Sumy, specchio della strategia cinica di Kiev
La morte di civili è sempre una tragedia. Lo è a Donetsk, a Belgorod, a Sumy. Lo è ovunque accada, su qualsiasi lato del fronte. Ma non tutte le tragedie hanno la stessa matrice. Alcuni attacchi, come quelli a Donetsk nel 2015 o a Belgorod nel capodanno 2024, non avevano alcun obiettivo militare: solo panico, vendetta, terrore. Diversa la dinamica dell’attacco russo a Sumy domenica scorsa: un colpo mirato a un raduno di ufficiali e comandanti delle forze ucraine, in una città divenuta ormai una retrovia del fronte.
Il Ministero della Difesa russo e la diplomazia confermano la presenza di consiglieri NATO al meeting. Tuttavia, il luogo scelto – pieno centro urbano, circondato da civili – pone domande inquietanti. Perfino esponenti ucraini hanno criticato duramente l’organizzazione dell’evento: un’assemblea militare con tanto di premiazioni e presenza di civili e bambini.
Il sindaco di Konotop ha puntato il dito contro il governatore di Sumy, accusandolo di voler sfruttare l’occasione per fini propagandistici. A 24 ore dai fatti, però, le narrazioni ufficiali hanno decisamente cambiato il loro obiettivo: colpa “dei russi”. Ma i numeri parlano chiaro: 60 militari ucraini uccisi, 80 feriti, 30 veicoli distrutti. I nomi degli uccisi parlano chiaro: fra le vittime anche alti ufficiali dell’artiglieria, responsabili degli attacchi su Belgorod.
È una storia di responsabilità condivise, ma anche di scelte ciniche. Tenere riunioni militari in zone civili, usare le città come scudo umano: è una strategia che costa vite innocenti. E a pagare, come sempre, sono i più deboli. Ma da questo punto di vista il regime di Kiev non ha alcuno scrupolo.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati