Tik Tok e la (divertente) pena del contrappasso per gli oligarchi statunitensi
di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico
La decisione da parte del governo statunitense di mettere al bando TikTok sta provocando effetti inaspettati assolutamente deleteri del regime di Washington. L’applicazione “cinese” è sempre stata oggetto d’attacchi da parte degli Stati Uniti, in particolare per la sua crescente popolarità, osteggiata da Meta e da Elon Musk, e per il ruolo che essa ha avuto nel diffondere le immagini del genocidio di Gaza occultate dal resto dei social-network, Facebook in primis.
TikTok è stata, a torto, accusata di essere uno strumento del governo cinese e di rappresentare una minaccia alla sicurezza nazionale, per cui l’amministrazione Biden, dopo aver offerto come unica soluzione la vendita a soggetti statunitense, ha deciso per il ritiro di essa dal mercato USA entro il 20 di gennaio. Gli utenti statunitensi di TikTok sono più di 150 milioni, superiori di un terzo a quelli di X e pari al 15% del totale mondiale. La notizia del probabile blocco dell’applicazione ha portato molti di questi a cercare alternative. Per uno strano scherzo del destino, l’alternativa è stata trovata in “RedNote”, meglio conosciuta come Xi?ohóngsh?, letteralmente “Libretto Rosso”, una piattaforma social squisitamente cinese la cui utenza, fino a pochi giorni fa, era composta per la stragrande maggioranza di cittadini della Repubblica Popolare.
In pochissimi giorni RedNote è diventata l’applicazione più scaricata negli Stati Uniti, con milioni di nuovi utenti, di cui 700.000 solo nei primi due giorni. Ciò ha portato per la prima volta ad un’interazione di massa tra il pubblico cinese residente in madrepatria e quello statunitense, una vera e propria breccia nel “Great Firewall” che, straordinariamente, è arrivata dall’esterno e “dal basso”. E’ diventata infatti virale la locuzione “TikTok refugees”, “rifugiati di TikTok”, per indicare i nuovi utenti statunitensi della piattaforma, accolti, come dimostrano le migliaia di post, con amicizia e curiosità dal pubblico cinese.
Gli effetti immediati di questo imprevisto interscambio culturale sono sconvolgenti: centinaia di migliaia di statunitensi si sono resi conto di essere stati ingannati dai propri governanti riguardo alla Cina, al suo livello di sviluppo e alla prosperità sempre più diffusa nel paese; allo stesso tempo milioni di giovani cinesi stanno verificando materialmente come gli standard di vita dell’americano medio siano molto inferiori a quanto si potrebbe pensare, e molte garanzie presenti in Cina sono semplicemente assenti negli USA.
Una ragazza si chiede “E’ vero che gli americani devono avere fare due lavori per vivere?”. Risponde una statunitense: “Sono stata un’avvocatessa per 12 anni e non ho mai avuto a disposizione denaro per fare investimenti. Ho dovuto rivolgermi al banco alimentare per sopravvivere negli ultimi due anni”. Rispondono, sconvolti, gli utenti cinesi: “Cosa sarebbe un banco alimentare?”, “La professione dell'avvocato non dovrebbe essere ben pagata e rispettata?”, “Veramente? Lavorare non ti garantisce una buona vita per te e i tuoi cari?”. Anche la realtà del sistema sanitario americano è semplicemente inconcepibile per gli utenti cinesi. Davanti al costo di decine di migliaia di dollari, al netto della copertura assicurativa, per la cura di un braccio rotto, essi si chiedono “Ma come è possibile?”, “Incredibile”, “Se in Cina ci fossero fatture mediche del genere i dottori andrebbero a lavorare col giubbotto antiproiettile”. Due madri confrontano i prezzi per le cure neonatali dei loro figli. Quella americana mostra una fattura di 1.031.669.87 dollari per un mese di terapia intensiva neonatale, conto che “non include la parcella del dottore di più di 100.000 dollari”. Le risponde la cinese: “Non posso crederci. Il costo totale è superiore al milione di dollari solo per un mese? Da pazzi. Nella mia provincia può costare al più 100.000 ¥ [pari a circa 13.000 dollari], e già questo è stravagante”.
I ruoli si invertono davanti alle immagini di città come Guangzhou, Chengdu e Shenzhen: “Quindi è così che sono le vere moderne città cinesi! Ci stanno derubando!”, “E’ veramente questa la Cina? Ci hanno sempre insegnato ad aver paura della Cina. Voi siete tutti così amichevoli e gentili!”, “Noi siamo contadini. La Cina è meravigliosa”. Una simile reazione è avvenuta attorno ad argomenti controversi come il famigerato “credito sociale”. Alle domande degli utenti statunitensi hanno risposto direttamente i cittadini cinesi: “La Cina in realtà non ha il credito sociale, è una bugia”, “Non esiste il credito sociale per come ve lo ha descritto la propaganda americana per cui hai bisogno di un certo punteggio altrimenti vieni giustiziato. Esiste un sistema di valutazione del credito per cui se non paghi in tempo i tuoi debiti non puoi chiedere nuovi prestiti o fare spese di lusso”, “Puoi chiedere a chiunque, il credito sociale cinese non esiste, per favore smettetela di diffondere questa diceria”, “Ma veramente credete che esista il credito sociale?” “Chi ha fatto partire questa storia?”.
Davanti a tali “rivelazione”, in migliaia si sono ricreduti sulla realtà della Repubblica Popolare Cinese e della vita dei suoi cittadini, esprimendo la speranza che Washington e Pechino possano vivere in pace e cooperazione: “Più passo tempo su questa applicazione, più mi rendo conto di quanto ci abbiano mentito”, conclude una giovane statunitense.
Il regime di Washington pensava, attraverso la censura di TikTok, di poter tenere in piedi la cortina di ferro informativa che preclude ai cittadini statunitensi l’accesso alle informazioni reali su ciò che avviene nel mondo. Avevano paura di un’applicazione che si riteneva “vicina al governo cinese”. Hanno ottenuto che milioni di statunitensi si trovano ora su una piattaforma social completamente in mano cinese, gestita da un’azienda in cui opera un comitato del Partito Comunista Cinese suddiviso in 4 sezioni per un totale di oltre 200 iscritti. Non solo si tratta di una divertente umiliazione per gli oligarchi di Washington, ma anche un danno forse irreparabile al “soft power” del regime. Si tratta di un “1989 alla rovescia”: se allora furono i sovietici distrutti dalle riforme di Gorbaciov ad accorgersi all’improvviso della prosperità del mondo capitalista, oggi sono proprio i cittadini del cuore del sistema capitalista internazionale a rendersi conto che, mentre gli Stati Uniti sono travolti da crescenti diseguaglianze, un’economia finanziaria costruita a detrimento di quella reale, bolle speculative e guerre senza fine, il paese guidato dal più grande partito comunista del mondo, proprio quel paese che viene diffamato quotidianamente dai media, dalla politica, dalle scuole e dalle università statunitensi, è stabilmente proiettato verso il futuro e sicuro più che mai del sistema socialista.
Non si possono ancora ipotizzare i possibili effetti di questa breccia informativa, ma sicuramente gli Stati Uniti e le loro narrazioni propagandistiche ne usciranno fortemente indebolite. Se ciò porterà a una maggiore presa di coscienza politica da parte del pubblico americano è ancora da vedere, ma non si può certamente escludere.