RAND Corporation: truppe NATO in Ucraina comunque finisca la guerra

RAND Corporation: truppe NATO in Ucraina comunque finisca la guerra

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Che Kiev non si faccia troppe illusioni: l’adesione non verrà nemmeno al prossimo vertice NATO, che non è pronta per un conflitto aperto con la Russia e tende invece a continuare la “guerra ibrida” con Mosca per mano ucraina.

Anche la nomina del nuovo segretario, Mark Rutte, non sembra dover portare grossi cambiamenti, tanto più che lui, “uomo di Washington”, deve tener conto del prossimo voto americano e, comunque, la sua visione di contrapposizione con la Russia sembra più orientata a far peso sul fianco nordoccidentale, cioè i Paesi baltici, che non su quello meridionale. Già in passato, Politico aveva elencato gli scogli che Rutte avrebbe dovuto superare, prendendo il posto di Jens Stoltenberg: possibile ritorno di Donald Trump, deficit di difesa aerea ucraina, ritrosia di molti membri NATO a pagare il 2% del PIL, insoddisfazione delle capitali est-europee per l’ennesima nomina di un esponente occidentale a capo della “alleanza”.

C’è da dire che Rutte, oltre che “uomo del Potomac”, è anche un “grande amico” dell’Ucraina. Quando nel 2016 l’Olanda tenne il referendum sulla possibile adesione di Kiev alla UE e il 61% dei votanti disse di no, temendo possibile ricadute sul settore agrario del paese, Rutte pose il veto, insistendo per l’adesione ucraina: questa era indispensabile per impedire a «Putin di imporre il pieno controllo sull’Ucraina». Così, la procedura di adesione venne ratificata proprio per l’intervento del perenne “amico di Kiev”.

D’altronde, di fronte alle ripetute dichiarazioni di Josep Borrell sull’invio di “istruttori” da paesi UE in Ucraina, secondo Bloomberg, Orban avrebbe tolto il veto alla nomina di Rutte solo dopo aver ricevuto l’assicurazione che questi non avrebbe insistito per coinvolgere Budapest in ulteriori piani di sostegno a Kiev. E, in ogni caso, a Mosca non si attendono significativi mutamenti di orientamento dal nuovo segretario, definito come privo di qualsiasi autonomia e perfetto “uomo del sistema”: ovviamente, del sistema americano.

Ma un grosso scoglio che Rutte potrebbe trovarsi di fronte è quello della scarsità di chair à canon europea, nel caso NATO-UE dovessero malauguratamente decidere davvero l’invio di truppe al fronte, data la ormai tragica situazione di carne da macello ucraina. Stando al Financial Times, il reale potenziale militare europeo, proclamato in circa due milioni di uomini, non arriverebbe in realtà che alle trecentomila unità: «sufficienti per contrapporsi alla Russia, ma nella cui preparazione si perderebbero mesi»: le crescenti spese militari sono infatti in larga parte assorbite dagli armamenti.

Specialmente in una situazione in cui, per l’incognita Trump, l’intervento USA non può essere sicuro, dicono ex funzionari NATO, «in caso di crisi dobbiamo essere in grado di convincere Mosca di avere di fronte non solo l’esercito polacco». Negli ultimi 10-11 anni, scrive il Financial Times, l'esercito britannico si è ridotto del 19% (138.000 uomini), anche se il suo mantenimento è rincarato del 20%; l'esercito francese si è ridotto del 8% (203.000); quello italiano è passato da 200 a 160.000 uomini e quello tedesco da 200 a 180.000.

È così che vari media occidentali propagandano il ritorno alla leva di massa, magari sui modelli scandinavi: si inizia dal lavoro “psicologico” per attrarre i giovani al servizio militare, facendo leva sulle «intenzioni aggressive di Mosca e su suoi possibili attacchi». Intanto, si continuano a ridurre le spese sociali, a vantaggio di quelle militari: il resto è cronaca, purtroppo, quotidiana.

Contesta le cifre del Financial Times il blogger Ivan Kuzmin, secondo il quale «la sola somma di uomini dei maggiori paesi europei della NATO si avvicina al milione di unità. I militari in servizio in Polonia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia sono circa 932.000… Se la minimizzazione dei dati di FT è intenzionale, non è certo orientata a ingannare la Russia. È probabile che uno degli obiettivi dell'allarmismo sia il tentativo di porre il problema dell'impreparazione degli eserciti europei a reali operazioni di guerra».

Ed è significativo che simili allarmismi compaiano alla vigilia del possibile ritorno di Trump alla presidenza USA.

Intanto, è proprio la Polonia che pare volersi preparare a uno scontro diretto con la Russia: con un esercito passato, tra il 2014 e il 2024, da 95 a circa 200.000 uomini e, soprattutto con il premier liberal-europeista Donald Tusk, che non lesina milioni in un affrettato riarmo. Stando alla Associated Press, Varsavia programma di «organizzare “Vacanze con l’esercito”, alla ricerca di soldati: il paese prepara i propri cittadini a un potenziale conflitto con la Russia». Ci si rivolge a persone dai 18 ai 35 anni, da addestrare per 28 giorni durante l'estate. Al termine delle "vacanze" si presterà giuramento, dopo di che si potrà scegliere se entrare nella riserva o continuare il servizio nella difesa territoriale. Non si nasconde che l'obiettivo principale è quello di rimpolpare le «forze armate, che contano oggi circa 198.000 soldati. Un numero estremamente basso, secondo Varsavia, soprattutto alla luce dei preparativi di un confronto con Mosca».

Ma, alla fin fine, le somme di ogni ragionamento sembra trarle Foreign Policy: truppe NATO in Ucraina verranno stanziate comunque. L’adesione di Kiev alla NATO prima della fine del conflitto con la Russia, scrive Ann Dailey (della RAND Corporation) su FP è possibile solo teoricamente: è impensabile un consenso unanime di tutti i paesi dell’alleanza.

Così che Dailey propone di mettere insieme una "massa critica" di membri NATO per garantire la sovranità ucraina dopo il cessate il fuoco, dispiegando truppe sul territorio e, a giudicare da una serie di accordi firmati da Kiev, questa opzione potrebbe davvero attuarsi. Vero è, nota Elena Panina su news-front.su, che in tali accorsi non ci sono autentiche garanzie più di quante ne offra il famigerato articolo 5 della NATO. Ma anche questo non è poco.

L’essenza del ragionamento della Dailey è che «indipendentemente dal fatto che la guerra finisca con Kiev che ottiene il controllo dei confini del 1991, oppure consenta a qualcosa di meno, truppe NATO dovranno stazionare sul territorio ucraino per assicurare tempo, spazio e sicurezza necessari a completare il ponte verso la NATO». Inoltre, in base alle teorie della RAND, dovranno agire in questo modo almeno tre potenze nucleari NATO: USA, Francia e Gran Bretagna.

E alla RAND, si sa, non ci sono che “uomini d’onore”.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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