Thomas Müntzer di E. Bloch: sotto l’arcobaleno del marxismo universale

Battaglia di Frankenhausen, con al centro Thomas Müntzer, dipinto monumentale del pittore Werner Tübke

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Thomas Müntzer di E. Bloch: sotto l’arcobaleno del marxismo universale


di Giulia Bertotto per l'AntiDiplomatico

Sono pagine esaltanti, solenni, allegoriche, traboccanti di sette e inquisitori, francescani, ussiti, battisti, neognostici, catari, asceti e maghi, quelle del filosofo Ernst Bloch, che narrano la vita e la predicazione del “Teologo della rivoluzione” Thomas Muntzer; pagine che si espandono dalle campagne tedesche ad una dimensione cosmica, e così metafisica. Secondo Bloch (1885-1977) quello di Muntzer è un “programma paleocomunista” a carattere inesauribilmente eversivo, una filosofia in marcia contro il dominio temporale e avverso al potere dei cesari di tutta l’umana epopea.

LA VITA DI THOMAS MÜNTZER


Non vedo nessuna contraddizione tra le idee che sostengo io e quelle professate da quell'uomo straordinario che è stato Gesù Cristo

Fidel Castro


Bloch ci racconta il suo pastore, nato a Stolberg nel 1489, fin da quando era un bambino malinconico e poi un giovane “mai tiepido”, uno “spirito cospiratore” ed “entusiasta”. Müntzer è profeta del Regno a venire e nemico di tutti i regni dell’uomo; regni dell’idolatria e quindi di Satana, finché non realizzeranno la chimera dell’uguaglianza sociale e la liberazione dei miserabili.

La Parola è stata uccisa nella messa, il Cristo crocefisso sull’altare, la Chiesa ha strumentalizzato il Vangelo per tenere oppresse le masse: partendo da questi assiomi, Müntzer incitava i ceti popolari all’odio per i preti e per i signori. “Del tutto dominato dalla forza dell’ascesi” intraprese la sua predica rivoltosa tra contadini e minatori con il violento Manifesto di Praga del 1521. Il bimbo triste scatenerà presto l’armata rivoluzionaria messianica contro tutti i governi traditori dell’unico legittimo monarca: il Cristo.

Nel 1523 attuò la riforma della liturgia nella lingua tedesca per creare quel ponte diretto tra l’anima del fedele e Dio. Invitava anche i principi alla sollevazione contro i tiranni se davvero volevano essere “servitori di Dio”. Il 13 luglio 1524, nel castello di Allstedt, tenne il suo sermone sul Secondo capitolo del profeta Daniele, più noto come Predica ai principi, perché tenuto di fronte al duca Giovanni di Sassonia, fratello dell'Elettore Federico III di Sassonia e delle autorità cittadine. Il governo di Weimar censurò i suoi scritti. Il tumultuoso Müntzer cercava di spingere alla sommossa non solo i contadini ma anche i minatori. Sotto terra e nei campi, tra i grani e i metalli preziosi, cresceva la tensione per una “Rivoluzione contadina-proletaria-chiliasta”. Seguì l’esilio a Breba e Norimberga. Nel 1525 “dopo aver attraversato paesi in rivolta e pieni di spie, Müntzer comparve di nuovo nel cuore minerario della Sassonia: tutt’intorno, accesa in un medesimo magnifico istante, risplendette la rivoluzione. (...) Francia, Italia e Olanda tremavano davanti all’avanzata minacciosa di questi eserciti contadini. Si dava per certo che avrebbero perseguito i preti fino a Roma”[1]. Le sue milizie in Cristo superavano i confini stabiliti dall’uomo, le sue missive incendiavano le diatribe filosofiche e indisponevano gli ecclesiasti fino ai vertici della Santa Sede.

Nel maggio 1525 venne torturato e decapitato e naturalmente la sua memoria infangata, soprattutto tramite gli scritti del teologo e amico personale di Lutero, Filippo Melantone.

Restò di Thomas Müntzer una vedova incinta, contadini decimati, e un’eredità ribelle: secondo Bloch -il successore del Cristo che rovescia il mercato- fu ispiratore della Rivoluzione Francese, anticipatore dell’uomo russo e del bolscevico, sollevatore di ogni economia mondana dove il ricco vampirizza il povero.

Müntzer incarna un archetipo mai sopito: quello del martire infiammato dall’estasi divina ma non per questo arreso all’ingiustizia terrena, deciso a trascinare il regno di Dio sulla terra corrotta, dove principi, signori e tiranni fanno il bello e il cattivo tempo per i poveri e la plebe. Il bello e il cattivo tempo, appunto, mentre Müntzer è l’uomo dell’arcobaleno, ponte tra pianeta del peccato, del crimine dell’uomo sull’uomo, e paradiso dove “Il lupo pascerà con l’agnello” (Isaia 11,1-16). La rifrazione colorata comparve infatti nell’atmosfera durante la disperata battaglia di Frankenhausen: una guerra escatologica anche se combattuta in una piccola cittadina tedesca: la lotta di tutta la Storia, quella tra le forze di chi abita i castelli e di chi abita le baracche, tra la fortezza dei prevaricatori e i villaggi dei prevaricati. L’arcobaleno, quel “vessillo contadino, risuonava come l’ultima ora, la fine del mondo, l’inizio dell’eterno cerchio di pace che tutto ricopre con la sua volta”[2].

MÜNTZER CONTRO LUTERO

“L'idea di predestinazione, Lutero ben lo sapeva, è un’idea immorale”

Cioran La tentazione di esistere



L’antagonista del nostro “uomo radicale”,  è Lutero, “ideologo della classe dei tiranni” incalza Bloch, l’agostiniano che prima aizzò i contadini alla sollevazione poi la represse nel sangue e che Müntzer, tra gli altri epiteti, chiama “padre Soppiattone”.

Le loro concezioni in fatto di libero arbitrio sono opposte, ne discende anche un’antitetica visione politica e morale: Per Lutero la grazia di Dio è tutto e le opere valgono nulla, per Müntzer le opere sono ispirate dalla grazia e da essa traggono il loro valore. Per Lutero, che crede nella predestinazione, l’uomo è schiacciato dalla propria condizione irredimibile e solo la fede può avvicinarlo alla salvezza; Müntzer invece vede la salvezza come l’iniziativa umana che la fede desta e accompagna, falce e arcobaleno.

Scrive Müntzer nella "Confutazione ben fondata e risposta alla carne senza spirito che vive mollemente a Wittenberg" del 1524:


“E’ la più grande delle atrocità sulla terra, che nessuno si prenda carico della miseria dei poveri; i potenti fanno ciò che vogliono. Guarda, la minestra essenziale dell’usura, del furto e della rapina sono i nostri signori e i nostri principi; essi si appropriano di tutte le creature, dei pesci dell’acqua, degli uccelli dell’aria, delle piante della terra, tutto deve essere loro. E poi fanno circolare tra i poveri il comandamento di Dio e dicono ‘Dio ha ordinato: non rubare!’. Per se stessi però non ritengono utile questo comandamento. Così ora opprimono tutti gli uomini, scorticano e spellano il povero contadino, l’artigiano e ogni essere vivente. Per costoro, alla più piccola mancanza c’è la forca: su tutto ciò il dottor Mendace[3] dice Amen”.


I prìncipi, notiamo qui, agiscono nella loro tracotanza non solo contro i propri simili, ma anche contro l’ordine della Creazione, che vede la natura  -provvidenzialmente voluta da Dio- a disposizione dell’uso di ogni uomo e non dell’abuso di alcuni. E a questo stato di cose blasfemo e sacrilego, Lutero dà il suo assenso.

Quella di Lutero secondo Müntzer non è solo una teologia errata ma una volontà meschina; Lutero si posiziona a difesa dello status quo, della repressione da parte all’autorità e all’ordine costituito. Questa volontà di sottomissione deriva dalla sua antropologia pessimista, di più, nichilista: essendo l’uomo macchiato irremediabilmente dal peccato, qualsiasi tentativo di migliorare la propria condizione o quella altrui è già inficiata dal suo egoismo e dalla sua ingordigia incontrollabile.

Ma il Müntzer di Bloch replica che accettare il male per evitare la violenza, finisce per rendere complici del male. Dunque vediamo l’immobilismo etico, l’inerzia morale dell’uomo di Lutero, opposta e speculare all’agitazione focosa di Müntzer. Il sobillatore della Sassonia e l’iniziatore del protestantesimo, non sono solo due menti brillanti della storia del cristianesimo, ma incarnano due forze che vediamo operare nel mondo.

Quella di Lutero è una teologia paralizzante, quella di Müntzer una teologia dell’azione infervorata, allucinata, febbbrile, rapita nella missione metacomunista. Müntzer non è un uomo della non-violenza, è un estatico ma la sua mistica chiama all’azione,  esorta i compagni a imbracciare falce e arcobaleno!

Ed è infatti proprio Engels a collocare Müntzer fra i maggiori rivoluzionari della storia. Per Engels, l'unico elemento comune a Müntzer e Lutero è la polemica contro il cattolicesimo e dunque la necessità di riformare la Chiesa; ma il primo è un rivoluzionario plebeo disposto al sacrificio di sé e il secondo un riformatore borghese.


MARXISMO ETERNO

“La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta”.

Marx, Engels Il manifesto del Partito Comunista



Quello che ci propone Bloch è un marxismo universale, un comunismo eterno, come la notizia della buona novella di resurrezione. Una catena dei profeti[4] che parte da Cristo e arriva fino a Marx, un messaggio che parte dal discorso della montagna e arriva fino all’annuncio dell’abolizione della società divisa in classi.

Marx però non ristabilì la corretta gerarchia tra metafisica e storia, tra sovrastrutture ideologiche e condizioni materiali; Marx impoverì il comunismo della sua dimensione ieratica e chiliasta. Bloch parla di riduzionismo marxiano, che volle e dovette togliere al comunismo il suo respiro apocalittico, depotenziandolo di quell’eroico furore trascendente[5].

La rivoluzione è allora un impeto millenarista, il comunismo è slancio mistico che Marx avrebbe solo secolarizzato, perché la pulsione all’utopia è soprannaturale, spirituale prima che politica, ontologicamente dell’altrove prima che di questo mondo.

“Non si muore per un per un semplice bilancio di produzione ben pianificato, e quindi anche nella realizzazione bolscevica del marxismo ritorna e si fa riconoscibile l’antico modello di lotta divina (taborita-comunista-gioachimita) del battismo radicale con un mito dell’a-che-scopo ancora segreto, il cui preludio e correttivo continua a essere raffigurato nel chiliasmo”[6].

La falce è sempre un arcobaleno e il tempo dei falciatori verrà a separare l’erba cattiva dal grano maturo.


COMUNISMO APOFATICO?

Se risonosciamo che esiste una verità, allora non ci è permesso pensare ad altro che a ciò che è vero. Pensiamo allora una determinata cosa non perché siamo francesi, cattolici o socialisti, ma perché la luce irresistibile dell’evidenza obbliga a pensare così e non altrimenti

Simone Weil -Manifesto per la soppressione dei partiti politici


Müntzer viene brutalmente eliminato, i suoi seguaci massacrati e la sua missione rimandata. Perché il tempo del ribelle è sempre futuro, come l’utopia, etimologicamente, è un luogo ovunque assente; la città dei giusti è metafisica. L’unico regno a cui si deve obbedienza è quello del non -ancora, quello che si sottrae al tempio come al palazzo; per questo la vera spiritualità resta pellegrina, perché se si istituzionalizza dimentica il suo compito interiore, la sua missione a-venire. Una teocrazia giusta non può che restare incompiuta, l’unica preghiera che esprima qualcosa sulla Verità è il silenzio, l’unica teologia che non tradisca il suo obiettivo, è quella apofatica.

La fede, come insegna anche Simone Weil, è un anelito anarchico alle leggi mondo, unico modo per rimettersi invece alla piena obbedienza al Signore. Il cristiano o è eretico o non è. Qualsiasi potere divino si traduca nel mondo terreno si piega alle leggi della fisica, si guasta per le necessità dell’economia, si compromette alle condizioni della storia, alle influenze sociali e culturali.

Scrive Cioran ne La tentazione di esistere che “il mistico snatura la sua esperienza quando la esprime, quasi come l’erudito snatura il mistico quando lo commenta”.

Diverse secondo i detrattori, i sostenitori, gli storici, le ragioni del naufragio dell’impresa müntzeriana, ma forse la ragione è sempre solo una: la frattura tra Creatore e creatura, tra Infinito e finito, che non si risana in terra. Insomma, se Dio è inconoscibile, l’Infinito neppure concepibile, la perfezione cognitivamente inaccessibile, nessun regno di uguaglianza è davvero realizzabile qui. Il fallimento di Müntzer -ammesso lo sia- rappresenta simbolicamente la disfatta di ogni tentativo di instaurare la giustizia nella storia del sopruso?

Quella storia da cui l’uomo ha imparato solo che dalla storia...non impara niente[7].

Al cospetto dell’eternità ogni azione è allora neutra e indifferente, perché il Vangelo non può governare il mondo, come sosteneva il Martin delle 95 tesi[8]? E’ questa la tragica verità ontologico-metafisica o è il paradigma ideologico di chi è interessato a mantenere l’ordine costituito?

Resta il dilemma: arrendersi alla natura umana irreparabilmente viziata come fece Lutero, o continuare a combattere sotto il segno dell’arcobaleno?

 

NOTE

[1] Thomas Müntzer teologo della rivoluzione, Ernst Bloch,Feltrinelli 2010, a cura di Stefano Zecchi,  p. 72-73

[2] Ibidem p. 82

[3] Bloch ci spiega che si riferisce a Lutero

[4] espressione del manicheismo persiano

[5] Si veda Giordano Bruno, De gli eroici furori

[6] Op. cit. P. 96

[7] Amara e corrosiva espressione di Hegel

[8] L’impossibilità di un regno Celeste in terra è sostenuta anche da Agostino d’Ippona, per il quale si veda l’opera La Città di Dio. Nel pensiero di Agostino il libero arbitrio è il perno concettuale che garantisce la bontà e l’onnipotenza divina e al contempo giustifica l’esistenza del male, assicurando anche la libertà umana e l’efficacia delle sue azioni nel mondo. Agostino, figura monumentale della tradizione occidentale: filosofo, vescovo, Dottore della Grazia, Padre e Santo della chiesa cattolica, maestro di Lutero, dalla cui teologia, come detto, si dipartono diverse implicazioni, non certo quelle del fondatore del protestantesimo. Sul tema anche gli scritti del professor Gaetano Lettieri.

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