Vietnam, le direttrici del nuovo corso

1986
Vietnam, le direttrici del nuovo corso

Si è celebrato a gennaio il 13° Congresso Nazionale del Partito Comunista del Vietnam (PCV), conclusosi con l’elezione dei membri effettivi e supplenti del Comitato Centrale del Partito e la riconferma, per un terzo mandato di fila, a Nguyen Phú Trong come segretario generale. Oggi si completa l’elezione dei massimi dirigenti del Paese, seguendo la regola dei “quattro pilastri”, adottata sin dagli anni ’90 e che prevende la costruzione della leadership per consenso e nel rispetto del centralismo democratico del PCV, affidando a quattro differenti dirigenti i ruoli apicali del paese: Segretario Generale del Partito, Presidente dello Stato, Primo Ministro e Presidente dell'Assemblea Nazionale. 

Così l’XI sessione della 14ª Assemblea nazionale ha eletto il 5 aprile scorso le nuove figure apicali: l’ex premier Nguyen Xuan Phuc è stato eletto come nuovo Presidente, Vuong Dinh Hue come nuovo presidente dell'Assemblea nazionale e del Consiglio elettorale nazionale e l’ex Responsabile Organizzazione del Partito, Pham Minh Chinh, è asceso al ruolo di primo ministro del paese, andando a dirigere il governo del paese.

La nuova leadership eredita una situazione fatta di importanti successi sia sul piano economico che sociale. Iniziamo dal primo: il Pil del paese ammonta a 343 miliardi di dollari (37° posto nel mondo), registrando tassi di crescita tra i più significativi (l'Ufficio generale di statistica del Vietnam ha dichiarato il 2,9%) ed una previsione per il 2021 del 6,5%. L’obbiettivo di crescita del quinquennio 2021-2025 è del 6,5 – 7%. Mentre l’occidente è in crisi economica e la ripresa stenta ad arrivare, il Vietnam corre, piazzandosi tra i 10 paesi in più rapida crescita, e raggiungendo il quarto posto nell'ASEAN in termini di PIL pro capite. Parliamo di una delle 16 economie emergenti, con alcuni settori che anche durante il periodo pandemico hanno continuato a correre, rappresentando una quota importante dell’export del paese. Questi risultati si accompagnano ad una campagna di prevenzione e controllo della diffusione da Covid-19, come pochi paesi al mondo sono stati in grado di fare, al punto che oggi, mentre qui in Italia siamo afflitti dalla terza ondata e dai danni permanenti all’economia, la parola d’ordine del paese del sudest asiatico è stata quella di tutelare l’economia, potendo vantare uno dei tassi più bassi di deceduti da Covid al mondo (35 dall’inizio della pandemia). E questo rende il paese ancora più competitivo e promettente dal punto di vista economico. Non dimentichiamoci mai che, essendo il Vietnam un paese emergente, questo sviluppo economico è un aspetto essenziale per la modernizzazione della nazione e dello sviluppo delle forze produttive, indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi di benessere e sviluppo fissati dal PCV che, dopo aver lottato eroicamente contro gli occupanti e gli invasori ed aver guadagnato l’indipendenza nazionale sul piano militare e politico, oggi lavora alacremente per affrancarsi da ogni forma di condizionamento economico e perseguire il benessere della propria popolazione.

Il rafforzamento della via socialista del Vietnam passa infatti per lo sviluppo economico della nazione, nella riduzione dal divario tecnologico con gli altri paesi e nell’investimento sociale che accompagna questo percorso.

È questo il quadro economico che il nuovo gruppo dirigente vietnamita eredita e, per capire dove andrà il paese e quali scelte adotterà, bisogna guardare come si muoverà il governo sotto al guida del nuovo premier.

Pham Minh Chinh, 62 anni, è un quadro politico di lunga esperienza politica: laureato come tanti giovani della sua generazione in un paese socialista europeo, vi è poi ritornato nel corso della sua carriera come diplomatico. A dispetto della laurea in ingegneria civile, ha perfezionato gli studi prendendo da adulto una seconda laurea in giurisprudenza. Dopo un lungo lavoro presso il Ministero degli Interni è entrato nel Comitato Centrale del Partito nel corso dell’11º Congresso e da quel momento la sua carriera è stata rapida, diventando al congresso successivo membro dell’Ufficio Politico, Segretario del CC e Responsabile del Dipartimento Organizzazione, la potente struttura del Partito che, tra le altre cose, ha il compito delle nomine e del personale del Partito e del Paese. 

Agli studi in ingegneria e legge ha aggiunto quelli pratici in economia, che lo hanno portato a pubblicare un libro che nel paese ha avuto un importante successo: "L'economia del Vietnam: vicissitudini e progressi", inserito anche nella biblioteca di Harvard. In questo testo Pham analizza sia la crisi economica globale iniziata nel 2007-2008, compie dei flashback per analizzare i momenti di svolta economici del Vietnam, come l’epoca del Doi Moi (rinnovamento). Qui possiamo leggere le analisi economiche del leader vietnamita e cercare di prevedere, per questa via, le scelte che farà ora che è alla guida dell’economia del paese. 

Tuttavia, per meglio capire il profilo di “uomo di governo” di Pham, è interessante osservare la sua esperienza da segretario della provincia di Quang Ninh, sulla costa nordorientale del paese. Una esperienza relativamente breve (è stato in carica per 4 anni, nel periodo 2011-2015) ma improntata alla completa trasformazione economica della regione, da un’economia “nera” (perché qui si estrae carbone) ad un’economia “verde” su impulso del turismo e della produzione industriale di nuovo tipo. Se infatti l’agricoltura ed il turismo hanno rappresentato per lungo tempo i driver economici del paese (non dimentichiamoci che parliamo della provincia dell’incantevole Baia di Ha Long, designata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco), la guida dell’attuale premier si è contraddistinta per un’apertura alle esperienze della regione che sono state in grado di attirare gli investimenti diretti esteri ed ha studiato come istituire delle Zone economiche speciali anche in Vietnam (per una certa fase si è studiata l’ipotesi anche di istituirne una proprio a Quang Ninh), per accrescere i collegamenti internazionali e lo sviluppo tecnologico e commerciale del paese.

Per provare a volgere lo sguardo in avanti e cercare di capire come evolverà il paese, è interessante prendere in rassegna l’attitudine di Pham Minh Chinh alle riforme per rendere il sistema di governance del PCV più efficace. Ha provato a snellire la macchina burocratica quando era a capo di Quang Ninh, ma la riforma è stata molto lenta. Nel frattempo però sia la città di Hanoi che Ho Chi Minh City hanno ottenuto il permesso di eliminare i consigli popolari distrettuali nel prossimo mandato e questo apre la strada ad una possibile riforma messa in campo dal premier: l’accorpamento a livello locale dei ruoli di partito e quelli di governo, permettendo ai segretari locali del PCV di diventare automaticamente presidente del comitato popolare o del consiglio popolare, come discusso proprio nel corso del congresso appena terminato. 

 

Oltre a questa riforma amministrativa, gli analisti concordano nell’attendersi dal mandato appena iniziato una grande spinta verso la comunicazione digitale, l'automazione e l'intelligenza artificiale, poiché queste presentano sfide socio-economiche significative per un paese così giovane e dinamico.  

Parlando alla cerimonia di inaugurazione che lo ha eletto premier, Pham Minh Chinh ha indicato le cinque direttrici strategiche del suo mandato. La prima è relativa al processo di decentramento a cui abbiamo fatto riferimento prima, definendo bene i ruoli ed i compiti perché tale processo avvenga in modo ordinato e coordinato. La seconda riforma chiave, diretta conseguenza della prima, è la definizione del processo di costruzione dello Stato di diritto socialista, con al centro l’interesse del popolo vietnamita (nelle parole del neo-premier: “Stato di diritto socialista del popolo, dal popolo, per il popolo”, proprio ad indicare che il popolo è sia il destinatario delle azioni di governo che la fonte di legittimità del Partito e dello Stato socialista). In questo senso, vanno lette le dichiarazioni dure contro la corruzione e l’invito invece ad osare (“osare di pensare, osare di fare, osare di assumersi responsabilità per il bene comune”), un invito a tutti gli innovatori a dare il proprio contributo per la nazione. In terzo luogo, il Vietnam dei prossimi anni sarà caratterizzato da un forte processo di innovazione tecnologica e sviluppo scientifico, creando le migliori condizioni per lo sviluppo industriale e delle imprese, rimuovendo ostacolo e barriere tecnologiche oggi presenti. La quarta direttrice strategica indicata nel corso del discorso attiene invece al tema dell’indipendenza e della sicurezza nazionale. Le conquiste delle generazioni precedenti sono la precondizione per lo sviluppo di un paese sovrano, libero ed indipendente. Infine il Premier Pham ha fatto cenno alla ricchezza culturale del popolo vietnamita, come chiave di uno sviluppo socio-economico, in grado di affrontare non solo le sfide sociali ma anche garantire politiche adeguate a preservare l’unità del popolo vietnamita, così ricco di minoranze. 

 

Nel corso del 13° Congresso, il Partito Comunista del Vietnam si è posto come obbiettivo quello che la nazione raggiunga lo status di paese a reddito medio-alto con un’industria moderna entro il 2030, centenario di fondazione del PCV e quello di paese sviluppato a reddito alto entro il 2045, centenario di fondazione della Repubblica Socialista. Per raggiungere questi traguardi, dato che l’economia è altamente dipendente dal commercio e dagli investimenti esteri (ed in un contesto globale che si sta sempre più surriscaldando), la leadership vietnamita dovrà, secondo alcuni analisti, innescare una forte transizione proprio nei prossimi 5-10 anni, per rafforzare la produzione domestica – soprattutto nel settore manifatturiero – e diventare più autosufficiente e meno vulnerabile di fronte agli shock internazionali. Una sfida interessante per un paese che ha già dimostrato di essere in grado di adottare profondi cambiamenti e raggiungere importanti traguardi, come il caso della ratifica dell’accordo di libero scambio tra UE e Vietnam e quello sulla protezione degli investimenti, che ha aperto una nuova stagione negli scambi euro-vietnamiti e che può offrire alle economie del continente un’opportunità interessante in questo momento di grande crisi.

 

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