Un accordo Biden-Trump al via libera degli ATACMS?

Chi dice che Trump non sia stato davvero al corrente dell'imminente escalation e non vi veda un mezzo per mercanteggiare ulteriormente, col “piano di pace”, che prevede proprio il concetto trumpiano di “pace attraverso la forza”?

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Un accordo Biden-Trump al via libera degli ATACMS?



di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Dal momento che non è dato sapere quando e come (sul “se”, dati i soggetti interessati, pare che ci siano pochi dubbi) i nazi-golpisti di Kiev si avvarranno del via libera che, come scritto dal New York Times, sarebbe stato dato da Washington all'impiego di missili a lunga gittata e alta precisione - secondo Le Figaro, anche Francia e Gran Bretagna avrebbero autorizzato Kiev all'uso di SCALP e Storm Shadow - per colpire in profondità il territorio russo, partiamo allora dai dati certi.

E questi sono rappresentati innanzitutto dalle parole pronunciate da Vladimir Putin lo scorso 12 settembre, allorché la questione era apparsa di preoccupante imminenza. Se la Casa Bianca darà il via libera a Kiev «ciò significherà nient'altro che il coinvolgimento diretto dei paesi NATO, degli Stati Uniti e dei paesi europei nella guerra in Ucraina. Sarà la loro partecipazione diretta e ciò, ovviamente, cambia in modo significativo l'essenza stessa del conflitto. Significherà che i paesi NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei sono in guerra con la Russia. E se è così, allora, tenendo conto del cambiamento della natura stessa di questo conflitto, adotteremo le decisioni appropriate in base alle minacce che ci verranno poste».

Passano appena due settimane e il 25 settembre Putin annuncia modifiche alla dottrina nucleare russa, per cui, d'ora in poi, le ragioni per il ricorso di Mosca all'impiego di armi nucleari possono essere costituite da un attacco al territorio russo con armi convenzionali, ma anche un attacco da parte di uno stato non dotato di armi nucleari, che agisca però con il sostegno di un paese detentore di armi nucleari. E va ricordato che tra i punti principali del cosiddetto “piano della vittoria” di Vladimir Zelenskij c'era proprio il via libera all'uso di missili a lunga gittata.

Si arriva alla vittoria elettorale di Donald Trump e al suo “piano” per portare Mosca e Kiev al tavolo dei negoziati volti a por fine al conflitto e al “regalo d'addio” di Biden a Trump sotto forma del via libera dato a Kiev all'impiego dei ATACMS. Stando alla Reuters, Kiev se ne servirà a breve per colpire la regione di Kursk, oppure, secondo Bloomberg, poco al di là. In teoria, la gittata di 300 km di tali razzi, consente ai nazigolpisti di colpire anche Smolensk, Lipetsk, Krasnodar, le regioni di Belgorod, Brjansk, Rostov e Voronež, come in passato hanno già colpito la Crimea, DNR, LNR, le regioni di Zaporž'e e Kherson. E non saranno gli ucraini a sparare, ma gli americani. Come nel caso di altre armi sofisticate, saranno gli istruttori yankee a identificare gli obiettivi, inserire le coordinate di volo, guidare i missili via satellite americano, lanciare insomma i propri missili dalla propria installazione HIMARS.

Tra le élite americane, si contano favorevoli e contrari alla decisione di Biden. A Mosca, concisa ma significativa la reazione del Ministero degli esteri russo: «Putin si è già espresso sul tema della decisione di colpire il territorio russo con missili occidentali a lungo raggio». In generale, però, il Cremlino sembra voler mostrare cautela e le principali agenzie sottolineano che Biden non ha ufficialmente confermato (ma nemmeno smentito) la notizia diffusa dal NYT. Tutto il mondo commenta la notizia, dicono osservatori russi, e solo Biden e Trump tacciono; Biden avrebbe potuto smentirla con una sola frase e Trump avrebbe potuto dire che avrebbe revocato il via libera non appena insediato. Pare proprio che, invece, la decisione sia stata concordata non solo tra britannici, francesi e la squadra di Biden, ma anche con Trump.

Vista da qui, sembra un po' come se a un lato del tavolo verde sieda un giocatore che dice di voler alzare la posta, all'inizio, solo per studiare la reazione dell'avversario e questi, a sua volta, faccia mostra di indifferenza alle mosse del primo. E, per chi mastica un po' di storia, la questione ricorda un po' la famosa dichiarazione della TASS del 14 giugno 1941, in cui, per far capire a Berlino che Mosca sapeva dei preparativi d'attacco, era detto che «sulla stampa inglese e straniera hanno cominciato a circolare voci sul “approssimarsi di una guerra tra URSS e Germania”... che avrebbe iniziato a concentrare le proprie truppe ai confini dell'URSS per attaccarla... Nonostante l'evidente insensatezza di queste voci, i circoli responsabili di Mosca hanno comunque ritenuto necessario... autorizzare la TASS a dichiarare che queste voci sono una propaganda maldestramente architettata da forze ostili a URSS e Germania, interessate a un'ulteriore espansione e allo scatenamento della guerra», ecc. Il 22 giugno gli hitleriani attaccavano l'URSS. A quasi novant'anni di distanza, c'è da augurarsi che, per mano degli epigoni ucraini dei nazisti tedeschi, i guerrafondai yankee non ripetano lo stesso errore di Hitler.

A ogni buon conto, bisogna tenere a mente che, ieri, il deputato della Duma Andrei Gurulev ha eloquentemente ricordato su Telegram i punti fermi della nuova dottrina nucleare russa, come ricordati sopra: nel caso Kiev (?) si decida al passo, «ci sarà un'immediata direttiva operativa dello SM e del Comandante Supremo: i sottomarini salperanno per le zone operative assegnate; l'aviazione a lungo raggio si sposterà verso le basi di guerra; la 12° direzione provvederà a fornitura e dislocazione dello speciale munizionamento; le forze missilistiche strategiche raggiungeranno le posizioni di lancio dei missili». A suo dire, dopo tali misure, è improbabile che qualcuno tenda a lanciare missili contro il territorio russo; a ogni modo, dice Gurulev, «per cominciare, sposterei 1 o 2 divisioni di missili “Iskander”, nella loro variante nucleare, ad Anadyr per minacciare direttamente l'Alaska». Poi si vedrà.

La domanda che si pongono non pochi osservatori russi è però quella sul perché la Casa Bianca si sia decisa al passo proprio ora e a cosa ciò possa portare. Irina Alksnis scrive su RIA Novosti che si tratta di un copione tipico: un lancio dei media, non confermato, per vedere la reazione di Mosca; quindi una “carota” alla Russia, in modo che non reagisca troppo bruscamente e cioè che Trump, tra due mesi, potrebbe annullare la decisione di Biden. Al momento, USA e UE «attendono nervosamente la risposta di Mosca: se la reazione spaventerà americani e europei, allora ci sarà una rapida ritrattazione del insider; se invece sembrerà che la Russia non rischierà una guerra mondiale a causa dei missili NATO lanciati contro il proprio territorio, allora ci si dovrà davvero attendere» l'attacco “ucro”-americano.

Su Komsomol'skaja Pravda, il colonnello Viktor Baranets ipotizza che si tratti di una volgare “vendetta” di coloro che stanno «facendo le valigie», intendono intensificare l'escalation in modo che per Trump sia difficile arrestarla e, soprattutto, sono legati al complesso militare-industriale americano, che vuole in ogni modo “continuare il banchetto” delle commesse di guerra. Baranets non esclude nemmeno che Biden e la sua squadra pensino a far saltare l'insediamento di Trump, chiedendo la riapertura delle false indagini contro di lui come “agente di Mosca”, arrivando poi a uno scontro militare con la Russia.

Tornando ai missili “ucraini”, Baranets parla di diverse varianti di risposta russa: abbattere tutto ciò che vola in direzione della Russia; aumentare drasticamente gli attacchi contro obiettivi militari e militari-industriali in Ucraina, fino ai quartieri generali e ai bunker dei capi nazisti e dei loro consiglieri stranieri. Ipoteticamente, dice, si potrebbero colpire anche le basi USA in Europa e persino considerare l'uso di armi nucleari. Ma tali opzioni dipenderanno esclusivamente dal comportamento di USA e NATO. Il colonnello russo non si sente di escludere nemmeno che la decisione di Biden porti a una guerra mondiale: «la sua massima probabilità è che scoppi nei prossimi due mesi, se Biden e la sua cricca cercheranno di provocare ulteriormente Mosca prima dell'insediamento di Trump, per evitare che l'Ucraina perda».

Come che sia, nota la russa RT, appena un'ora dopo che il New York Times aveva diffuso la notizia del via libera, la CNN titolava a caratteri cubitali che «l'uso degli ATACMS non fa che alzare la posta in gioco nella guerra che Trump erediterà». Qualcuno della squadra vincitrice delle presidenziali ha detto che la decisione di Biden «potrebbe essere riconsiderata»; ma, ci sono ancora due mesi davanti e Trump, prima di entrare in carica, non ha l'autorità per decidere “può” o “non può”.

E, soprattutto, chi dice che Trump non sia stato davvero al corrente dell'imminente escalation e non vi veda un mezzo per mercanteggiare ulteriormente, col “piano di pace”, che prevede proprio il concetto trumpiano di “pace attraverso la forza”?

Che non si possa escludere un accordo Biden-Trump, lo ipotizza anche il politologo Jurij Svetov, parlando ai microfoni di News-front.su. Innanzitutto, afferma Svetov a proposito del “via libera” yankee, gli americani «non danno alcun permesso, non ne hanno bisogno ... si impegnano ad aiutare l'Ucraina a lanciare questi missili e a guidarli con l'aiuto del sistema satellitare statunitense». Ma, soprattutto, le probabilità di un'escalation sono alte, poiché Biden lascerà presto la presidenza e la responsabilità di tutte le sue azioni ricadrà su Trump. Inoltre, se Biden e Trump si fossero «messi d'accordo? Se durante il loro incontro Biden avesse detto a Trump: “Ora organizzerò un'escalation, questo ti permetterà di contrattare da una posizione più favorevole quando farai pressione sui russi”. Non si può escludere nemmeno questo».

Ma, peggio di ogni altra variante, aggiungiamo: come si fa a escludere un nuovo “22 giugno” e che tutto questo “gioco” ci porti diritti alla guerra mondiale?

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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