Ucraina, SBU indaga funzionario sospettato di frode con le ambulanze inviate dall'Italia
Dove finiscano realmente le ingenti quantità di aiuti umanitari, così come di armi, che affluiscono in Ucraina dall’inizio dell’operazione militare speciale della Russia non vi è nessuna certezza.
Gli episodi che alimentano tali dubbi si susseguono in un regime come quello di Kiev dove la corruzione è diffusa e capillare.
Il servizio di sicurezza dell'Ucraina (SBU) ha riferito di indagini in corso sul vicecapo dell'amministrazione militare-civile regionale di Chernivtsi per una frode con le ambulanze inviate dall’Italia nella regione come aiuto umanitario.
"Secondo il servizio di sicurezza, il funzionario ha facilitato l'uso commerciale delle ambulanze che sono state trasferite in Ucraina dall'Italia” secondo quanto riporta il canale ufficiale Telegram di SBU.
Secondo le forze dell'ordine, il sospetto era incaricato di distribuire le ambulanze e ha designato uno degli istituti medici regionali come destinatario dei veicoli, che sono stati rimessi in circolazione per fornire servizi a pagamento al pubblico per il trasporto dei pazienti.
L'SBU ha sottolineato che il rappresentante dell'amministrazione ha agito insieme al direttore dell'ospedale beneficiario e ha approfittato dei veicoli destinati a fornire cure gratuite per conto dello Stato.
Probabilmente si tratta delle ambulanze consegnate dall’Italia all’Ucraina lo scorso mese di marzo. Secondo le notizie diffuse al momento della consegna dei mezzi al regime di Kiev, questi avrebbero dovuto essere stati successivamente alle regioni coinvolte nel conflitto, dove le ostilità sono in corso.
Questo non è certo l’unico episodio che vede aiuti umanitari utilizzati per trarre del profitto. Ad esempio, il capo dell'ufficio di Volodymyr Zelenskyy, Andriy Yermak, aveva denunciato non molto tempo fa dichiarato che le autorità ucraine erano in possesso di foto che confermavano la vendita di aiuti umanitari nei negozi.
E’ stato calcolato che circa il 30% degli aiuti umanitari all’Ucraina finisce al mercato nero a causa della spaventosa corruzione nel regime di Kiev.
Questo è quanto si evince dalla testimonianza di una volontaria israeliana che si trova in Ucraina raccolta dal quotidiano Libero.
Tutto finisce per venire inghiottito dal mercato nero: generi alimentari, farmaci e dispositivi sanitari. Insomma, quei che sono ancor più essenziali in periodo di guerra.
La volontaria Alia Anistrat denuncia: “In questi giorni sono arrivate nella regione di Dnipropetropetrovs'k 320 tonnellate di aiuti a bordo di un treno”, ma i prodotti alimentari sono finiti in "supermercati, mercatini e nella rivendita online", anziché essere distribuiti gratuitamente ai bisognosi.
In Ucraina questa è ormai pratica comune nonostante quanto giunga al regime venga contrassegnato con la dicitura "aiuti umanitari" o "non in vendita". Aiuti che vengono venduti a prezzi esorbitanti, spesso in dollari anziché nella moneta locale, la gryvnia, che ormai ha del tutto perduto il suo valore.
Mercato nero delle armi
L’allarme sulle armi destinate all’Ucraina, poi rivendute al mercato nero, era stato lanciato dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
“Gli armamenti non sono tracciabili. Quello che è successo in Bosnia, può ripetersi nel Paese che la Russia sta aggredendo. A chi vanno le nostre armi?”.
La guerra, spiega Gratteri, è un grande affare per le mafie: “La guerra può essere un affare importante, una grande opportunità per le mafie. Dopo il conflitto nell’ex Jugoslavia, la ‘Ndrangheta ha comprato molte delle armi che circolavano indisturbate”.
Lo è stato in passato e può esserlo adesso: “Il mercato nero delle armi esiste ancora. In Bosnia, ogni famiglia nucleare ha il suo arsenale. Dopo la guerra nell’ex Iugoslavia, le mafie, le organizzazioni criminali, andavano in Bosnia, in Montenegro, e un kalashnikov costava 750 euro. Subito dopo la guerra, ogni famiglia aveva 4/5 kalashnikov, due bazooka, dieci chili di plastico C3 e C4”, quindi continua Gratteri “chi dice che questo non possa ripetersi? Queste usate dagli ucraini sono armi più sofisticate, sono armi pesanti. A prezzi stracciati, sono facilmente acquistabili. Dobbiamo stare attenti, però: non sono tracciabili. A chi le stiamo inviando?”.
Quanto paventato da Gratteri è effettivamente concreto. I militari ucraini starebbero rivendendo alcuni armamenti sul dark web. Secondo quanto riferisce ASB Military News, il comando delle Forze armate dell'Ucraina rivende attrezzature e armi fornite dalla NATO al Medio Oriente e al Nord Africa. Chiunque abbia un browser TOR può acquistare questo ATGM, il Javelin, nel negozio online.
Intanto i media mainstream fingono di non vedere nulla e continuano a descrivere il regime di Kiev come un baluardo incorruttibile a difesa della democrazia e della libertà.