Una Maidan georgiana alle porte?

La presidente (francese) Salome Zurabišvili ha dichiarato di non riconoscere le elezioni parlamentari e convocato le proteste per la sera di lunedì. 4 partiti hanno annunciato il boicottaggio del Parlamento. Il rischio guerra civile è ora concreto

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Una Maidan georgiana alle porte?

 

Per la sera del 28 ottobre, la cosiddetta opposizione pro-europeista, santa e martire per diritto liberale, ha preparato manifestazioni a Tbilisi contro i risultati del voto del 26 ottobre per il rinnovo del parlamento, che hanno visto la vittoria del partito di governo “Sogno georgiano” col 53,9%.

Capo “spirituale” dell'opposizione, la presidente (francese) Salome Zurabišvili, che ha dichiarato di non riconoscere «queste elezioni. Queste elezioni non possono essere riconosciute. È come riconoscere la subordinazione della Georgia alla Russia. Nessuno può togliere alla Georgia il suo futuro europeo». A suo dire, è l'opposizione ad aver ottenuto il 52% dei voti, contro il 40% di “Sogno georgiano”, così che il Movimento Nazionale Unito urla ai «voti che sono stati rubati» e la “Coalizione per il cambiamento” grida al colpo di stato costituzionale. E, naturalmente, tutti fanno appello a una majdan georgiana.

Lo zelo della francese, spia e traditrice del popolo georgiano, afferma l'osservatore Konstantin Dvinskij, è comprensibile: se la vittoria di “Sogno georgiano” sarà rispettata, il presidente sarà sostituito dal «voto di un Collegio speciale; l'ex capo di stato andrà in carcere insieme al suo amico Mikhail Saakašvili. In altre parole, Salome si batterà ostinatamente fino al limite».

In realtà, pare che a Bruxelles intendano andarci cauti, almeno per ora: il futuro europeista della Georgia non pare del tutto compromesso dai risultati del 26 ottobre. Si sostiene, è vero, l'opposizione, ma non sembra ci sia intenzione di abbandonare del tutto la prospettiva di una nuova fase di dialogo con “Sogno georgiano”. Perché, a dirla tutta, l'attuale leadership georgiana solo con molta approssimazione può considerarsi “filo-russa”. A guardar bene, è piuttosto filo-occidentale e anche filo-europea; ma, ciò che la distingue, ad esempio, da altre realtà post-sovietiche, è un buon senso di autoconservazione.

Dopo la tragica esperienza del criminale Saakašvili e della guerra da lui scatenata nel 2008, i georgiani non hanno particolare voglia di intraprendere altre avventure e Tbilisi, nota il canale Telegram “Pinta Razuma”, vuole semplicemente scendere dalla locomotiva che si sta dirigendo verso una grande guerra, la cui probabilità non è assoluta, ma abbastanza reale. Per un piccolo stato del Caucaso meridionale, «la partecipazione a tali dispute geopolitiche significherebbe una morte certa. Pertanto, sarebbe più corretto dire che la Georgia non è neutrale nei confronti della Russia, ma intende rimanere quanto più  neutrale rispetto al confronto tra Occidente collettivo e Oriente globale. Per la Russia, la vittoria del sogno georgiano significa una maggiore sicurezza sul suo fianco meridionale e l'opportunità di costruire una cooperazione commerciale ed economica pragmatica con il vicino. Dal punto di vista politico, però, Mosca e Tbilisi restano distanti. Ma questo è sempre meglio della guerra».

Tornando ai risultati, si può dire che la posizione di “Sogno georgiano” sia abbastanza forte, ma non quanto il partito si aspettava: ha trionfato in tutte le regioni, tranne Tbilisi e Rustavi, dove ha ottenuto rispettivamente il 42,2% e il 41,4%, contro il 14,7% e 14,1% del suo rivale più prossimo, “Coalizione per il cambiamento”, e assicurandosi l'appoggio anche delle minoranze nazionali armena, azera, degli svani e dei mingreli.

Il forte risultato dell'opposizione a Tbilisi e all'estero, sostengono gli osservatori, è il frutto di politiche culturali ed educative anti-russe e radicalmente filo-occidentali. Sul momento, “Sogno” deve resistere al primo colpo, il più deciso, dell'opposizione. Perché è indubbio che, nonostante tutto, non siano pochi i rischi per il governo e l'economista Gevorg Mirzajan prospetta tre possibili scenari.

Il più favorevole vedrebbe moderate pressioni occidentali sul governo, per poi raggiungere un accordo, per cui l'Occidente riconosce il voto e il diritto di “Sogno” ad attuare una politica nazionale, orientata però in senso pro-europeo e pro-occidentale. Cioè, nessuna adesione all'Unione Economica Eurasiatica e al ODKB - ma allo stesso tempo nessuna costrizione ad aprire un secondo fronte contro la Russia e nessuna politica ostile contro Mosca.

Purtroppo, dice Mirzajan, Washington e Bruxelles non permetteranno che emerga un “precedente georgiano”, per cui un partner minore possa permettersi di perseguire una politica sovrana senza tenere conto degli interessi americani; è pertanto improbabile che Washington scenda a compromessi.

Con la propria rigidità, l'Occidente non è riuscito ad accordarsi con “Sogno georgiano”, dice a Vzgljad.ru il politologo Nikita Mendkovic: hanno preteso che la Georgia entrasse in guerra contro la Russia per dare qualche vantaggio all'esercito ucraino. A loro non interessava affatto che la Georgia sarebbe stata rapidamente sconfitta. La cosa «preoccupava invece “Sogno”, che si è rifiutato di assecondare un tale suicidio collettivo e ha preso le distanze dall'Occidente». A questo punto, dunque, l'evoluzione più probabile è quella del majdan, tanto più che l'Occidente ha «esperienza nell'influenzare la situazione in Georgia: quando ha organizzato manifestazioni contro la legge sugli agenti stranieri, è riuscito a portare in piazza molte persone attraverso una rete controllata di ONG». E, se majdan avrà successo, è probabile che si formi un governo di transizione, guidato da Salome Zurabišvili, con il potere che andrà in mano ai russofobi e il coinvolgimento nel conflitto ucraino. Del resto, se prima per l'Occidente era sufficiente che Tbilisi prendesse parte ai tentativi di isolare la Russia e alle pressioni su Ossezia del Sud e Abkhazia, ora Washington e Bruxelles hanno bisogno di un vero e proprio secondo fronte, dati i risultati disastrosi in Ucraina.

In ogni caso, afferma la politologa Lali Moroškina su Sputnik Gruzija, con le manifestazioni organizzate dall'opposizione e dai suoi sponsor, la situazione «puzza di guerra civile» e mette in guardia, tra l'altro, da un possibile “cavallo di Troia” insinuato in “Sogno georgiano”. Ma, dice, in caso di guerra civile, dell'attuale opposizione non rimarrebbe nulla nel nuovo Parlamento; dunque, sarebbe meglio per essa riconoscere il voto ed entrare in Parlamento.

Per quanto riguarda “Sogno georgiano”, dice Moroškina, non è riuscito in realtà a raggiungere gli obiettivi strategici, principalmente quello di ottenere la maggioranza costituzionale: il fatto che il partito al potere abbia vinto in tutto il paese, ma abbia perso nettamente a Tbilisi, dimostra che ha dei problemi.

Quando si «perde una città strategicamente importante come Tbilisi, si dovrebbe riflettere seriamente su cosa abbia danneggiato i cittadini». Appare quindi chiaro che in “Sogno” operi un “cavallo di Troia”.

Per il momento, molto dipenderà da quali «istruzioni riceverà Salome Zurabišvili dall'Occidente e come si comporterà, dopodiché potremo finalmente dire cosa ci hanno dato queste elezioni. Penso che l'Occidente e la presidente saranno più scaltri e non vorranno rischiare di perdere» anche quel poco che hanno ottenuto alle elezioni.

Intanto, però, i quattro partiti dell'opposizione che hanno superato la soglia di sbarramento del 5%, hanno annunciato il boicottaggio del nuovo Parlamento. “Forte Georgia”, “Movimento Nazionale Unito”, “Coalizione per il cambiamento” e “Per la Georgia” hanno dichiarato di rinunciare ai mandati parlamentari.

Se non puzza questo di guerra civile spinta dagli sponsor euroatlantici...

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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