"Twitter Files": i documenti e le prove di come l'intelligence Usa ha fabbricato la madre delle fake news

"Twitter Files": i documenti e le prove di come l'intelligence Usa ha fabbricato la madre delle fake news

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Che il cosiddetto RussiaGate fosse un immenso castello di bufale è assodato da anni. Restano solo i media con i “bollini verdi” a continuare a dare per certa la notizia secondo cui la cosiddetta 'disinformazione russa' abbia determinato l’elezione di Donald Trump nel 2016 e che giochi un ruolo centrale nel diffondere fake news in occidente anche oggi.

Dagli Stati Uniti arrivano le prove, i documenti e le e-mail di come a fabbricare la più grande fake news degli ultimi cinque anni siano stati i servizi di intelligence Usa e media conniventi. Non potendo gestire la loro pubblicazione senza dovervi decenni di scuse pubbliche, i giornali mainstream italiani fanno quello che gli riesce meglio: censurare. Di quello che segue, al momento non vi è traccia su nessuno di loro.


TWITTER FILES: IL RUOLO DELL’INTELLIGENCE USA

Il giornalista Matt Taibbi ha rilasciato ieri la undicesima parte dei cosiddetti "Twitter Files", nei quale emerge come le agenzie di intelligence statunitensi – che hanno “preso il controllo” del social secondo lo scrittore - senatori di alto rango del Partito Democratico e importanti media statunitensi (come Politico e BuzzFeed) siano intervenuti per fabbricare la storia della ingerenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e costringere il social media a censurare migliaia di account.

Nel thread che segue la pubblicazione di tutti i documenti


Da agosto a ottobre 2017, prosegue il giornalista, la "rete di microblogging" è diventata una parte fondamentale dello scandalo "Russiagate", prendendo ordini dalle “spie statunitensi” su chi censurare. "Prima sono arrivate le minacce del Congresso, poi una valanga di brutti titoli (ispirati da fughe di notizie dai comitati congressuali) e, infine, una serie di richieste di moderazione arrivate dall'estero", ha scritto il giornalista, che ha mostrato in un thread di 30 tweet. Email e altri documenti interni di Twitter ottenuti grazie al nuovo proprietario del social, Elon Musk. "L'agenzia governativa degli Stati Uniti ha chiesto la sospensione di 250.000 account, inclusi giornalisti e funzionari canadesi!", questo il commento di Elon Musk al thread su Twitter.


Neanche una riga, fino adesso, sui giornali mainstream italiani.


I DOCUMENTI

Dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2016, i Democratici hanno attaccato Twitter per la sua "inerzia" - a differenza di Facebook - nelle indagini sulla presunta influenza russa che, secondo loro, avrebbe danneggiato Hillary Clinton. I democratici sostenevano che il rilascio da parte del social di notizie fatte trapelare da WikiLeaks di documenti interni del Comitato nazionale democratico e delle e-mail della campagna di Clinton avessero qualcosa a che fare con Mosca. La propaganda era che i 'bot' russi avessero utilizzato la loro 'disinformazione' per minare le elezioni.

Nell'agosto 2017, Facebook aveva bloccato centinaia di account di "sospette origini russe", ma Twitter "era così sicuro che non ci fossero problemi" da non prestare attenzione alle accuse dei politici. Nel settembre dello stesso anno, i dirigenti del “servizio di microblogging” hanno informato il Senato della sospensione di 22 "presunti account russi e altri 179 con possibili collegamenti a tali account". I numeri "irrilevanti" hanno "fatto infuriare" il senatore Mark Warner, un alto democratico del Senate Intelligence Committee, che ha criticato il rapporto di Twitter, definendolo "inadeguato a tutti i livelli".

Successivamente, il management della piattaforma ha incontrato Warner e altri legislatori democratici, che hanno rivelato l'esistenza di un "incentivo politico" per mantenere la questione dell''interferenza russa' come una notizia di primo piano, nonché le loro intenzioni di continuare con la pressione sui social reti per continuare a "produrre materiale". I membri del Congresso stavano seguendo le orme di Hillary Clinton, che all'epoca aveva accusato Twitter di essere "uno strumento per la guerra informatica di Mosca" contro gli Stati Uniti, sostiene Taibbi.





Di fronte alla crescente pressione, la piattaforma ha formato una "task force antirussa" per "indagare in modo proattivo su se stessa". Tuttavia, "la ricerca del complotto russo è stata un fallimento", poiché non è stata trovata alcuna prova di presunte interferenze russe. Indagini approfondite e migliaia di revisioni manuali hanno portato alla luce solo 32 "account sospetti" e solo 17 di loro avevano qualche collegamento con Mosca, inclusi due profili di Russia Today (RT).

Il "fallimento" della 'task force russa' nel produrre materiale ha aggravato la crisi delle pubbliche relazioni di Twitter, portando a un fiume di storie "riversate" sulla stampa dalla commissione intelligence del Senato in cui si accusava il social di eliminare "dati potenzialmente cruciali per le indagini " della presunta ingerenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016. Alcuni membri democratici del Congresso hanno successivamente minacciato un disegno di legge che avrebbe influenzato la politica pubblicitaria dei giganti della tecnologia. Di fronte a questa situazione, tra la crescente pressione di stampa e politica, Twitter si è finalmente "impegnata a lavorare con loro".

Ciò ha portato Twitter a cambiare idea sull'esiguità del suo problema con la Russia. E così il direttore delle politiche di Twitter, Carlos Monje, ha condiviso i punti salienti della legislazione che i senatori Warner, Klobuchar e McCain stavano introducendo.




I Twitter Files mettono a nudo senza possibilità di smentita chi vi ha mentito e chi ha fabbricato le fake news più grande degli ultimi cinque anni. Dal 2018, inoltre, i gangli del potere statunitense si sono organizzati per dare una struttura censoria e hanno creato un’agenzia, NewsGuard, con l’obiettivo di filtrare tutta l’informazione su motori di ricerca, browser e social media negli Stati Uniti. Dal 2019 questo abominio opera anche in Italia, offrendo “bollini rossi” a testate regolarmente registrate. La logica è chiara: impedire che un'informazione diversa da quella decisa da Washington possa essere filtrata ai cittadini. Si chiama censura. E' anticostituzionale. 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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