UniCredit, Bpm e la guerra del capitalismo finanziario al risparmio gestito
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di Alessandro Volpi*
La guerra del capitalismo finanziario passa ormai dal risparmio gestito. L'Offerta pubblica di scambio lanciata dal ceo di Unicredit, Andrea Orcel, nei confronti di Bpm sembra voler coronare e dare un senso all'acquisto da parte dello stesso Bpm, insieme a Caltagirone e Delfin, di Anima e della quota privatizzata di Mps, che di Anima è la banca "distributrice". L'Offerta pubblica di scambio in questione ha un valore di oltre 10 miliardi di euro e prevede un aumento di capitale di Unicredit del 13,9%. L'obiettivo, al di là delle dichiarazioni di Orcel, è chiaro: creare un colosso del risparmio, dominato da Unicredit, con oltre 20 milioni di clienti che contenda il dominio del risparmio gestito europeo alle Big Three. Si tratta dell'attuazione del Rapporto Draghi e del Piano di competitività di Letta; tenere in Europa i famosi 33 mila miliardi di euro di risparmi europei, attraverso la creazione di colossi, magari sostenuti dalla Commissione europea, disponibile ad ampie deroghe in materia di concentrazione monopolistica e solerte nell'avviare un mercato unico dei capitali dove tali monopoli possano scorrazzare.
La partita decisiva in tale senso però è duplice: i nuovi colossi europei devono trovare in Europa impieghi remunerativi per azionisti e clientela, altrimenti continuerà la trasmigrazione del risparmio verso gli Stati Uniti, nonostante il nuovo assetto europeo, e, al tempo stesso, devono resistere alle pressioni delle stesse Big Three che ormai molte delle banche europee hanno in pancia. In questo senso è fondamentale capire se la possibile aggregazione Unicredit-Commerzbank si faccia sotto l'egida degli azionisti europei o sotto le insegne di BlackRock, grande azionista di entrambi gli istituti. Certo, l'elezione di Trump sembra aver indebolito le Big Three e, paradossalmente, rianimato la destra liberal europea. Sì, la destra liberal, perché i colossi europei del risparmio gestito avranno bisogno, come le Big Three, della demolizione degli Stati sociali per avere una maggior massa di risparmiatori in cerca di polizze e fondi.
La partita decisiva in tale senso però è duplice: i nuovi colossi europei devono trovare in Europa impieghi remunerativi per azionisti e clientela, altrimenti continuerà la trasmigrazione del risparmio verso gli Stati Uniti, nonostante il nuovo assetto europeo, e, al tempo stesso, devono resistere alle pressioni delle stesse Big Three che ormai molte delle banche europee hanno in pancia. In questo senso è fondamentale capire se la possibile aggregazione Unicredit-Commerzbank si faccia sotto l'egida degli azionisti europei o sotto le insegne di BlackRock, grande azionista di entrambi gli istituti. Certo, l'elezione di Trump sembra aver indebolito le Big Three e, paradossalmente, rianimato la destra liberal europea. Sì, la destra liberal, perché i colossi europei del risparmio gestito avranno bisogno, come le Big Three, della demolizione degli Stati sociali per avere una maggior massa di risparmiatori in cerca di polizze e fondi.
Il ministro Giorgetti ha dichiarato che il governo potrebbe intervenire con lo strumento della Golden power per fermare l’Offerta pubblica di scambio varata da Orcel. E’ chiaro che l’esecutivo aveva in mente un terzo polino quasi italiano con Caltagirone, Eredi Del Vecchio, Anima, Bpm e MPS, magari non insensibile alle sirene del governo, e ora la mossa di UniCredit scompagina quel piano. Giorgetti sembra non capire che ormai con l’attuale Commissione Von Der Leyen, ispirata del Rapporto Draghi, non c’è più spazio per piccoli player e che la partita è quella delle mega aggregazioni per la conquista del risparmio gestito. UniCredit vuole essere una di quelle e semmai lo scontro sarà tutto interno fra Allianz e BlackRock, i suoi azionisti, per decidere se tale aggregazione sarà a stelle e strisce o meno.
*Post Facebook del 25 e 26 novembre 2024
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