Tensioni tra Bogotá e Washington: una lezione di geopolitica
Il presidente colombiano Gustavo Petro e il suo omologo statunitense Donald Trump hanno vissuto un intenso scontro diplomatico, risolto in meno di 24 ore ma non senza lasciare segni profondi. La crisi si è innescata quando la Colombia ha rifiutato l’atterraggio di un volo militare statunitense con migranti deportati. Le tensioni sono esplose sui social media, con Petro che evocava resistenza e dignità nazionale, e Trump che rispondeva con minacce di sanzioni economiche e diplomatiche.
Il rapido ritiro della posizione colombiana ha però rivelato un nodo fondamentale: la storica dipendenza di Bogotá da Washington. Con gli Stati Uniti che rappresentano quasi il 30% delle esportazioni colombiane, una crisi prolungata avrebbe avuto pesanti ripercussioni economiche. L’episodio si inserisce in una strategia più ampia di pressione statunitense sull’America Latina. Dalle deportazioni di massa alla riapertura di ferite storiche come il controllo del Canale di Panama, la politica di Trump sembra improntata alla riaffermazione dell’egemonia statunitense nella regione.
Tuttavia, cresce la resistenza regionale: leader come Xiomara Castro e governi di Venezuela e Cuba denunciano questa politica come «estorsione». Mentre Washington rafforza il proprio controllo, emergono segnali di un mondo multipolare. Paesi come Cina e Russia potrebbero cogliere l’occasione creata da queste ulteriori crepe nelle relazioni interamericane per offrire alternative economiche e geopolitiche. Il messaggio di Trump è chiaro: chi si oppone rischia.
Ma la crescente opposizione regionale suggerisce che la sfida alla declinante egemonia statunitense è destinata a crescere.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati
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