Strage di Ustica, Centro Mondiale Commerciale e Israele

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Strage di Ustica, Centro Mondiale Commerciale e Israele


di Michele Metta* 
 

Ho, nella scorsa puntata della mia inchiesta sul CMC, finalmente iniziato a svelare i legami tra Israele e tale struttura coperta della CIA. Struttura connessa all’assassinio di John Kennedy e alla Guerra non ortodossa della NATO, nonché collimante, per tantissimi versi, con la P2.

Ai lettori che, per via della commistione di figure importanti del potere ebraico con rappresentanti del fascismo e del neofascismo, fossero tuttora stupiti da tale rivelazione, mi preme precisare che l’inclinazione alla commistione è, purtroppo, iscritta nel DNA stesso della Strategia della Tensione. Strategia della quale JFK s’era dimostrato oppositore totale, quando se l’era vista affacciare sul proprio tavolo sotto forma di Operazione Northwoods: la folle proposta dei militari USA di colpire aerei di linea e piazzare bombe al plastico, attribuendo poi falsamente tali attentati a Castro.

Se, infatti, andiamo a leggere la relazione resa da Enrico de Boccard durante quel convegno del 1965 presso l’Hotel Parco dei Principi di Roma che mette nero su bianco i canoni con cui la Strategia della Tensione sarà condotta in Italia, ci troviamo innanzi a passaggi come il seguente:
 
È stata inoltre dimostrata, per quanto si riferiva alla Francia, la possibilità di porre finalmente fine, nel quadro della guerra rivoluzionaria, alla annosa e sterile polemica – anche in Francia, come in Italia continuamente ed artificiosamente mantenuta in vita dal comunismo stesso – tra il fascismo e l’antifascismo. Nei ranghi dell’Oas si trovarono infatti a combattere insieme la medesima battaglia uomini che provenivano dalle più diverse e contrastanti passate esperienze. Si sono visti, infatti, uniti insieme nelle file dell’Oas ex appartenenti alla resistenza e reduci magari dei campi tedeschi di Buchenwald o di Mauthausen, ed ex collaborazionisti, seguaci del maresciallo Petain, membri della milizia di Vichy o combattenti sul fronte russo nei ranghi delle Waffen Ss.
 
Per OAS, il de Boccard ovviamente intende la Organisation armée secrète, la struttura clandestina paramilitare francese nata per opporsi, incluso con il ricorso agli attentati, alla svolta del presidente francese de Gaulle, il quale aveva deciso di permettere all’Algeria di trovare la strada dell’indipendenza. OAS profondamente intrecciata con il CMC. OAS la cui filiazione chiamata Aginter Press, finta Agenzia di stampa, è al centro di trame che riguardano anche la Strage di Piazza Fontana.

Sempre a tal proposito, esiste poi, negli Archivi della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, un Appunto confidenziale, ritrovato da Aldo Giannuli durante il proprio incarico di Consulente Tecnico per la Procura della Repubblica di Brescia, e gentilmente fornitomi dall’Associazione Casa della Memoria di Manlio Milani, che sentitamente ringrazio. Un Appunto la cui data è il 19 giugno 1971, ed avente caratteristiche tali da far dedurre a Giannuli il suo essere una copia sopravvissuta d’un originale divenuto vittima, viceversa, d’una distruzione indebita di documenti. È il resoconto delle confidenze d’un massone il quale – è sempre Giannuli a dirlo, ed io concordo – è molto probabile, anche se non viene specificato, essere un appartenente proprio alla P2. Massone che così afferma:
 
Questo governo non ci piace […] e così non si può andare avanti. Il governo continua a varare leggi di autentica marca bolscevica, come quelle della casa e della riforma sanitaria. Siamo nelle mani di gente disonesta e incompetente che, consapevolmente o no, finirà per consegnare l’Italia nelle mani del comunismo.
Ciò non piace né a noi né ai nostri amici americani, per motivi evidenti, e nemmeno ai nostri amici di Israele, che sono preoccupati delle possibili ripercussioni che una alterazione dell’equilibrio delle forze nell’area del Mediterraneo potrebbe avere sul conflitto arabo-israeliano.
 

E, più avanti:
 
in primo luogo noi possiamo contare sul denaro, su molti nostri fratelli che occupano posizioni chiave nella vita pubblica italiana, sull’appoggio di buona parte delle forze armate e in particolare del Sid, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dell’Aeronautica e di parte della Marina, delle polizie speciali, in particolare Stradale, Portuale, Forestale e di alcuni reparti celeri della Ps. Sarà inoltre decisivo l’appoggio degli amici degli Stati Uniti e di Israele. Con noi si schiereranno i socialdemocratici, i repubblicani e almeno un centinaio di deputati democristiani. È possibile che si uniscano anche alcuni elementi del Pli (non certo Malagodi) e qualche socialista in buona fede
 
Premesso tutto questo, passiamo ora ad un episodio dolorosissimo e molto conosciuto: quello legato agli 81 morti dell’aereo in volo da Bologna a Palermo il 27 giugno del 1980.




Aereo Itavia. E qui, se s’esaminano i fatti con vera attenzione, le cose iniziano ad assumere una piega oltremodo particolare, ed assai meno nota: a partire da metà dei Sessanta, infatti, a tenere in mano la gran parte dei capitali dell’Itavia, pari ad oltre 2 miliardi di Lire, sono quelle classiche strutture-paravento dell’imprenditoria chiamate fiduciarie. In questo caso: Nora, Nada, Aquila, Biblos e Servizio Italia. Quando la magistratura si mette a indagare sulla strage, e scosta tale paravento, è il nome dei costruttori Tudini quello che trova.

Sono – si badi – quegli stessi Tudini di cui c’è già stata occasione di parlare in un mio precedente pezzo. Quando mi sono, infatti, dedicato alle concatenazioni esistenti tra i partecipanti al Golpe Borghese ed i partecipanti alle trame per uccidere JFK, ho sottolineato come uno dei cospiratori del fallito colpo di Stato del 1970 fosse Pier Talenti. Il nipote, cioè, d’un altro dei cospiratori di quel golpe: Achille Talenti, costruttore e fondatore, assieme a Giuseppe Tudini, della ditta Tudini e Talenti che aveva dato vita, proprio negli anni Sessanta, ad un intero quartiere nel Nord-Est di Roma. Allo stesso modo, ho sottolineato che, in un documento CIA risalente all’immediato dopoguerra, tanto Tudini che Talenti sono identificati quali finanziatori delle attività neofasciste di Valerio Borghese. Un dato da unire a quest’altro: sempre in Itavia, il settimanale L’Espresso del 21 settembre 1980 lascia intravedere un’altra presenza; celata. È quella del piduista Roberto Calvi. E, a ben guardare, l’Espresso ha ragione: la già nominata fiduciaria Servizio Italia, infatti, ha eccome legami con Calvi, e vede, quale suo amministratore delegato e direttore generale, Gianfranco Graziadei, tessera P2 numero 1912.

Graziadei già finanziatore, proprio attraverso Servizio Italia, d’Eugenio Cefis, nonché poi nome – guarda la coincidenza – che spunta nella creazione del gruppo Fininvest dell’altrettanto piduista Silvio Berlusconi. Già. Così come coincidenza vuole che la sede di Servizio Italia – Milano, via Albricci 7 – sia altrettanto sede di uffici di Michele Sindona, il banchiere intimamente legato, come chi sta seguendo la mia inchiesta ormai ben sa, al Centro Mondiale Commerciale. Banchiere lui pure connesso a Servizio Italia, dato che l’utilizza per maneggi a favore del Vaticano. Servizio Italia che è branca della Banca Nazionale del Lavoro, all’epoca soprannominata Banca della P2 per via dell’elevata concentrazione di piduisti tra la sua dirigenza, e per il fatto che, addirittura, uno dei figli di Licio Gelli vi lavorasse. Servizio Italia servita per la conquista del Corriere della Sera, con ciò intendendo l’occulta manovra che porta la maggioranza azionaria del più diffuso giornale italiano nelle mani, appunto, della P2, come emerge anche attraverso missive di Gelli a Bruno Tassan Din, il direttore generale della Rizzoli-Corriere della Sera, e recapitate a quest’ultimo proprio presso la sede di Servizio Italia.

C’è, infine, un ultimo dato, il quale, tuttavia, per i numerosi spunti che offre, sarà necessariamente mia cura affrontare in un articolo a parte, e cioè il ruolo d’Amministratore delegato di Itavia affidato a Renato Era. Per ora, mi limito ad accennare che si tratta d’un avvocato avente – per sua stessa ammissione, fatta il 6 marzo 1985 al magistrato Libero Mancuso – legami stretti ed ininterrotti, fin dal 1946, con lo Spionaggio militare.

Passiamo, ora, ad un’altra Società: la Mediterranean Survey & Services. È retta da Pierfrancesco Pacini Battaglia: un condannato, in via definitiva, a sei anni di carcere per appropriazione indebita di 120 milioni di Lire di fondi neri dell’ENI. A fare compagnia al Pacini, nella Mediterranean troviamo, nel corso del tempo, innanzitutto due personaggi. Uno è Carlo Macchi di Cellere, lui pure coinvolto in quell’inchiesta sui fondi neri. L’altro è l’ammiraglio Giovanni Torrisi, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa e appartenente alla P2. Trattasi dello stesso Giovanni Torrisi grazie al quale, in combutta con Gelli, l’ammiraglio argentino Massera, ugualmente aderente alla P2 e membro della dittatura che all’epoca reggeva tale Paese sudamericano, riesce a concludere affari per forniture di radar e missili, ottenute attraverso un altro piduista: Michele Principe, all’epoca presidente della Selenia, industria-chiave del comparto strategico-militare italiano. C’è, poi, nella Mediterranean, anche Mario Stevenin, così descritto dal giornalista Franco Fracassi in un’attenta inchiesta pubblicata, il 7 luglio 1993, dal settimanale Avvenimenti:
 
si sa di lui che è anche azionista di una serie di società di Mario Collodel, presunto trafficante d’armi dell’Efim. Secondo documenti di cui “Avvenimenti” è venuto a conoscenza, Collodel dalla fine degli anni Settanta era uno dei principali intermediari, attraverso la sua società Trevis Financing Engeneering and General Contract, per conto dell’Export Efim – società del gruppo Efim che si occupava di gestire i contratti per la vendita delle armi del gruppo – in tutte le operazioni che riguardavano la vendita di armi a Paesi arabi: Irak, Arabia Saudita, Yemen, Oman, Sudan, Egitto e Libia. Collodel, inoltre, entrò anche nell’inchiesta di Carlo Palermo sui traffici di armi e droga perché fu uno dei mediatori della vendita delle sei fregate italiane all’Irak, un affare per il quale fu pagata una tangente di centottanta miliardi [di Lire].
 
Dire EFIM, tanto per rendere più chiaro di che livelli si stia parlando, significa dire lo Stato italiano. La sigla, infatti, sta per Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere. È, per essere completi, filiazione del FIM che, con il suo significato di Fondo per l’industria meccanica, rende il tutto molto più decifrabile.
Specificato il difficilmente definibile come limpido quadro generale, cos’ha a che vedere il CMC con il tragico volo del 1980? Molto semplice: nel tratto di mare dove si concentrano i resti del velivolo, dopo la strage e ufficialmente a compiere prospezioni geologiche, arriva proprio la Mediterranean, rimanendoci fino a settembre. Il gesto in sé, la composizione societaria, le analisi della magistratura, tutto porta a sospettare che la missione geologica celasse il ben differente scopo di recuperare, tra i resti dell’aereo, materiale compromettente che, qualora non sottratto, avrebbe condotto alla comprensione del perché si fosse giunti al massacro. Quale materiale compromettente? Uranio; diretto in Arabia; con la complicità di Gheddafi. Una situazione non certo gradita ad Israele. Di possibile uranio celato a bordo dell’aereo, durante gli anni Novanta si parlò non poco, in un rincorrersi d’inchieste giornalistiche e lanci ANSA facenti riferimento al lavoro delle toghe spezzine grazie alle quali il Pacini era stato incriminato. Rincorrersi che citava anche filmati che mostravano, nelle acque luogo del ritrovamento dell’aereo Itavia, la presenza di missili in dotazione all’aviazione israeliana. Di uranio a bordo, parla anche un libro scritto da un ex Agente, per l’appunto, del Mossad, l’Agenzia di spionaggio israeliana. È Victor Ostrovsky; che ne fa cenno nella propria opera intitolata The other side of deception. Ostrowsky dichiara in maniera assai esplicita, sia pure, in qualche modo, giustificandola, che è la propria Patria la colpevole della strage. Scrive, infatti:
 
Fino a questo momento, ogni volta che Israele o il Mossad è stato responsabile dell’abbattimento d’un aereo, si è trattato d’un incidente, ed in diretta relazione con la cosiddetta sicurezza di Stato, come l’abbattimento dell’aereo libico sul Sinai e l’aereo italiano (ritenuto avere uranio a bordo) nel 1980, che uccise ottantuno persone.
 
Libro, questo di Ostrovsky, che non manca di far pure un’altra rivelazione, in assoluta sintonia con l’Appunto del 1971 poco fa citato. Ostrovsky, infatti, per varie pagine si sofferma su di un’operazione effettuata dal Mossad proprio negli anni Ottanta, e avente nome in codice Hannibal. Suo obiettivo: una vendita di materiale bellico. Vendita a supporto della quale c’è la complicità di Germania e Italia. Operazione i cui dettagli organizzativi Ostrovsky così descrive:
 
I carichi, imballati all’interno di speciali container, furono in origine caricati a bordo di navi israeliane nel porto di Ashdod. I container erano del tipo che si può scaricare dalle navi direttamente tramite camion in attesa, divenendo i rimorchi di tali camion. Le navi avrebbero fatto attracco presso vari porti italiani, dove l’Intelligence italiana (SISMI) avrebbe gestito la concessione dei visti necessari, attestando che i container contenevano in effetti prodotti agricoli italiani diretti in Germania. I camion erano stati infatti dotati del necessario per far figurare che si trattasse di prodotti italiani. Gli uomini per l’operazione e gli autisti furono forniti da un alleato italiano del Mossad, i sodali fascisti di un uomo di nome Licio Gelli ed un gruppo, ormai fuorilegge, chiamato Propaganda Due, ed un secondo gruppo (una creatura NATO come quello in Belgio) chiamato Gladio.
 
Quanto alla credibilità di Ostrovsky, sottolineo che – come verificabile grazie ad un articolo su The New York Times – Israele, disperatamente alla ricerca di un ordine della magistratura USA di messa al bando del libro, giunse non solo a fornire prova dell’effettiva appartenenza di Ostrovsky al Mossad, ma pure ad invocare ragioni di sicurezza nazionale, ammettendo che quanto scritto da Ostrovsky era davvero in grado di rivelare aspetti delle attività d’Israele che si voleva restassero invece segreti.

Del resto, circa una colpevolezza d’Israele per i fatti di Ustica, e legata all’uranio, non manca nemmeno un secondo libro, ben presto sparito dal commercio, e cioè Il quinto scenario, questa volta scritto da Claudio Gatti e sua moglie, Gail Hammer. Libro doppiamente coraggioso, perché la Hammer è di origine ebraica. Così come c’è anche un’inchiesta del giornalista Maurizio Torrealta, andata in onda su RAI2 il 13 marzo 1997, e dove un testimone, celato dall’essere ripreso di spalle, dichiara: “L’aereo avrebbe dovuto trasportare materiale nucleare. […] Uno dei possibili motivi del suo abbattimento è proprio questo”. Testimone che, più avanti, aggiunge a Torrealta che le voci circa la presenza sul velivolo di materiale nucleare “venivano ripetute negli ambienti direttamente o indirettamente addetti alle varie attività nucleari in quel momento”, e che verosimilmente tale materiale nucleare “proveniva dalla Francia, uno dei Paesi che con l’Italia ha contribuito alla collaborazione nucleare con l’Iraq proprio per la fornitura di impianti nucleari”. Infine, che uranio fosse effettivamente stato trasportato nella stiva dell’Itavia, emerge dall’esame condotto, proprio nel 1997, dai professori Rosario Nicoletti, Sergio Graziani e Maria Annunziata Lopez, i quali incontrano torio 234 e protoattinio metastabile; e cioè: «due elementi prodotti dal decadimento dell’uranio 238».
Ipotesi tuttavia scartata dal giudice Rosario Priore, a lungo occupatosi della strage. Rigetto di cui, doverosamente, rendo atto, non senza però aver dato atto ugualmente della curiosa coincidenza per cui è proprio Priore, ora, a muoversi lancia in resta, in prima linea, a sostenere la teoria, assai poco suffragata da prove, secondo cui, dietro la strage avvenuta ad appena un mese da quella di Ustica, e cioè quella di Bologna, ci sarebbero i Palestinesi.

Eppure, di elementi per non mettere da parte la pista uranio, ce n’è perfino altri. Elementi che – ci siamo – conducono al CMC. Vediamoli.

Partiamo dall’ormai stabilito apparire, sulla rotta dell’Itavia, anche di caccia libici non autorizzati. Il Pacini Battaglia, infatti, risulta da un lato al centro di quella trama che, nel 1978, permetterà di far giungere proprio nelle mani della dittatura di Tripoli ben 240 monomotore acrobatici SIAI-MARCHETTI SF-260 per il valore dell’epoca, enorme, di 8.400 miliardi di Lire; dall’altro, è membro dell’Aero Leasing Italiana, la quale ha come scopo non dichiarato quello, per l’appunto, d’istruire i piloti da guerra di Gheddafi, del quale ultimo – è opportuno saperlo – è sempre stato fan acceso uno spiccato neofascista italiano: Stefano Delle Chiaie.

Anche la stessa data costitutiva della Mediterranean, fondata a Roma il 17 luglio 1980 dandole assetto, come per il CMC, di S.p.A., spinge in questa direzione. Stiamo parlando d’appena venti giorni dopo la strage di Ustica. Tuttavia, come con grande acutezza osserva Fracassi nel già citato suo articolo, l’atto notarile, in modo singolare, riporta una data precedente: quella del 24 giugno dello stesso anno. Commenta il giornalista: «come a voler dimostrare che la società esisteva già prima della tragedia di Ustica».

Cose di questo tipo richiedono un notaio molto propenso, incline e pronto, diciamo così, a venire incontro ai propri clienti. Anzi, che uno slittamento delle date presupponga un notaio accomodante è cosa cui fa riferimento anche l’avvocato della Mediterranean: Roberto Zannotti. Zannotti, sia pure per negare che la cosa sia avvenuta, ne accenna nella lettera di precisazioni da lui mandata, in risposta a Fracassi, per conto del proprio cliente, e prontamente pubblicata da Avvenimenti in data 5 settembre 1993. Il quale Zannotti andrà poi, nel settembre 2011, ad assumere l’incarico di consulente del Ministero della Giustizia per espresso volere dell’allora titolare Nitto Palma, parlamentare berlusconiano: da sempre distintosi per posizioni politiche fortemente a Destra, nonché per proposte di legge tese ad assicurare la non processabilità del qui già citato Berlusconi, Palma, quand’era ancora un magistrato presso la Procura di Roma, coincidenza vuole si sia occupato proprio della Strage di Ustica.





Andiamolo dunque a vedere, il notaio che segue la Mediterranean: è un certo Luigi Napoleone, con studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele 349. Ora – e giungiamo, così, anche al punto – , quale notaio segue le sorti del CMC? Prima di tutto, il notaio Raffaello Napoleone; che, morto poco dopo l’aver assunto tale incarico, è bene e subito sostituito dal figlio, Luigi Napoleone, con studio in Roma, via dei Sabini 7. Studio che – lo appurano documentalmente mie indagini – verrà poi trasferito in Corso Vittorio Emanuele 349. Stiamo, insomma, parlando dello stesso notaio, ed altresì dello stesso comportamento di fronte allo stesso genere di persone: tanto il CMC che la Mediterranean sono palesemente intrise di presenze che dovrebbero davvero invitare facilmente a sospetti; quantomeno, sulla loro reale natura. In entrambi i casi, anche massoniche. In entrambi i casi, Luigi Napoleone, però, non si fa domande.

Ma, forse, in effetti, domande non ne aveva da porsi un notaio fin troppo abituato a frequentazioni con la cosiddetta Libera Muratoria. Luigi Napoleone, infatti, risulta notaio di fiducia pure del principe Alliata di Montereale. Si tratta di un membro della P2, e coincidenza vuole che sia citato dalla Commissione Anselmi proprio a proposito del patto tra massoneria USA ed italiana avente per clausola segreta il fermare JFK. Per conto di questo piduista, il Napoleone cura le faccende d’una ben strana Associazione: l’Accademia del Mediterraneo, presieduta da Alliata, e tra i cui soci c’è pure Manlio Germozzi, il quale ultimo – sorpresa – fa altrettanto parte proprio del CMC. Non solo: ulteriore membro dell’Accademia è un monsignore: si chiama Antonio De Angelis, ed è il vicerettore dell’Università Internazionale degli Studi Sociali Pro Deo. Equivale a dire: l’Università prestatasi per lungo tempo ad attività di copertura della CIA in Italia.

Il fondatore e gestore di tale Università, infatti, è Felix Morlion, un religioso al contempo legato alla Guerra non ortodossa contro il comunismo. Basta esaminare la sua biografia: Morlion, dopo aver fondato in Portogallo, nel 1940, l’Organizzazione cattolica europea anti Comintern, ed aver trascorso l’anno dopo, su invito di Donovan, il capo dell’OSS, un lungo periodo a New York, instaura con facilità stretti rapporti anche con Angleton ed il neofascismo italiano. Suo segretario particolare è, guarda caso, un Andreotti allora giovanissimo. Proprio il Giulio Andreotti, cioè, come si ricorderà, citato, il 12 settembre 1963, in un elenco redatto da Renzo Rocca, dirigente della nostra Intelligence. Elenco da Rocca stilato per segnalare i politici disposti a combattere il comunismo anche attraverso il ricorso al terrorismo, e dove, a quello d’Andreotti, s’affianca il nome del membro del Centro Mondiale Commerciale Alfredo Crocco. Il Crocco il cui fratello scienziato è reclutato proprio da Donovan.

Trattasi, altrettanto, del Morlion ritratto, in una foto scovata da un settimanale chiamato Mondo d’oggi, a fianco di tre membri dell’Intelligence degli Stati Uniti. Foto nella quale campeggia anche il politico Giuseppe Spataro. Il padre, cioè, di quell’Antonio Spataro facente parte del Consiglio d’amministrazione d’una banca che ho già segnalato all’attenzione dei lettori de L’Antidiplomatico: il Credito commerciale e industriale al cui capo c’è proprio Junio Valerio Borghese. Credito commerciale e industriale impiegato, sotto la già di per sé tanto ambigua guida, per operazioni non limpide in combutta con Destra spagnola ed italiana, Vaticano, Opus Dei e, in ultimo, il Ramfis Trujillo figlio d’un dittatore dell’America Latina. Il Ramfis Trujillo che, appena dopo tali operazioni bancarie, si reca ad Haiti per – secondo il racconto dell’istruttore di mercenari anticastristi Gerry Hemming – elargire fondi per organizzare l’assassinio di John Kennedy. Questo, nel mentre ad Haiti opera pure, supportato proprio da Talenti, l’Agente della CIA Herbert Itkin, il quale, oltretutto, di Talenti è pure cognato. Trattasi inoltre – nuova coincidenza – del medesimo Morlion presente, nel 1966, ad un incontro uno dei cui altri protagonisti è L. H. Hunt, un petroliere autore d’attività ostili e sospette contro JFK a Dallas. Incontro cui partecipa pure il cardinale Marella, zio acquisito di un membro del CMC in stretti rapporti proprio con Andreotti: Giuseppe Azzaretto. Incontro del 1966 atto a pianificare azioni anticomuniste appunto in America Latina. Trattasi, infine, del Morlion pure in ottimi rapporti con Guérin-Sérac e Robert Leroy, entrambi dell’Aginter Press, ed entrambi indicati, in un’Informativa dei nostri Servizi, quali responsabili a monte dell’esplosione del 1969 a Piazza Fontana. Si dà il caso che Robert Leroy sia sodale diretto del membro del CMC Giuseppe Pièche, e che l’altro nome indicato dall’informativa sia quello del poco fa citato Stefano Delle Chiaie, il quale è un membro della Lega mondiale anticomunista di cui fa parte anche L. H. Hunt. Ebbene: Luigi Napoleone, oltre che al Centro Mondiale Commerciale, alla Mediterranean di Pacini Battaglia, all’Accademia del Mediterraneo d’Alliata di Montereale in cui è presente il membro del CMC Manlio Germozzi, non nega la propria attività di notaio nemmeno alla Pro Deo.

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