Tanto caro mi fu lo smart working
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di Federico Giusti
La circolare ministeriale sullo smart è l'occasione aprire una riflessione nella Pubblica amministrazione sul ruolo del lavoro agile che viene concepito come strumento per ridurre i costi e accrescere la produttività del singolo lavoratore o lavoratrice che sia.
Con l'avvento della pandemia si è fatto ricorso allo smart la cui prima regolamentazione risaliva tuttavia a qualche anno prima, opinione diffusa è stata quella di contenere i danni evitando i rischi di contagio con il lavoro a casa visto anche che la PA, nel suo complesso, aveva palesato innumerevoli limiti nella riorganizzazione del lavoro in una fase eccezionale come quella derivante dal coronavirus.
Il ricorso allo smart è stato conveniente per le amministrazioni pubbliche, in molti casi hanno risparmiato su indennità contrattuali, sugli straordinari, sui costi delle mense e dei buoni pasto, sulle pulizie degli uffici abbattendo i costi delle sanificazioni, il lavoratore in modalità agile è isolato e la natura individuale del rapporto permette di ottenere un aumento delle prestazioni anche in deroga ai profili professionali per quanto ne dicano i sindacati rappresentativi.
Quanto poi al ricorso alla disconnessione, è ormai evidente che un diritto formale non si traduce mai in sostanza essendoci liste whatsapp aziendali e pressioni dirigenziali per ottenere prestazioni sempre maggiori.
Da strumento emergenziale il lavoro agile è divenuto ordinario perchè in molti casi è apparso come soluzione migliore per accrescere la produttività, ridurre i costi ed evitare il coinvolgimento, residuale, del sindacato nella gestione dei rapporti di lavoro, poi ci sono comparti della Pa nella quale il lavoro in presenza è ancora insostituibile anche per gli scarsi investimenti in materia di formazione e tecnologia.
Il graduale “rientro in presenza” dei lavoratori ha senza dubbio riportato alla normalità la gestione degli uffici ma anche aperto alcune contraddizioni ad esempio laddove il lavoro agile è apparso come conveniente per i datori e le amministrazioni o indispensabile per i fragili onde evitare contenziosi legali in caso di malattie gravi non avendo nel frattempo riorganizzato spazi e uffici per salvaguardare la forza lavoro con problemi di salute.
La natura individuale del rapporto di lavoro agile è un altro tassello utile per comprendere come lo strumento sia stato utilizzato anche in veste antisindacale per un rapporto diretto dei superiori con la forza lavoro, insomma se vuoi lavorare in smart devi anche sobbarcarti di crescenti carichi di lavoro a meno che tu non sia , fino ad oggi almeno, un fragile certificato.
E nel caso dei fragili il senso di colpa per avere ricevuto un trattamento "di favore" ha spinto molti e molte ad accettare carichi di lavoro crescenti e mansioni talvolta riconducibili a livelli superiori, ovviamente senza un euro in più di stipendio.
E qui è arrivato il carattere estensivo dello smart da forma specifica di tutela per i lavoratori “fragili” a strumento da utilizzare in molti altri casi, ad esempio per chi ha figli piccoli e anziani a carico, per quanti con lunghi spostamenti tra casa e lavoro nel periodo invernale corrono il rischio di ammalarsi e perdere giornate lavorative e conviene farli lavorare da casa dove le possibilità di ammalarsi nei mesi invernali sono decisamente inferiori.
Pochi hanno riflettuto sulla riduzione delle giornate di malattia, dei permessi individuali per chi opera in smart, il sindacato non si posto mai domande mentre le Pubbliche amministrazioni hanno capito da subito la convenienza del lavoro agile.
Si va allora prefigurando un nuovo smart, da strumento eccezionale a volano della flessibilità e della produttività con un sistema normativo che rende sempre più ricattabile e subalterna la forza lavoro. E non siamo noi a utilizzare queste parole, ossia flessibilità e produttività, le troviamo scritte nella circolare Ministeriale!
Siamo davanti a tutele spesso formali ma non sostanziali demandando ai vertici di ogni singola amministrazione il compito di adeguare le disposizioni interne per applicare la direttiva ministeriale nell'ottica di accrescere le prestazioni e la flessibilità, di ridurre i costi e alla fin fine anche il salario
Negli anni pandemici chi operava in smart perdeva i buoni pasto e in molti casi anche la erogazione di istituti contrattuali, una rimessa economica compensata con minori rischi di ammalarsi, nel corso del tempo la modalità agile è stata pensata e costruita con fini non emergenziali e funzionali ad accrescere la produttività individuale.
E le normative contrattuali sulla disconnessione sono state solo un paravento dietro cui celare la incapacità di comprendere , da parte sindacale, i processi di ristrutturazione in atto e un sostanziale attacco alle condizioni lavorative da parte di una Pubblica amministrazione sempre più attenta al risparmio a mero discapito della qualità delle nostre vite e dei servizi erogati alla cittadinanza