Verità per Khassogi
Piccole Note
La scomparsa del gionalista Jamal Khassogi sta incrinando ulteriormente i rapporti tra Turchia e Arabia Saudita, già erosi. E rischia di offuscare ancora di più l’immagine di Mohamed bin Salman.
Il giornalista era espatriato da quando il principe ereditario aveva preso il potere in Arabia Saudita e, dall’estero, aveva firmato molti articoli critici verso il nuovo corso. La sua sparizione è un giallo.
Khassogi: cronologia di una sparizione
Tutto inizia il 28, giorno in cui è fissato un appuntamento presso il Consolato dell’Arabia saudita di Istambul, dove Khassogi deve prelevare un documento necessario a sposare una cittadina turca, Hatice Cengiz.
L’appuntamento è rinvitato e il giornalista è invitato tornare il 2 ottobre. In quella data, verso le 13, si reca nel Consolato, con evidente timore, dal momento che lascia detto alla fidanzata di chiedere aiuto nel caso non ne fosse uscito. Come poi è successo, almeno a stare alle autorità turche.
L’Arabia saudita nega le accuse, spiegando che invece Khassogi è uscito dall’edificio e scomparso dopo.
Il giallo si arricchisce di un particolare. Il giorno della scomparsa, secondo fonti turche, verso le 3 del mattino, all’aeroporto Ataturk atterra un charter privato che trasporta nove funzionari dei servizi segreti sauditi.
I suddetti prendono alloggio in alberghi situati nelle vicinanze del Consolato, registrandosi per tre giorni. ma invece ripartiranno la sera stessa.
Sempre secondo fonti turche, che hanno mostrato video in proposito, verso le 4 del pomeriggio sei furgoni scuri sarebbero usciti dal Consolato, diretti alla residenza del Console, presso la quale sarebbero rimasti parcheggiati quattro ore, insieme ad altri due veicoli sopraggiunti nel frattempo.
Una residenza più vuota del solito, dato che al personale turco era stato concesso un giorno di libertà.
Verso le 17 un altro aereo saudita, con a bordo altri agenti del Regno, sarebbe atterrato all’aeroporto di Istambul per ripartire circa un’ora dopo.
La repressione di bin Salman
Gli elementi convergono a dare un quadro siffatto: avvertiti dell’appuntamento al Consolato, i servizi segreti sauditi avrebbero dato istruzioni di rimandare a data successiva, prendendo tempo per far scattare la trappola.
La mattina dell’appuntamento vengono inviati alcuni funzionari a Istambul, che arrivano al consolato dove prendono in consegna il giornalista e lo portano alla residenza del Console.
Quindi, dopo ore, ripartono per la Riad, con un aereo fatto arrivare allo scopo. All’inizio i turchi avevano ipotizzato che Khassoggi fosse stato rapito.
Ma se così fosse, dopo la denuncia sarebbe stato fatto riapparire in pubblico. Invece l’insistito diniego saudita di qualsiasi addebito fa immaginare un quadro più inquietante.
Secondo una fonte anonima, ospitata oggi sul New York Times, Khassoggi sarebbe stato ucciso e tagliato a pezzi nel Consolato, e le sue spoglie fatte sparire.
Nuove ombre si addensano dunque sul principe ereditario, dato che la scomparsa del giornalista non è passata affatto inosservata. Anche i media americani si chiedono “Where is Jamal Khassogi“?
E oggi la fidanzata del giornalista ha fatto un appello a Trump per far luce sulla vicenda.
Va ricordato che il principe già in passato ha dato prova di certa spregiudicatezza, in particolare quando ha rapito il primo ministro libanese Saad Hariri.
Questo nuovo mistero ne oscura ancora più l’immagine, Proprio in questi giorni i giornali arabi indicano che sarebbero almeno 3mila le persone arrestate nel Regno, tra intellettuali, religiosi e altri dissidenti. Tra questi, almeno 15 giornalisti, secondo Reporter sans frontières. Cifre da repressione.
Il fatto che l’Arabia Saudita faccia parte della squadra dei “buoni”, a differenza dei “cattivi” iraniani, dà una qualche copertura al principe. Da vedere se basterà a salvarlo da questa nuova ondata di riprovazione.
Il suo trovo è vacillante, come abbiamo scritto in altra nota. La sparizione del giornalista attirerà nuove simpatie all’opposizione interna, sempre più solida e articolata.