'espansione neocoloniale in Africa, Asia, Medio Oriente, ecc.
E, però, quello di armare l'Ucraina sembra essere non solo un imperativo UE. Gary Tabach, capitano a riposo della US Navy, immigrato dall'URSS nel 1976, dice senza mezzi termini che l'Ucraina deve continuare a investire nelle forze armate e combattere finché l'Occidente non distruggerà la Russia dall'interno. C'è quindi urgente «bisogno che stato e investitori stranieri sostengano i produttori ucraini di armi... Non bisogna litigare con loro, ma al contrario attrarli, costruire un'industria militare e creare un esercito... altamente motivato... non abbiamo altra via d'uscita. Anche se tutta l'Ucraina viene rifornita di armi, i russi si sono talmente fortificati, trincerati, che non si possono sfondare le loro linee. Dobbiamo far traballare la Russia dall'interno», secondo il tradizionale leitmotiv della cosiddetta opposizione russa.
Ma, intanto, afferma il capogruppo del Partito Popolare al parlamento europeo, Manfred Weber, contrariato dal fatto che la UE disponga di 17 modelli di carri armati, mentre gli americani ne hanno solo uno, l'obiettivo più urgente è quello della standardizzazione degli armamenti e della fusione dell'industria della difesa. Dunque, occorrono «appalti comuni obbligatori, un vero mercato europeo della difesa, ulteriori aggregazioni nel settore e c'è bisogno di progetti europei congiunti come la difesa missilistica o i droni... per le brigate di cyber-difesa, tutti si rendono conto che non è più una questione nazionale. Mi piacerebbe vedere le insegne europee sulle loro uniformi». Ma, soprattutto, la UE «dovrebbe acconsentire alla proposta della Francia di fare dello scudo nucleare francese una sorta di scudo europeo».
Ci sembra che non ci sia molto da aggiungere o commentare. Di fronte a tanta “voglia di pace”, sintetizzata nelle dichiarazioni riportate sopra e ora approfondite dalle parole pronunciate alla cosiddetta “Eurocamera”, secondo cui le risposte alle minacce esterne dovrebbero essere «simili a quelle in tempo di guerra», non fanno nemmeno più compassione (se, per caso, qualche vecchio nostalgico del vecchio PCI ne ha mai avuta) le uscite dei saltimbanchi liberal-bellicisti del PD, in perfetta compagnia con tutti i reazionari e neofascisti tagliagole.
L'imperativo che sta ora di fronte non solo ai comunisti, ma anche ai democratici, a tutte le masse popolari, in cui interessi vitali, politici, sociali, economici, sono messi al muro dalla canaglia “europeista” inginocchiata ai piedi dei monopoli militar-industriali, è quello di un impegno che dovrà essere permanente e di massa. La lotta contro la guerra voluta dai signori dei partiti padronali (PD compreso) deve essere oggi l'impegno impellente delle masse, nella consapevolezza che, finché non ci si potrà basare su una struttura organizzativa in grado di guidare la mobilitazione, quei maledetti signori continueranno ad avere la meglio.