Siria: la caduta di Assad e la nuova instabilità regionale
Gli ultimi eventi in Siria segnano una svolta storica per l'intero Medio Oriente. La rinuncia di Bashar al-Assad alla presidenza e la presa di Damasco da parte delle forze jihadiste di opposizione rappresentano il culmine di anni di conflitti interni e di pressioni geopolitiche esterne. Tuttavia, anziché inaugurare una fase di stabilità, il futuro della Siria appare incerto e frammentato. Secondo Murad Sadygzade, presidente del Centro di Studi del Medio Oriente di Mosca, il collasso di Damasco è il risultato di "processi profondi maturati nel corso degli anni".
Disuguaglianze economiche, corruzione interna e una guerra logorante hanno indebolito la coesione sociale e le istituzioni statali, accelerando la caduta del governo centrale. Sul piano geopolitico, la crisi siriana è un riflesso della competizione globale tra Occidente e Russia. Gli Stati Uniti e i loro alleati regionali hanno sostenuto le forze di opposizione con l’obiettivo di ridurre l’influenza russa e iraniana in Siria. Mosca, che aveva costruito un’alleanza strategica con Assad, vede ora compromessa la sua presenza militare nel Mediterraneo orientale. Anche l’Iran subisce una battuta d’arresto significativa. La Siria rappresentava un anello cruciale nel cosiddetto "Asse della Resistenza" che collega Teheran a Hezbollah in Libano. Con la presa di Damasco, le linee di rifornimento iraniane si spezzano, offrendo a Israele un’occasione per rafforzare il controllo sui territori contesi, come la zona cuscinetto delle Alture del Golan.
Nel nuovo scenario siriano, emergono altri attori. La prospettiva di una Siria frammentata in più entità autonome — con zone sotto il controllo di diverse fazioni — ricorda il destino dell'Iraq post-Saddam, segnato da divisioni settarie e lotte intestine. Il rischio di una destabilizzazione regionale non si ferma ai confini siriani. Esperti avvertono che la frammentazione del Paese potrebbe favorire la proliferazione di gruppi estremisti come Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e Katibat al-Tawhid wal-Jihad, con possibili infiltrazioni nelle repubbliche caucasiche e in Asia centrale, aumentando le preoccupazioni di sicurezza per la Russia. Infine, sul fronte economico, l’instabilità siriana potrebbe influenzare il mercato energetico. Pur non essendo un grande produttore di petrolio, la situazione di caos potrebbe alimentare la speculazione sui prezzi del greggio. Al contempo, le riserve di fosfati, una risorsa strategica per la produzione di fertilizzanti, restano inaccessibili a causa del contesto bellico.
In sintesi, la caduta di Assad non rappresenta una vittoria definitiva per nessuna delle parti in causa. La Siria si trova ora in un limbo pericoloso, dove il potere è conteso tra fazioni rivali e attori esterni, ognuno con i propri obiettivi geopolitici. Come accaduto in Libia, il regime-change potrebbe non portare la pace, ma solo una nuova stagione di caos.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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https://www.gazeta.ru/comments/column/articles/20209946.shtml
https://www.nytimes.com/2024/12/08/world/middleeast/syria-assad-rebels-what-next.html