È tutto loro quello che luccica!

Netanyahu  e Gallant in realtà più che subire “conseguenze di non poco conto” sono stati “graziati”, non più rei di genocidio ma solo di “banali” crimini di guerra, d’altra parte commessi anche dalla controparte palestinese.

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È tutto loro quello che luccica!

 

di Luca Busca

E sì, non è un errore di stampa, “è tutto loro quello che luccica” è l’unica risposta sensata all’atavica domanda “è tutto oro quello che luccica?”. E il mandato di arresto di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant luccica parecchio. A prima vista sembra una piccola rivoluzione, il riconoscimento di una giustizia sana che tenta di fermare anche i potenti, gli intoccabili. Non solo ma come ha brillantemente scritto  Jeffrey Sachs: “il mandato di arresto della CPI per Netanyahu è anche un’accusa alla complicità USA.

Una luce completamente nuova, soprattutto se messa a confronto con il precedente di inizio millennio, che vide i crimini di George W. Bush, come Abu Graib, Guantanamo e un milione di civili iracheni uccisi, completamente ignorati. Di contro Saddam Hussein, reo di mancato possesso di armi di distruzione di massa, venne condannato a morte da un tribunale fantoccio. “A Bagdad si è invece celebrata, per i fatti di Dujail, una farsa. I giudici sono stati nominati dall’esecutivo (il Consiglio di governo) e da esso sostituiti quando non si allineavano sulle posizioni ufficiali delle autorità o si dimostravano scarsamente efficaci. Il tribunale sin dall’inizio è stato finanziato dagli Usa, che hanno anche elaborato il suo Statuto, poi formalmente approvato dall’Assemblea nazionale irachena, nell’agosto 2005. (studiperlapace.it)

La notizia del mandato d’arresto per Netanyahu e Gallant ha suscitato immediate reazioni di entusiasmo e giubilo in tutte le tipologie di pacifisti che popolano l’articolato mondo del dissenso. Più pacate quelle dei governanti italiani con Crosetto ad affermare “la decisione della CPI, anche se sbagliata va applicata”. La Meloni con la sua consueta moderazione ha dichiarato: “Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”. Più determinato il “ministro degli Esteri Antonio Tajani cerca di trovare spiragli per non applicare la sentenza in Italia in caso di viaggio nel nostro Paese del primo ministro d’Israele accusato di crimini di guerra, mentre la Lega di Matteo Salvini definisce la sentenza della Corte internazionale addirittura «filo islamica». E il giorno dopo ribadisce: «Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri». (www.repubblica.it-2024-11-22-arresto-netanyahu)

Guardando meglio, però, si individuano piccoli difetti nel luccichio. Innanzitutto il mandato di arresto è stato spiccato dalla Corte Penale Internazionale. La Corte, conosciuta anche con l’acronimo ICC (International Criminal Court), è un tribunale penale che persegue singoli individui per crimini internazionali, con sede all’Aia. Pur avendo competenza per i crimini più rilevanti che riguardano la comunità internazionale, non è un organo dell’Onu, ma ha legami con il suo Consiglio di Sicurezza. Non si tratta quindi dello stesso organismo, l’International Court of Justice (ICJ), il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, che emise, in data 26 gennaio 2024, l’ordinanza in merito alle richieste della Repubblica Sudafricana. Ordinanza che riconosceva come “plausibile” l’accusa di genocidio.

A differenza di quella “sentenza” la “Dichiarazione del procuratore della CPI Karim A.A. Khan KC” recita un copione completamente diverso dal titolo “Richieste di mandato d’arresto nella situazione nello Stato di Palestina”. Il mandato di arresto riguarda infatti: “Yahya Sinwar (capo del Movimento di resistenza islamico Hamas nella Striscia di Gaza), Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, più comunemente noto come Deif (comandante in capo dell’ala militare di Hamas, nota come Brigate Al -Qassam ), e Ismail Haniyeh (capo dell’Ufficio politico di Hamas) in quanto responsabili penalmente per i seguenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi sul territorio di Israele e dello Stato di Palestina (nella Striscia di Gaza) almeno dal 7 ottobre 2023:

Lo sterminio come crimine contro l’umanità, in contrasto con l’articolo 7(1)(b) dello Statuto di Roma;

L’omicidio come crimine contro l’umanità, contrario all’articolo 7(1)(a), e come crimine di guerra, contrario all’articolo 8(2)(c)(i);

Prendere ostaggi come crimine di guerra, in contrasto con l’articolo 8(2)(c)(iii);

Stupro e altri atti di violenza sessuale come crimini contro l’umanità, contrari all’articolo 7(1)(g), e anche come crimini di guerra ai sensi dell’articolo 8(2)(e)(vi) nel contesto della prigionia;

La tortura come crimine contro l’umanità, in contrasto con l’articolo 7(1)(f), e anche come crimine di guerra, in contrasto con l’articolo 8(2)(c)(i), nel contesto della prigionia;

Altri atti inumani costituiscono un crimine contro l’umanità, in contrasto con l’articolo 7(l)(k), nel contesto della prigionia;

Trattamento crudele come crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(c)(i), nel contesto della prigionia; e Le violazioni della dignità personale costituiscono un crimine di guerra, in contrasto con l’articolo 8(2)(c)(ii), nel contesto della prigionia.

In seconda istanza la Dichiarazione sostiene anche che “Sulla base delle prove raccolte ed esaminate dal mio Ufficio, ho fondati motivi per ritenere che Benjamin Netanyahu, Primo Ministro di Israele, e Yoav Gallant, Ministro della Difesa di Israele, abbiano la responsabilità penale per i seguenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi sul territorio dello Stato di Palestina (nella Striscia di Gaza) almeno dall’8 ottobre 2023:

La fame dei civili come metodo di guerra è un crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(b)(xxv) dello Statuto;

Causare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute, in contrasto con l’articolo 8(2)(a)(iii), o trattamenti crudeli come crimine di guerra, in contrasto con l’articolo 8(2)(c)(i);

Omicidio volontario contrario all’articolo 8(2)(a)(i), o omicidio come crimine di guerra contrario all’articolo 8(2)(c)(i);

Dirigere intenzionalmente attacchi contro una popolazione civile come crimine di guerra, in contrasto con gli articoli 8(2)(b)(i), o 8(2)(e)(i);

Lo sterminio e/o l’omicidio contrari agli articoli 7(1)(b) e 7(1)(a), anche nel contesto delle morti causate dalla fame, come crimine contro l’umanità;

Persecuzione come crimine contro l’umanità contrario all’articolo 7(1)(h);

Altri atti inumani come crimini contro l’umanità contrari all’articolo 7(1)(k).

(Il testo completo è scaricabile dal sito della Corte Penale Internazionale: icc-cpi.int-statement-icc-prosecutor-karim-aa-khan-kc-applications-arrest-warrants-situation-state)

Il Procuratore Karim Khan non fa cenno alcuno al reato di genocidio e non per una semplice svista o per mancanza di competenza. Infatti, la Corte Penale Internazionale come da Articolo 5 (Crimini di competenza della Corte) dello Statuto di Roma stabilisce che “La competenza della Corte è limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale. La Corte ha competenze, in forza del presente Statuto, per i crimini seguenti: a) crimine di genocidio; b) crimini contro l'umanità; c) crimini di guerra; d) crimine di aggressione.” (studiperlapace.it-romastat.pdf)

È quindi evidente la volontà di equiparare i crimini commessi da Hamas con quelli di Israele, anzi sembra quasi che i palestinesi ne abbiano commessi di più, otto contro sette. Inoltre va notata la particolarità delle procedure legali perseguite nei confronti dei criminali palestinesi. Yahya Sinwar è stato processato per direttissima dall’IDF e giustiziato nel corso di uno dei tanti raid israeliani nella Striscia di Gaza. La sentenza di morte di Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri detto Deif, sarebbe stata eseguita, secondo Israele, il primo agosto del 2024 a mezzo bombardamento. Infine, Ismail Haniyeh, rifugiato in Iran è stato ucciso da un razzo israeliano a Teheran il 30 luglio, nell’ennesimo tentativo di allargare il più possibile il conflitto mediorientale.

Ora, spiccare un mandato d’arresto contro tre deceduti sembrerebbe solo uno scherzo di cattivo gusto se, invece, non nascondesse il preciso intento di sminuire la gravità dei crimini commessi da Israele. La Corte Penale Internazionale può processare solo singoli individui, ha dovuto quindi identificare tre responsabili palestinesi per poter assimilare l’atto terroristico del 7 ottobre 2023 con il sistematico sterminio della popolazione palestinese. Poco importa se Israele li ha eliminati tutti, l’importante è riuscire a derubricare il genocidio perpetrato da Netanyahu a crimini di guerra. Questo nonostante l’esplicito riferimento all’aver affamato la popolazione civile come metodo di guerra, nel palese tentativo di sterminare l’intera popolazione della Striscia di Gaza.

In questo modo la Corte Penale Internazionale è riuscita a togliere la “patata bollente” dalla pentola della Corte di Giustizia Internazionale, la quale inevitabilmente si sarebbe dovuta pronunciare sul reato di genocidio in virtù delle premesse espresse con la sentenza del 26 gennaio 2024. E sì perché di genocidio si tratta: “genocìdio (raro genicìdio) s. m. [composto del gr. γ?νος «stirpe» e -cidio: voce coniata in forma ingl. (genocide) dal giurista polacco R. Lemkin nel 1944 e pubblicamente usata nel processo di Norimberga (1946)]. – Grave crimine, di cui possono rendersi colpevoli singoli individui oppure organismi statali, consistente nella metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familiari, l’imposizione della sterilizzazione e della prevenzione delle nascite, lo scardinamento di tutte le istituzioni sociali, politiche, religiose, culturali, la distruzione di monumenti storici e di documenti d’archivio, ecc.”

Questa la definizione data da Treccani.it-vocabolario. Come si può notare il genocidio è caratterizzato da quattro punti salienti che, come si evince facilmente dalla sentenza del Corte di Giustizia Internazionale del 26 gennaio 2024, dalla Dichiarazione del Procuratore della Corte Penale Internazionale, e dalla cronaca quotidiana, inclusa quella poco attendibile del mainstream, sono stati tutti puntualmente assolti da Israele. Qualche dubbio potrebbe suscitare il punto tre, “l’imposizione della sterilizzazione e della prevenzione delle nascite”, essendo stato assolto posticipatamente con lo sterminio delle madri e dei neonati nelle incubatrici.

Risulta quindi evidente che “è tutto loro quello che luccica”. Come illustra Paolo Gentilucci, Viceprefetto e Docente universitario: “Nel caso in esame si ritiene ragionevolmente che, i richiesti mandati di arresto saranno accolti dal Tribunale Penale Internazionale e si presume che il procedimento si concluderà con la condanna di tutti gli indagati, probabilmente quando Benjamin Netanyahu non sarà più al potere. Le conseguenze non saranno di poco conto, in quanto oltre gli aspetti politici e simbolici particolarmente rilevanti, i soggetti condannati non potranno recarsi nei 124 Stati aderenti alla CPI che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma del 2002 per non correre il rischio di essere arrestati.” (altalex.com-tribunale-penale-internazionale-richiesta-arresto-netanyahu-leader-hamas)

Netanyahu  e Gallant in realtà più che subire “conseguenze di non poco conto” sono stati “graziati”, non più rei di genocidio ma solo di “banali” crimini di guerra, d’altra parte commessi anche dalla controparte palestinese. Molto probabilmente non saranno rieletti in patria, anche se il fatto non è scontato. Verranno, però, accolti con euforia negli Stati Uniti governati dall’amico fraterno Trump. Quest’ultimo continuerà a finanziare Israele con entusiasmo e tante nuove armi, in modo da poter destabilizzare tramite terzi il Medioriente nei secoli a venire. Molti altri paesi occidentali disattenderanno le indicazioni della CPI, trasformando Netanyahu in un eroe che ha combattuto contro il nemico islamico sino alla fine.

In Occidente la popolazione continuerà a dividersi tra tifosi di Israele e del genocidio, da un lato, e pacifisti più o meno indignati dall’altro. Tutti, però, da oggi saranno indotti a pensare che comunque in Occidente c’è Giustizia, che pure i potenti vengono processati, anche se poi non pagano mai le conseguenze dei loro crimini. Mentre in Russia, in Cina e nel Mondo Islamico questo non accade.

La realtà, come si è visto, è molto diversa, ma le grandi capacità strategiche dell’Impero riescono a rendere tutto così meravigliosamente luccicante. Il genocidio del popolo palestinese passerà alla storia come un banale quanto accettabile crimine di guerra, d’altra parte è solo diritto all’autodifesa di un paese democratico. I cattivi sono i palestinesi che, fortunatamente, sono stati giustiziati prima di dover essere arrestati. È giusto quindi che nessun altro venga punito per questi crimini. E sempre di più quello che luccica sarà tutto loro.

Luca Busca

Luca Busca

Inizio il mio percorso giornalistico nel 1982, nel 1984 ottengo l’iscrizione all’albo dei pubblicisti come collaboratore del quotidiano La Repubblica e dell’Agenzia Giornalistica Telegraph. Entrato nel mondo musicale live come ufficio stampa, fondo, alla fine del 1984, la mia prima azienda di organizzazione di eventi musicali.  Dal 1987 al 2002 ho curato sei edizioni del Roma Live Festival, la rassegna Rock della capitale.
Come direttore di produzione ho poi partecipato alla realizzazione di Reality show, lavorando in Messico, Santo Domingo, Kenya, Sudafrica e India. Sono stato
commerciante, e amministratore di un’azienda che si occupava di fotovoltaico. Nel frattempo sono tornato a fare il giornalista occupandomi prima di arte (Next Exit), di viaggi (omonimo inserto di Repubblica) e ora di vino e olio per la rivista e la guida Bibenda. Sono anche docente presso la Fondazione Italiana Sommelier. Da un paio di anni scrivo per il blog Sinistrainrete e l’AntiDiplomatico

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