Vincenzo Costa - Sull'antisemitismo
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di Vincenzo Costa
Quei rigurgiti di antisemitismo che si esprimono in atti come l’oltraggio alle pietre di inciampo o nella profanazione di luoghi dell'ebraismo esprimono, nella forma più vigliacca e volgare possibile, la volontà di cancellare la memoria, offendono milioni di vittime innocenti, donne, bambini, uomini che nulla di male avevano fatto e nessuna colpa avevano se non quella di essere ebrei.
È un oltraggio al dolore innocente, e va combattuto in tutti modi, con la legge, con la cultura e, se necessario, per le strade, fisicamente.
Quei gesti e quegli individui non possono essere tollerati, alludono a un passato che mai più deve tornare. È un oltraggio a tutti noi, perché quei morti sono nostri morti.
Una cosa è combattere le politiche di Israele, stigmatizzare il genocidio in corso e il razzismo che guida la politica dello stato di Israele, un’altra è l’antisemitismo.
Noi non combattiamo la politica di Israele perché siamo antisemiti, ma perché odiamo ogni razzismo, sia quello verso gli ebrei sia quello che gli ebrei esercitano sugli altri.
Sappiamo che non si può combattere l’antisemitismo senza combattere ogni razzismo, senza combattere l’idea stessa di razza, questo lurido residuo di un passato superstizioso, volgare, neanche tribale, perché è più retrogrado del tribalismo.
La maniera di essere fedeli alle vittime innocenti di allora è quello di stare dalla parte delle vittime innocenti di ora. È per fedeltà a quelle vittime innocenti di allora che stiamo dalla parte delle vittime innocenti di adesso.
Gli Israeliani hanno scelto di fare loro una politica fondata sulla razza, sul sangue, in un misto di superstizione e fanatismo che offende le vittime della Shoah.
Lo offende un rappresentante di Israele quando, proprio nel momento in cui migliaia di donne e bambini muoiono sotto una tempesta di fuoco – e si calcola che le bombe scaricate su una minuscola striscia di terra corrispondano a una volta e mezza la bomba atomica sganciata su Hiroshima – si presenta con la stella di Davide sul petto, quando si usa la shoah per giustificare il genocidio in corso, lo offendono quegli ebrei che, su questo mezzo, scrivono che bisogna “eradicare” il problema, con un termine sinistro che ricorda la soluzione finale, lo offende l’ex ambasciatore di Israele in Italia quando, con un atteggiamento da invasato, dice che Gaza va rasa al suolo.
Ma su quelle pietre bisogna continuare a inciampare, quei morti sono i nostri morti, vittime di una follia omicida e razzista che non bisogna smettere di combattere, da qualsiasi parte provenga.
Contro ogni razzismo, la nostra cultura è che tutti gli uomini sono uguali, contro ogni barbarie la nostra cultura ci dice che bisogna stare, sempre e non con due pesi e due misure, dalla parte del dolore innocente, dalla parte della vedova e dell’orfano, dalla parte del dolore innocente di allora e di adesso, perché le mani assassine sono sempre mani assassine. E 4.000 bambini uccisi in due settimane gridano vendetta come i milioni di bambini uccisi nei lager nazisti. E chi parla di effetti collaterali è un criminale.
Non ci si lava il sangue dalle mani, come qualche governo occidentale fa, giustificando il sangue che viene versato oggi.
Ma chi offende il sangue versato nell’olocausto deve essere posto ai margini della comunità umana.
Deve essere posto ai margini dell'umanità ogni bestia immonda che non si ferma davanti al volto dell’altro. L’apparire del volto dell’altro, diceva Lévinas, è “non ucciderai”.
Su questo e a partire da questo si traccia la differenza, la linea rossa, non per il sangue, la religione, l’etnia.
Essa traccia la differenza tra l’umano e la bestia immonda.
*Post Facebook del 2 novembre 2023