Roma, Rovato e Bologna. Verso l’Internazionale Antifascista e per la Palestina
Continua, in Italia, il dibattito sulla proposta dell'Internazionale antifascista, lanciata in Venezuela dal presidente, Nicolas Maduro, durante le due giornate di congresso internazionale che si sono tenute a Caracas l'11 e 12 settembre. Una proposta che, nella maniera più amplia e plurale, si propone di intercettare le lotte territoriali per coniugarle a un'agenda di lotta globale (anticapitalista, antimperialista e antipatriarcale), che metta al diapason consonanze e prospettive e aiuti a definire il nemico comune.
Un nemico che oggi assume la maschera di un nuovo fascismo, un'idra dalle tante teste e dai molteplici camuffamenti, come ha analizzato il volume Las caras del fascismo en el tercer milenio, edito dall'Università internazionale della Comunicazione, diretta da Tania Diaz. Dei contenuti del libro (presto pubblicato in Italia dalla casa editrice Dei Merangoli) si è parlato nel corso di due iniziative, che si sono svolte nel fine settimana, anche nel segno della resistenza palestinese, per cui si è manifestato a Roma e in tutta Europa, sfidando censure e repressione.
Il primo incontro si è svolto a Rovato (in provincia di Brescia) al Centro sociale 28 Maggio, il secondo a Bologna, al centro socio-culturale Villa Paradiso. Due momenti a ridosso di una data che è entrata nella storia: il 7 ottobre. In quel giorno dell’anno scorso, il popolo palestinese ha gridato al mondo l’insopportabilità dell’oppressione coloniale, scandita da massacri e nuove occupazioni che nessuna risoluzione Onu è riuscita a fermare. E da un anno, il popolo di Gaza e di tutta la Palestina occupata si oppone eroicamente al genocidio e alle logiche di guerra del regime sionista, che si vanno estendendo al Libano, all'Iran, alla Siria, allo Yemen, e a tutto il Medioriente.
La diplomazia di pace con giustizia sociale, portata avanti dal Venezuela e da Cuba – si è detto nei due incontri -, smaschera nei fatti l'ipocrisia di un'Europa dei banchieri e del complesso militare-industriale, sempre pronta a imporre “sanzioni” ai popoli che non si sottomettono, ma incapace di agire allo stesso modo contro il regime sionista, di cui è il primo partner commerciale, e a cui fornisce supporto bellico per il suo progetto di espansione criminale.
Dal 7 ottobre 2023, le forze armate del regime sionista hanno ricevuto dagli Stati uniti oltre 600 carichi di armi, e l’Europa vi ha contribuito ampiamente, in modo palese o occulto. Molti dei presenti al Centro sociale 28 Maggio hanno partecipato a vari presidi di protesta al vicino aeroporto di Montichiari, dove transita materiale bellico all’insaputa dei lavoratori. L’Italia, che pullula di basi militari Usa, ha già nel vicino aeroporto militare di Ghedi (situato a 19 km a sud di Brescia), un centro operativo della Nato che, secondo il programma di condivisione nucleare, custodisce tra le 20 e le 40 bombe atomiche di ultima generazione, la cui potenza variabile e massima è di 340 chilotoni.
Francesca Albanese, la coraggiosa Relatrice Speciale dell'Onu per i Territori Palestinesi ha ammonito che ogni trasferimento di armi verso Israele - che, secondo la Corte internazionale di Giustizia sta “plausibilmente” commettendo il crimine di genocidio -, costituisce una violazione della Convenzione sul genocidio e della risoluzione 55/ L.30 dell'Hrc (il Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu) che impone un embargo sulle armi a Israele.
Al riguardo, un gruppo di associazioni per i diritti umani, che animano la campagna internazionale #blocktheboat, denuncia che la nave Mv Kathrin, di proprietà tedesca, sta cercando di attraccare in un porto del mar Adriatico. La nave – scrivono le associazioni - trasporta esplosivi mortali, fra cui anche 8 container di Hexogen/Rdx con destinazione Tel Aviv (oltre a 60 container di TNT con destinazione sconosciuta). L'esogeno Rdx è un componente chiave per la costruzione dei missili israeliani.
Prima, la nave batteva bandiera portoghese, ma è stata obbligata a rimuoverla a seguito delle indagini sul carico effettuate dal governo portoghese, e a navigare, senza bandiera, in acque internazionali. Ora sta cercando di attraccare al porto di Capodistria, l’unico porto marittimo della Slovenia, e se sarà respinta cercherà un altro porto sull’Adriatico.
Da qui, l’appello delle associazioni, che chiedono al governo italiano, alle autorità portuali, agli enti locali e alle organizzazioni sindacali, di negare alla nave Mv Kathrin l'autorizzazione all'attracco in tutti i porti del territorio italiano, e di impedirle le operazioni di scarico. Un’azione già praticata da molti lavoratori portuali in altre situazioni analoghe, in cui i carichi di morte venivano mascherati da merce innocua.
Censura, repressione e occultamento degli interessi che si celano dietro le scelte belliche imposte ai popoli europei, sono i meccanismi utilizzati da un capitalismo in crisi sistemica che cerca di risolvere le proprie insanabili contraddizioni con la guerra imperialista. E così, nonostante tutte le inchieste, silenziate dai media, indichino che i popoli europei sono contro l'invio di armi, sia all'Ucraina che al genocida Netanyahu, l'economia di guerra continua a espandersi a scapito dei salari e della vita dei più poveri, a cui i governi applicano “l'austerità” decisa dalle grandi istituzioni internazionali.
“Le industrie delle armi stanno vivendo il miglior periodo degli ultimi anni, al momento la domanda è molto più alta dell'offerta. Hanno ordini programmati per i prossimi tre-quattro anni”. Così ha dichiarato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, aggiungendo che i paesi europei, che hanno “potuto contare sulla protezione militare degli Stati uniti, sono indietro di trent'anni”, e devono mettersi al passo. Come? Sostenendo le politiche della Nato, e del suo nuovo Segretario generale, l'ex ministro-presidente (conservatore) dei Paesi Bassi, Mark Rutte, che ha promesso altre armi a Zelensky e ha assicurato che farà pressione contro gli otto Stati che non hanno ancora raggiunto il 2% della spesa per la difesa, fissato nel 2014 nel vertice Nato in Galles. L’Italia è fra questi e dovrà, appunto, mettersi al passo.
Più armi a Zelensky e a Netanyahu per ampliare un nuovo fronte di guerra in Libano, in Iran e nelle zone strategiche per il controllo del petrolio, quanto mai necessario in questa fase a un capitalismo in crisi strutturale. Sebbene il dollaro rappresenti ancora il 58% delle riserve globali di monete, è innegabile, infatti, che la sua egemonia sia tendenzialmente destinata al declino, incalzata dal blocco dei paesi Brics.
I Brics, a cui anche la Palestina ha chiesto di aderire, insieme ad altri paesi del sud, fra cui il Venezuela, già rappresentano il 35% della produzione mondiale. Il prossimo vertice Brics si organizzerà in Russia il 22 ottobre, e già, nei vari incontri internazionali, ha mostrato quanto avanzata sia la costruzione di un mondo multicentrico e multipolare.
Un’articolazione economica e geopolitica a cui fanno da stimolo i paesi socialisti: come Cuba, che invia nel mondo medici e cultura, e non bombe (in Calabria sono arrivati altri 66 medici cubani); e come il Venezuela bolivariano, le cui immense ricchezze servono per i piani sociali e per una diplomazia di pace con giustizia sociale che infastidisce l’imperialismo e i suoi camerieri.
Di questo, e della democrazia partecipata e protagonista del Venezuela si è parlato nei due incontri di Rovato e di Bologna, in cui si è risposto alle domande del pubblico: per chiarire i dubbi indotti dalle menzogne dell’informazione addomesticata, e dall’anomia imposta ai settori popolari italiani. Mentre, infatti, il Venezuela bolivariano ha rafforzato la memoria storica della lotta di classe, anche armata e anche contro le democrazie camuffate della IV Repubblica, in Italia la memoria del socialismo e la lotta dei settori popolari (anche armata), è diventata un peso di cui liberarsi, da reprimere e demonizzare. E questo limita la possibilità di svincolarsi dalle censure sui concetti, e dal ricatto sulle forme di lotta, e di contrapporsi efficacemente all’avanzata delle destre che si presentano come “anti-sistema”, pur essendo un pezzo roboante del sistema.
Lo vediamo con la Palestina, ma anche con il conflitto in Ucraina, e con la confusione che impedisce una contrapposizione forte all’ottuso bellicismo rinnovato dalla nuova composizione europea guidata da Ursula von der Leyen.
Da 25 anni, il Venezuela indica, invece, che si può vincere anche in questo terzo millennio, ricostruendo un pensiero e una pratica che facciano del Novecento una formidabile leva per aumentare la coscienza dei settori popolari sulla necessità del socialismo come unica via per salvarsi dalla barbarie.
Alla Casa del Popolo di Tor Pignattara, a Roma, sempre nell’ambito delle iniziative per la costruzione di un’Internazionale Antifascista, in questi giorni si è realizzato un incontro per festeggiare la vittoria del popolo dello Sri Lanka, che ha eletto un marxista come presidente. Dopo aver tentato per due volte l’insurrezione, e dopo la caduta dell’Unione sovietica, il partito Jvp ha organizzato il passaggio alla lotta politica, cambiando metodo, ma con identici ideali e obiettivi: senza abiure, e senza sottostare ai ricatti, riuscendo per questo a riunire un ampio fronte di opposizione che ora si prepara a vincere anche nelle prossime elezioni legislative.