Sarà mai possibile esportare la democrazia?
di Michele Blanco
La democrazia, intesa come affermazione della libertà e dei diritti, è certamente un valore universale. Ma purtroppo non sono universali, cioè da tutti accettate, anche le sue caratteristiche forme istituzionali e le sue innumerevoli regole di funzionamento.
Certamente la democrazia potrebbe essere un sistema politico potenzialmente adattabile a ogni Paese nel mondo e essere accettato in ogni sistema culturale. Ma nella difficile realtà del mondo contemporaneo non bastano l’esempio e la persuasione, nemmeno creare condizioni economico-sociali di sviluppo e benessere che a sua volta portano all’affermarsi naturale della democrazia.
Di certo o si tratta di una forma politica che non può essere imposta e fatta funzionare anche ricorrendo, se necessario, alla forza. Sarebbe una contraddizione contenuta negli stessi assiomi fondamentali della democrazia liberale stessa.
Purtroppo, dopo l’inizio della cosiddetta “guerra al terrorismo” si è diffusa la falsa idea che la democrazia sia un sistema costituzionale esportabile anche con la forza militare.
Incredibilmente qualcuno ha pensato che volta instaurata in modo meccanico e formalistico, attraverso libere elezioni e la creazione a tavolino degli strumenti che abitualmente la caratterizzano, i partiti politici, la libera partecipazione popolare, il Parlamento, gli organi costituzionali di controllo, la democrazia avrebbe magicamente la capacità di irradiare i valori della tolleranza, del pluralismo e la cultura dei diritti umani fondamentali nella società civile. Si è ritenuto che la democratica formale, anche se costruita a tavolino, possa essere magicamente il primo passo, per creare anche la democrazia sostanziale.
Ma l’esperienza storica di questi ultimi anni ci ha dimostrato l'esatto contrario. La democrazia che nasce dall’alto imposta in modo autoritario e dirigistico non riesce a creare consenso dal basso in modo spontaneo partecipato e sentito. L’obbligo, come molti altri obblighi, di partecipazione nel nome della libertà, dei diritti e della tolleranza non genera automaticamente il desiderio di partecipazione, specie in culture e società caratterizzate da visione collettivo-comunitaria e non individualista, nelle quali il condizionamento sociale della religione è, diversamente dal mondo occidentale secolarizzato, ancora molto forte. Quelle che sono state instaurate negli anni in alcune aree del mondo sono dunque, delle "democrazie" puramente nominali, nelle quali o mancano o sono estremamente deboli le condizioni fondamentali che fondano la vita democratica di una società come ad esempio un effettivo pluralismo dell’informazione che oggi manca sempre più anche negli Stati di democrazia consolidata, un sistema legale basato sullo Stato Costituzionale di diritto; e, ancor di più, una cultura civica di partecipazione, come anche i valori fondamentali per una democrazia efficace: della tolleranza e della libertà.
La democrazia intesa unicamente come insieme di “regole del gioco” o come procedura solo formale, come un mero meccanismo o strumento istituzionale incentrato fondamentalmente sulla competizione elettorale, rappresenta una visione parziale e assolutamente semplificata della democrazia.
Tutto questo anche rispetto al modello dei teorici del cosiddetto “elitismo democratico” sulla scia della classica definizione di Joseph A. Schumpeter che con realismo spiegava che la lotta regolata tra leader per l’acquisizione del consenso elettorale non basta da sola per garantire l’esistenza di una democrazia stabile e ben funzionante. Accanto al “metodo democratico” serve anche, come scriveva proprio Schumpeter, «l’autocontrollo democratico», vale a dire l’esistenza di abitudini e comportamenti che non possono «svilupparsi dovunque né possono nascere in virtù del metodo democratico preso a sé», si veda Joseph A. Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano, Etas, 2001, p. 305.
La dottrina dell’esportazione della democrazia ha invece, in modo assolutamente ridicolo, ridotto la democrazia a una formuletta di ingegneria elettorale e a una semplice tecnica di governo applicabile ovunque nel mondo. Ma questo modo di imporre dall'alto il migliore sistema di governo finora ottenuto dagli uomini, non ha universalizzato la democrazia. Ha ottenuto il pessimo risultato di impoverirla ed estremamente banalizzarla, nei suoi alti contenuti ideali.
Inoltre, ha portato milioni di persone a vedere la democrazia come una imposizione neocolonialista dell'Occidente, che con la scusa dell’esportazione della democrazia vuole imporre basi militari sul proprio territorio, come fanno gli Stati Uniti d’America, Francia e Regno Unito, e sfruttare le ricchezze minerarie e il petrolio come avvenuto in Iraq.