“Simbolo”, la canzone per Julian Assange che dobbiamo portare ovunque
di Giulia Bertotto per l’AntiDiplomatico
Francesco Maggiurana ha 28 anni, è autore della canzone “Simbolo”, una scossa ritmica rap rock, dedicata a Julian Assange, il fondatore di Wikileaks detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, dall’aprile 2019.
Il giornalista è in attesa dell’estradizione negli Usa dove rischia una lunga pena detentiva per aver rivelato, tra gli altri, i crimini di guerra commessi dagli Usa durante le guerre in Afghanistan e Iraq e le condizioni dei detenuti nel carcere di Guantanamo, documentati nei 700mila file riservati pubblicati da Wikileaks a partire dal 2010. Abbiamo intervistato Francesco, brillante e coraggioso autore di un pezzo davvero “ribelle” a come vanno le cose nel mondo, a differenza di molte canzoni fintamente combattive e veramente piatte, arrendevoli al consumo e conformiste all’ingiustizia.
Francesco, come è nata l’idea di scrivere e suonare un pezzo per Julian Assange?
Suonare non è il mio primo mestiere ma è la mia prima passione, e nonostante io non abbia alcun titolo quale diploma o laurea, in merito, da piccolo ho preso lezioni di pianoforte a livello accademico e tutt’ora suono questo strumento. Mi piace comporre, improvvisare, arrangiare tutto in maniera autodidatta. Tutto è partito anni fa. Da militante politico, già mi mobilitavo per la vicenda di Assange. Però, una domanda mi tornava in mente in modo frequente: come fare per cercare di sensibilizzare il più possibile l'opinione pubblica su questa vicenda drammatica, per quanto surreale? Mi sono detto: perché non farlo con la musica? Sono sempre stato convinto della incredibile ed enorme potenza che può trasmettere un messaggio in musica. Perciò mi sono messo a cercare chi, tra musicisti sensibili al tema, fosse disposto ad intraprendere questo percorso con me.
Dopo innumerevoli tentativi - andati a vuoto - ho scritto a Simone Sollazzo, del comitato di Milano per Assange, che avevo già avuto modo di sentire per delle iniziative congiunte con altri gruppi per Assange sparsi in tutta Italia. Il caso ha voluto che lui stesse in contatto con Francesco Franco, nome d'arte Diamond Frank, un ragazzo che non conoscevo, ma che già era nel campo musicale da tempo. Tutti e due di Milano. Mi hanno subito mostrato grande interesse per l'iniziativa, e ci siamo messi al lavoro. Così è nata questa sinergia. Tutti accomunati da una battaglia importantissima in difesa del principale giornalista vivente, come mi piace definirlo, Julian Assange, tenuto a marcire in carcere nella civile e democratica Londra, per volere dell'Occidente, in primis degli USA. Con alcuni ragazzi, Francesco e Simone compresi, abbiamo pubblicato il brano "Julian Assange", che abbiamo deciso di pubblicare il 10 ottobre del 2022. Da quel momento stiamo cercando di divulgarlo ovunque, dalle emittenti televisive/radio-foniche locali, nazionali ed internazionali, riviste, blog, alle associazioni, ai comitati, collettivi, personaggi pubblici/politici, sperando di raggiungere quante più persone e spazi possibili. Il testo - solo quello, però - è stato depositato in SIAE, perciò ognuno può farlo riprodurre con una cassa stereo, e in ogni dove.
La tua esperienza dimostra che chiunque, come può, con ogni mezzo, può portare la causa Assange, il suo Simbolo sulla bocca di tutti.
Tutti possono fare qualcosa, dalla persona meno rilevante mediaticamente a colei che ha milioni di follower, dalla casalinga all’ambasciatrice, dall’ingegnere all’operaio. Ognuno è prezioso per questa causa, il caso politico più importante del terzo millennio.
Tuttavia anche se la libertà di Assange può sembrare solo un fatto politico è una questione etica e sociale, infatti nel brano voi gridate: “Assange non è un uomo, ma un simbolo -Comunità comprende ogni singolo- Libertà e democrazia, dove finiscono?”. Salvare Assange significa salvare il diritto ad un’informazione il più possibile trasparente e quindi tutelare il protagonismo dei cittadini nelle decisioni collettive che incidono sulla vita di tutti noi.
Sì, la questione Assange anche se a molti sembra poco tangibile, ha in realtà ricadute dirette sulla nostra vita. Assange ha fatto un lavoro encomiabile senza trascurare la protezione delle fonti da cui ha attinto le informazioni, non ha mai risposto alle turpi diffamazioni contro di lui se non nel merito della sua professione, il più grande servizio pubblico che sia mai esistito; se noi oggi conosciamo i meccanismi distorti e gli interessi tossici della grande industria bellica, se noi oggi sappiamo dei crack bancari che hanno scosso l’economia mondiale, dei retroscena sulla guerra in Afghanistan per la quale i governi italiani hanno speso 9 miliardi di euro, dei risvolti della guerra in Iraq, del modo in cui venivano trattatati i detenuti di Guantanamo è grazie a Wikileaks e al suo capo redattore.
Julian Assange avrebbe così tanto da dire sul genocidio in corso in Palestina, la domanda è più una fantasia che un quesito ma ci si potrebbe chiedere se -con lui libero di svolgere il suo mestiere- le cose sarebbero andate diversamente.
Tutte le veline della NATO e del Pentagono mascherate da giornalisti, rappresentanti delle istituzioni, conduttori televisivi che riprendevano la notizia secondo la quale l’Aja aveva emesso un mandato di arresto contro il leader del Cremlino, oggi sono silenti di fronte all’accusa di genocidio rivolta allo stato di Israele mossa dal Sud Africa e alla quale si stanno aggiungendo molti altri paesi. Si tratta delle stesse persone che ricoprono incarichi importanti a livello politico, sociale, nello spettacolo, e nel giornalismo più che mai, che hanno una responsabilità gigantesca.
Circola un video nel quale Assange afferma esserci una speranza per un mondo meno dominato dai conflitti, e lui la vede nel fatto che le guerre possono essere fermate dalla verità, poiché le guerre degli ultimi 50 anni sono state il risultato di menzogne mediatiche. A monte dei conflitti c’è quindi anche la mancanza di un’informazione plurale e indipendente. C’è un giornalista in Italia che stimi per il suo lavoro?
Ce ne sono diversi, ma purtroppo molti non hanno il riscontro mediatico che meriterebbero, e non ci vuole molto a capire perché. In particolare ammiro molto la giornalista Stefania Maurizi de Il Fatto Quotidiano, che conosco anche personalmente, la quale è tra i primi giornalisti italiani ad occuparsi di Wikileaks ed è stata anche una testimone che ha visitato Assange nell’ambasciata equadoregna prima che venisse prelevato dall’ex presidente Lenín Moreno.
Il 20 e 21 febbraio si terrà l’ultima udienza presso la High Court di Londra: se il ricorso del fondatore di Wikileaks sarà respinto, Assange potrà soltanto rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo prima di essere estradato negli Usa.
Se i nostri giornalisti sono davvero degni di chiamarsi così devono fare tutto ciò che possono per salvare Assange. Invito tutte le riviste a scriverne e a rendere nota la vicenda, anche per mezzo della nostra canzone e tutti gli accademici a parlarne nelle aule. Esorto anche il presidente Mattarella a fare qualcosa: era ministro della Difesa quando il governo D’Alema avallava il vile bombardamento NATO su Belgrado. Tutti dobbiamo fare qualcosa, soprattutto i giovani. Voglio esortare i ragazzi a partecipare alla vita politica, perché la politica è la loro scuola, il loro ospedale, la pace per la loro casa. Free Assange Italia sta organizzando una spedizione solidale e di protesta per Londra per il 20 febbraio, chiunque può mettersi in contatto con l’associazione e aggregarsi. Se tutto andasse nella maniera peggiore non potrei tollerare le lacrime di coccodrillo di coloro che potevano fare molto per salvare Julian Assange e invece non hanno fatto nulla.
Link alla canzone “Simbolo”
https://www.youtube.com/watch?v=rlJqij_lPz4&ab_channel=CanzoneJulianAssange