Sul femminicidio

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di Marco de Angelis*

Il femminicidio è un problema gigantesco e non se ne verrà a capo, temo, per decenni. Stessa cosa per le stragi dei civili, ogni guerra uccide oggi molti più civili, in particolare bambini, donne, anziani, che non soldati. 

Ci troviamo dinanzi a un imbarbarimento totale dell’Occidente che assume forme diverse a seconda delle tradizioni locali. 

In Italia, paese a tradizione maschilista, assume la forma del femminicidio; negli USA, che hanno tradizioni militari e guerriere, diventa strage d’innocenti sia in loco, nelle scuole per esempio, sia in altri paesi, come le bombe sull’Iraq oppure oggi il folle appoggio all’Ucraina che, come ben saputo sin dall’inizio, produce solo morte senza alcuna possibilità di vittoria; in Israele, s’imitano gli USA a danno dei poveri Palestinesi, destinati a perdere la propria terra e ad essere dispersi nei vari paesi arabi limitrofi; in Germania, potrebbe dar vita a un nuovo nazismo e già il partito di estrema destra sta iniziando a vincere le prime elezioni regionali; in Ucraina e nell’est europeo in generale ha fatto rinascere l’odio per la Russia, che però non è più l’URSS, quindi si tratta di un odio ingiustificato e senza senso. 

È l’Occidente capitalista in generale a versare in una profonda crisi etica, non solo l’Italia. Sono crollati i valori etici religiosi e non sono stati sostituiti da valori filosofici e razionali. I valori religiosi, per quanto oggi in larga parte non condivisi, nondimeno riuscivano ad arginare la natura animale dell’uomo e ad instradarla verso un’etica sociale condivisa. Il che non significa che la società fosse più felice, ma era più strutturata ed ordinata. La società occidentale dell’ultimo secolo almeno, invece, è del tutto allo sbando, non strutturata e non ordinata. Le due guerre mondiali, l’uso della bomba atomica, le stragi di innocenti e, in Italia, i femminicidi ormai all’ordine del giorno, ne sono una prova chiara ed inconfutabile. 

In questa crisi occidentale dei valori si verifica pertanto questa evoluzione negativa, legata alle tradizioni locali e alla storia nazionale dei vari popoli. Non è altro che la normale evoluzione del relativismo etico, il quale, se non tenuto a bada, genera mostri.


Ci vuole dunque la proposizione di nuovi valori etici oggettivi e vincolanti a livello sociale, che diano una nuova struttura e un nuovo ordine alla società occidentale. Occorre una rivoluzione culturale filosofico-etica, altrimenti purtroppo la situazione è destinata a peggiorare con esiti al momento imprevedibili, ma di sicuro non piacevoli. Il relativismo non perdona.
In particolare, per quanto riguarda l‘Italia e il femminicidio, ci vuole una battaglia per far rispettare la donna nella sua giusta rivendicazione di essere spirituale creativo al pari dell’uomo. La donna ha gli stessi diritti dell’uomo, pur nella diversità di genere che va compresa e non ignorata.

Bisogna distinguere, infatti, tra l’uguaglianza di diritti, che non si discute e riguarda qualsiasi essere umano indipendentemente da sesso, nazionalità, religione ecc., e la diversità di genere, che rende appunto una donna diversa dall’uomo. Dopo tanti decenni di femminismo, che hanno puntato giustamente sul tema dei diritti, oggi bisognerebbe a mio avviso puntare sul tema di tale diversità e insegnare ai maschi, a partire dalle famiglie e dalle scuole, a capire, a rispettare e ad amare tale diversità della donna. Ragionare solo nel senso dell’uguaglianza dei diritti, ovviamente indiscutibili, non è a mio avviso più sufficiente. Bisogna oggi capire le differenze. Se non si capiscono tali differenze, non ci si conosce e quindi non ci si può neanche riconoscere, ossia stimare, rispettare, apprezzare. A farne le spese sono poi come sempre i più deboli, quindi le donne.  

Si tratta di una differenza nell’unità. L’uomo e la donna sono uguali nel proprio desiderio di una vita creativa e spirituale, per es. nella professione, nel lavoro e nell’indipendenza economica. Da questo punto di vista non v’è differenza alcuna. Nondimeno esiste una naturalità, una base naturale che li rende diversi. Essa si fonda chiaramente sulla capacità che ha la donna, ma non l’uomo, di procreare. È questo ‘qualcosa in più’, che la natura ha dato alla donna, che li rende diversi. La donna porta in sé la vita sia come potenzialità, il suo corpo è strutturato per la maternità, sia ovviamente come atto, nel momento in cui genera. Tutto ciò manca all’uomo.

A mio avviso è su questo ‘qualcosa in più’ che la natura ha dato alla donna, che occorre ragionare. Si tratta di un ‘plusvalore’ che già da solo basterebbe a rendere la donna degna della massima considerazione, del massimo rispetto, della massima ammirazione e quindi del massimo riconoscimento da parte dell’uomo.

L’intera società si fonda su questo ‘plusvalore’ della donna rispetto all’uomo. La società dovrebbe, pertanto, renderlo oggetto di riflessione e di culto, il culto della maternità. Tale maternità rende la donna una divinità, ossia colei che è in grado di riprodurre la vita, quindi, per esprimerci in senso metafisico, di riprodurre l’essere.

La femmina, anche animale, consente all’essere di esserci nel modo più pieno, più completo. Senza la femmina l’essere si fermerebbe al livello vegetale, sarebbe pertanto monco e privo di spirito. L’esistenza dello spirito nel mondo presuppone l’esistenza della femmina, quindi della donna per quanto riguarda il genere umano. Senza l’elemento femminile non ci sarebbe lo spirito, ma lo spirito è il senso del mondo, il senso dell’essere, il mondo che prende coscienza di sé, quindi la femmina e in particolare la femmina umana, la donna, rende possibile il raggiungimento del senso dell’essere, del senso del mondo.

Ci dobbiamo chiedere: nella nostra società occidentale la maternità è riconosciuta come qualcosa di divino, come un ‘plusvalore’ della donna rispetto all’uomo? È considerata come ciò che porta l’essere al proprio compimento, al proprio punto più alto, al proprio senso oppure viene del tutto ignorata come valore dall’uomo e magari a volte considerata un peso dalla donna?

A mio avviso, per combattere il dramma del ‘femminicidio’ a parte le leggi che ci sono già, ma comunque, a quanto sembra, alla fine servono a limitare, ma non a risolvere il problema, ci vorrebbe tale riflessione sulla differenza di genere e in particolare su quel plusvalore.

Se tale plusvalore della donna rispetto all’uomo venisse insegnato nelle famiglie e nelle scuole sin da bambini, probabilmente le cose cambierebbero.

*Università di Lüneburg

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