Yemen, la tregua saudita
Da questa mattina, come ha annunciato l’agenzia di stampa, SPA, è entrato in vigore il cessate il fuoco Tra Yemen e Arabia, proclamato in occasione del Ramadan, mese sacro per i musulmani. L’annuncio è stato dato dal portavoce militare saudita Turki Al Malki.
La guerra di aggressione dell’Arabia Saudita e di altri stati arabi contro lo Yemen lo scorso 25 marzo è entrata nel suo ottavo anno.
Una guerra catastrofica per lo Yemen, lo stato più povero del mondo arabo, sia per i danni alla popolazione che alle sue infrastrutture. Secondo l’Onu sono 377.000 le persone vittime dell’aggressine saudita. Una guerra ignorata dai media occidentali, dal momento che è proprio l’occidente, in testa Usa e Gran Bretagna, a fornire armi alla casa regnante saudita. Se proprio se ne parla, la si presenta come una guerra per procura tra Arabia Saudita e Iran che appoggiano i ribelli Houthi. Resta comunque l’ennesima macchia sulla coscienza dell’occidente così solidale con l’Ucraina, ma allo stesso tempo ha contribuito a disintegrare una nazione già poverissima.
Comunque, in questi anni non abbiamo avuto notizie di tregue nello Yemen per il Ramadan, c’è ben altro in questa mossa dell’Arabia Saudita.
Restano i dubbi dalla parte yemenita su questo cessate il fuoco. Il leader del movimento yemenita Ansarollah ha avvertito la coalizione saudita che si pentirà se perderà l'occasione di una tregua temporanea per porre fine alla guerra.
In un discorso televisivo, lunedì il leader del movimento popolare, Abdul-Malik al-Houthi, ha avvertito la coalizione di aggressori guidata dall'Arabia Saudita di non perdere l'occasione offerta dalla tregua di tre giorni, e ha invitato Riad e i suoi alleati ad accettare un "cessate il fuoco permanente".
Oltre al Ramadan, negli ultimi tempi la guerriglia Houthi ha anche inferto pesanti attacchi sul suolo saudita. I droni di Ansarollah hanno colpito la compagnia statale saudita ARAMCO, e da Riad non sembrano aver trovato contromisure a queste incursioni.
Questo cessate il fuoco ha varie motivazioni, ma una cosa è certa: dallo scoppio della guerra in Ucraina, le monarchie del Golfo sembrano aver voltato le spalle a Washington.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non vogliono condannare la Russia per la guerra in Ucraina e non vogliono aumentare la produzione di petrolio per sostituire le forniture di Mosca. Stesso messaggio inviato dal Qatar.
Sia Riad che Dubai hanno intrapreso una nuova via di relazioni diplomatiche con la Siria guidata da Bashar al Assad dopo aver foraggiato le dande terroriste per 11 anni. Circostanza non gradita da oltreoceano.
Infine, quella che potrebbe essere definita una grande umiliazione per Washington stabilendo la fine dell’era del dollaro, con l'Arabia Saudita che valuta lo yuan per vendite petrolifere alla Cina.
La tregua nello Yemen, si spera duratura con la conseguente fine della guerra, sancisce ancora una volta che il futuro del mondo si gioca, oltre che in Ucraina, in questa parte del mondo: l’Asia occidentale.
Questa guerra è iniziata e dura da sette anni per volere di Washington. Questa volta non finisce per volere della Zio Sam, anche i suoi burattini come l’Arabia Saudita capiscono che diventare servi sciocchi degli Usa diventa a lungo andare controproducente. Allora perché non rivolgersi a Cina e Russia, due paesi con i quali è possibile stabilire relazioni politiche, diplomatiche e soprattutto commerciali senza imporre amici e nemici.