Ucraina: chi vuole davvero la pace e chi manda missili e droni sui civili

Ucraina: chi vuole davvero la pace e chi manda missili e droni sui civili

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di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Dopo l’attacco ucraino su Sebastopoli, con un missile americano ATACMS armato con bombe a grappolo e guidato in base a coordinate fornite da un drone RQ-4B “Global HAWK”, partito con ogni probabilità da Sigonella, il Ministro della difesa russo Andrej Belousov ha incaricato lo SM russo di reagire in maniera operativa alle provocazioni USA sul mar Nero.

Immediatamente dopo l’attacco di domenica scorsa alla spiaggia di Uchkuevka, che aveva provocato almeno cinque morti e oltre 120 feriti, tutti civili, Mosca aveva avvertito che l’ennesimo atto di terrorismo ukro-yankee «non rimarrà senza conseguenze». Ora, il Ministero della difesa dichiara in tono ultimativo che la Russia «non tollererà oltre droni americani sul mar Nero». Tanto più, di fronte all’intensificarsi dei voli di droni strategici USA sul bacino adiacente la Crimea, destinati ad attività di spionaggio, ma soprattutto a fornire le coordinate per gli attacchi ucraini portati con armi fornite alla junta nazigolpista dall’Occidente, a conferma dell’ormai aperto coinvolgimento USA-NATO-UE nella guerra in territorio ucraino.

Ma quali potrebbero essere i passi di Mosca per «reagire operativamente» alle azioni yankee? Dal Ministero degli esteri russo si è parlato di varianti diverse: «militari, o tecnico-militari». In base alle prime, i droni americani sul mar Nero potrebbero venire semplicemente abbattuti senza preavviso. Seguendo le seconde, le apparecchiature radioelettroniche russe possono venir triplicate di potenza, per mettere fuori uso i “cervelli" dei droni americani, mentre aerei di rilevamento radar a lungo raggio potranno accecare i segnali guida dei missili. Non è escluso che vengano disturbati anche i canali di comunicazione dei droni e degli aerei di radiolocalizzazione dai satelliti di ricognizione USA.

L’ammonimento del Ministero della difesa russo coincide con la notizia, diffusa dalla Reuters, secondo cui dal prossimo luglio Kiev comincerà a ricevere i tanto attesi F-16, di cui si parla almeno da oltre un anno: un periodo di tempo in cui Mosca ha avuto tutto il tempo di mettere a punto la propria contro-strategia. Ora, ai vertici golpisti, si “discute” sul numero “ottimale” di caccia in grado di rispondere alle necessità belliche: si va da una sessantina di velivoli a oltre il doppio.

Ma il fattore principale rimane come sempre quello umano: senza un adeguato addestramento dei piloti ucraini, quelle macchine possono venire abbattute alla prima uscita e sembra che Kiev si attenda di poter disporre, entro fine anno, di non più di una ventina di piloti addestrati per gli F-16. Aperta anche la questione del dove condurre l’addestramento: dagli USA fanno sapere che ciò potrebbe avvenire anche in Europa, pur con le sue limitate disponibilità. In ogni caso, avranno detto al Pentagono, è un problema degli europei, quello di sforbiciare i propri bilanci a vantaggio delle commesse militari.

Ancor più problematica la questione della manutenzione dei caccia: sembra che debba effettuarsi in territorio ucraino, anche se con personale occidentale esperto di tali velivoli. Ovvio che la permanenza degli aerei in territorio ucraino, li rende ghiotti bocconi per aviazione e missili russi, che già da qualche mese stanno metodicamente “sistemando a dovere” le possibili piste di volo ucraine.

Di contro, sorge l’ulteriore necessità per Kiev di ottenere altri sistemi di difesa aerea, da dislocare a guardia di quegli aeroporti: innanzitutto batterie “Patriot” e sistemi “NASAMS”, i cui costi andranno a sommarsi ai tagli a sanità e servizi sociali imposti dalle gerarchie euro-yankee di Bruxelles alle masse dei paesi europei e prontamente recepiti dai governi “nazionali” di pronta osservanza NATO, come è il caso specifico del nono pacchetto di forniture di armi italiane alla junta ukro-nazista, deciso il 27 giugno.

Perché, a dispetto dei proclami, ad esempio, di Herr Olaf Scholz, secondo cui Mosca «non vuole la pace, mente l’Ucraina la vuole: che sia giusta, senza sottomissione o timore di nuove aggressioni», la stessa sceneggiata di Bürgenstock ha mostrato chi davvero desideri metter fine al conflitto e chi invece non abbia altro scopo che dettare proprie condizioni ultimative a un interlocutore tenuto fuori dalla scena.

Una sceneggiata in ogni caso destinata volutamente al fallimento, dato che né la junta, né i suoi padrini hanno in mente alcunché che non sia la prosecuzione del confronto armato con la Russia, vantaggioso per gli appetiti ladreschi degli uni (anche sulla pelle dei propri militari, spesso usati come fonte viva di organi da smerciare al mercato nero occidentale) e necessario per i profitti dei complessi militar-industriali degli altri, anche a rischio di guerra aperta.

Se davvero attori e comparse di Lucerna avessero voluto qualcosa che consentisse almeno un cessate il fuoco, non avrebbero imposto il proprio diktat già nel marzo 2022 in Turchia, allorché russi e ucraini avevano esposto le proprie condizioni, accettabili per entrambi. Allora, il nazigolpista capo aveva approvato ed enunciato il verbo anglo-americano di continuare la guerra fino all’ultimo ucraino: cioè, fino al massacro completo del proprio popolo.

D’altronde, come ricorda efficacemente Timofej Belov sul canale “BajBajden”, tanto Zelenskij che Scholz e gli altri guerrafondai occidentali erano forti di una buona esperienza: quella maturata ai colloqui di Minsk del febbraio 2015, quando Petro Porošenko, Angela Merkel e Francois Hollande avevano pensato di burlare mezzo mondo con “trattative” sul cessate il fuoco. Il primo, aveva bisogno di una tregua, dopo le cocenti disfatte di Ilovajsk e Debaltsevo a opera delle milizie di L-DNR; i secondi - come hanno poi candidamente ammesso nel 2022 – erano alla ricerca di «un tentativo di dare tempo all'Ucraina» per rafforzarsi militarmente.

I risultati dei “giochi di guerra” euro-atlantici del “Minsk-1”, nel settembre 2014, e del “Minsk-2”, nel febbraio successivo, sono da tempo sotto gli occhi di tutti.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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