SCIENZA VS SCIENTISMO: RIPRODUCIBILITÀ, CONFLITTI D’INTERESSE E PROPAGANDA
di Gilberto Trombetta
Quando a soli 16 anni Alan Turing, il padre dei moderni computer e dell’intelligenza artificiale, scoprì il lavoro di Einstein, scrisse entusiasta alla madre «Einstein ha messo in dubbio gli assiomi di Galileo e di Newton. Adesso ha degli assiomi tutti suoi e può proseguire con la sua logica, sbarazzandosi dei vecchi concetti di spazio e di tempo».
Il dubbio è alla base del metodo scientifico. Così non fosse, non avremmo mai avuto le rivoluzioni di Galileo, di Newton, di Einstein, di Plank e di tanti altri scienziati le cui posizioni erano ai loro tempi clamorosamente minoritarie.
Negli anni tra il 1940 e il 1970 il dibattito scientifico nel campo della nutrizione è stato pesantemente influenzato da due professori di Harvard, Fredrick Stare e David Mark Hegsted.
Fredrick Stare ha fondato il dipartimento di scienza dell’alimentazione di Harvard nel 1942, guidandolo fino al 1976. Ha anche fondato l'American Council on Science and Health, di cui è stato presidente del consiglio di amministrazione.
Mark Hegsted è stato consulente del Dipartimento dell'Agricoltura, poi della Commissione sulla Nutrizione e i Bisogni Umani del Senato degli Stati Uniti, per la quale avrebbe redatto il rapporto su Obiettivi dietologici degli Stati Uniti, membro dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, editor di Nutrition Reviews, consulente della FAO e dell'OMS.
I due hanno pubblicato per anni decine e decine di studi su prestigiose riviste scientifiche come il New England Journal of Medicine¹ che “dimostravano” l’impatto dei grassi sul colesterolo e quindi sull’insorgere di malattie cardiovascolari. Mentre pubblicavano le loro ricerche, i due svolgevano anche il ruolo di revisori paritari di studi che dimostravano invece il ruolo degli zuccheri nell’insorgere delle malattie cardiovascolari.
Si trattava più che altro di opere di killeraggio di tali studi anziché di revisione scientifica. I due eminenti scienziati di Harvard erano infatti pagati dall’industria dello zucchero per fare quello sporco lavoro.
Per la precisone erano pagati dalla Sugar Research Foundation di John Hickson. Una fondazione indipendente nata nel 1943 per promuovere studi sul ruolo dello zucchero nell'alimentazione. Lo zucchero raffinato è un prodotto industriale. Un’industria che negli Stati Uniti muove circa 14 miliardi di dollari l’anno.
Il 13 luglio, la Sugar Research Foundation approvò il Progetto 226 il cui scopo era quello di incaricare i due scienziati di Harvard di fare rassegna critica della letteratura scientifica sui rapporti fra zuccheri, grassi, e infarto.
La cosa venne fuori solo nel 2016 grazie a uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association², a danni ampiamente fatti (il numero di infarti negli USA in quegli anni anche grazie alle loro raccomandazioni aumentò). Ancora oggi alcune indicazioni sul regime alimentare consigliato in America soffrono ancora delle loro pubblicazioni capziose.
Stessa cosa accadde negli anni con le lobby del petrolio che hanno pagato scienziati, politici e opinionisti (oggi diremmo influencer…) per sminuire il ruolo dell’industria petrolifera nell’inquinamento ambientale ostacolando così lo sviluppo di tecnologie alternative.
O con le lobby del tabacco che hanno finanziato studi per far dire agli scienziati prezzolati che il fumo non avesse alcuna controindicazione.
O con le lobby dei farmaci che hanno finanziato (e finanziano) studi volti ad abbassare la soglia di malattia o a creare nuove voci nosografiche con lo scopo di creare milioni di "nuovi malati" bisognosi di cure per aumentare i profitti (il fenomeno è noto come "mercificazione della malattia", corporate disease mongering in inglese)³.
D’altronde come disse Henry Gadsen, allora direttore Generale di Merck & Co., in un’intervista a Fortune del 1976, «il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque».
C’è poi un altro grande problema, ben noto (e documentato) a chi si occupa di ricerca: quello della replicabilità. La replicabilità degli studi è uno dei criteri fondamentali del metodo scientifico. Eppure molti studi scientifici non sono riproducibili (spesso neanche dagli stessi autori) e quando lo sono portano frequentemente a risultati diversi.
Nel 2016, un sondaggio condotto da Nature? su circa 1500 scienziati di diverse discipline, ha riportato come il 70% di loro dichiari di non essere riuscito a replicare gli esperimenti di un altro scienziato. Più precisamente, l'87% dei chimici, il 77% dei biologi, il 69% dei fisici e degli ingegneri, il 67% dei ricercatori medici, il 64% degli scienziati della terra e dell'ambiente e il 62% di tutti gli altri ha dichiarato di non essere stato in grado di replicare gli esperimenti di altri. Inoltre, Il 50% degli ha dichiarato invece di non essere stato in grado di replicare un proprio esperimento.
Le cause di questo fenomeno sono molteplici come ha spiegato il professor John Ioannidis della Stanford University in uno studio dedicato a questo fenomeno?. Tra le motivazioni citate troviamo la metodologia di costruzione dello studio, i pregiudizi (bias) dei ricercatori, il numero di nessi non causali su cui si basa la ricerca, i conflitti di interessi diretti e indiretti, l’influenza delle posizioni dominanti del momento.
Stronzo Bestiale compare per la prima volta nel 1987 tra gli autori di alcuni articoli scientifici pubblicati su riviste prestigiose quali il Journal of Statistical Physics, il Journal of Chemical Physics, e anche negli atti di un congresso dell’American Physical Society?.
Nel 2020 l'uso dell'idrossiclorochina è stato fortemente sconsigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla base di due studi pubblicati rispettivamente su The Lancet e New England Journal of Medicine. Studi in seguito ritirati visto che la società che li aveva effettuati era diretta da uno scrittore di fantascienza e un'attrice porno?.
La rivista scientifica Health Physics ha recentemente pubblicato uno studio? i cui risultati mostrano che la percentuale della CO2 totale dovuta all'uso di combustibili fossili dal 1750 al 2018 è aumentata dallo 0% nel 1750 al 12% nel 2018, troppo bassa per essere la causa del riscaldamento globale.
Interessanti gli attacchi subiti dall’editore per aver osato pubblicare il lavoro: non è il settore della rivista, gli autori avrebbero dovuto sottoporre il lavoro su riviste più specializzate, la peer review non è qualificata.
La risposta dell’editore alle (infondate) critiche ricevuta merita di essere letta?: la rivista ha già pubblicato lavori del genere occupandosi anche di scienza delle radiazioni, ecologia delle radiazioni e campi correlati. Gli autori avevano sottoposto lo studio a riviste più specialistiche, ma queste non erano state in grado di garantire una peer review qualificata. Peer review che Health Physics ha affidato a due scienziati esperti di scienza dell’atmosfera, meteorologia e climatologia.
Il famigerato 97% di consenso della comunità scientifica sulle cause prevalentemente antropiche del cambiamento climatico nasce da evidenti mistificazioni di alcuni studi (sulla cui metodologia anche ci sarebbe molto da dire). Il dato deriva da una voluta stortura di uno studio di Cook¹? su 11.944 ricerche sul cambiamento climatico. Di queste, solo il 32,6% prende posizione sul cambiamento climatico antropogenico; tra questi, il 97% sostiene un impatto causato dall’uomo.
C'è anche un'altra pubblicazione da cui è stato estratto dal cilindro il famigerato 97%. Uno studio¹¹ che ha inviato questionari sul cambiamento climatico antropico a 10.527 scienziati a vario titolo esperti del settore. Hanno risposto in 3.146. Tra questi, 77 si sono autoproclamati (nel questionario) più esperti di altri. Di quei 77, 75 si sono detti concordi sul fatto che il cambiamento climatico abbia una causa antropica. Quei 75 su 77 sarebbero il famoso 97% della comunità scientifica.
Insomma, nei vari studi di settore non esiste nessun 97% di consenso della comunità scientifica sulla causa strettamente e/o prevalentemente antropica del cambiamento climatico.
E, vale la pena ricordare, che anche se ci fosse non sarebbe scientifico silenziare e screditare aprioristicamente quegli scienziati che la pensano diversamente. La scienza, al contrario di quello che dicono i vari Burioni, è democratica.
Abbiamo parlato all’inizio dell’ingerenza di varie lobby (tabacco, petrolio, farmaceutica) nel mondo della ricerca e delle pubblicazioni scientifiche. Per quanto riguarda la lobby del complesso climatico-industriale, un report di McKinsey¹² stima in 276 trilioni di dollari il giro di affari per il raggiungimento degli obiettivi di emissioni zero entro il 2050 (9.200 miliardi l'anno). Si tratta di più del doppio del PIL mondiale (104 trilioni). Attualmente il giro di affari è già di 5.700 miliardi l’anno.
Questo non vuol dire ovviamente che non esista il problema dell’impatto dell’uomo sull’ambiente. Ma bisogna stare attenti a ridurre il problema ambientale solo al tema del clima. E, anche in quel caso, bisogna stare attenti a puntare il dito solo sulle emissioni di CO2.
Vale la pena ricordare che l’Italia emette appena lo 0,87% della CO2 mondiale (come nel 1942). Emissioni ridotte di oltre il 50% negli ultimi 22 anni. In valori assoluti, siamo passati da 502 milioni di tonnellate l'anno del 2005 ai poco meno di 300 milioni di tonnellate attuali (come nel 1970). Quasi la metà in meno (-40%).
Per diminuire l’impatto dell’uomo sull’ambiente bisognerebbe mettere in discussione innanzitutto la produzione iperglobalizzata. Facendo pagare il conto a chi inquina e garantendo investimenti pubblici. La lotta al cambiamento climatico invece si sta dimostrando solo l’ennesima lotta di classe contro cittadini e lavoratori.
In Simposio, Karl Popper ha scritto «Se lo scientismo è qualcosa, esso è la fede cieca e dogmatica nella scienza. Ma questa fede cieca nella scienza è estranea allo scienziato autentico. Non si può designare nessuno dei grandi scienziati come scientista. Tutti i grandi scienziati furono critici nei confronti della scienza. Furono ben consapevoli di quanto poco noi conosciamo».
FONTI
¹ https://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJM196707272770405
² https://jamanetwork.com/.../article-abstract/2548255...
³ https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/18664007/
? https://www.nature.com/articles/533452a
? https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.0020124
? https://link.springer.com/article/10.1007/BF01019693
https://pubs.aip.org/.../Dense-fluid-Lyapunov-spectra-via...?
http://www.williamhoover.info/Monterey.pdf
? https://www.quotidianosanita.it/scienza-e.../articolo.php...
? https://journals.lww.com/.../World_Atmospheric_CO2,_Its...#
? https://journals.lww.com/.../Response_to_Letters_from...
¹? https://iopscience.iop.org/.../10.1088/1748-9326/8/2/024024
¹¹ https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/.../2009EO030002
¹² https://www.mckinsey.com/.../how-big-business-is-taking...