La transizione multipolare è l’unico argine al dominio di Washington. (I)

"Le mosse del trittico cinese-russo-iraniano sono un’effettiva contromossa alla guerra ibrida di tipo finanziaria-culturale dell’occidente"

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La transizione multipolare è l’unico argine al dominio di Washington. (I)


di Federico Pieraccini

 
Il logoramento dell’influenza degli Stati Uniti in luoghi chiave del globo quali Medio Oriente, Golfo Persico, Nord Africa ed Europa è una causa diretta del così detto fenomeno del “Imperial over-stretch” (eccessiva espansione imperialista).

Le conseguenze più tangibili sono la ridotta capacità di reazione, previsione ed azione di Washington in zone focali del globo. La costante necessità, pur senza riuscirvi, di usare il pugno di ferro, sottomettere e controllare ogni respiro, ha finito per alienare il coinvolgimento e l’importanza degli Stati Uniti nelle regioni citate. Per il momento però è importante focalizzarsi su dove Washington continua a dimostrare di avere influenza e capacità strategiche notevoli, riuscendo a condizionare il corso degli eventi.
 
Contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo, il sudest asiatico e il Sud America si ritrovano ad essere sempre più attratte nella sfera di influenza Americana. Attribuire questi sviluppi ad un atteggiamento o ad una tattica precisa di Washington sarebbe però un errore.

Uno dei maggiori difetti espressi dalla politica estera americana può essere ricondotta ad una mancanza di programmazione strategica. Piuttosto siamo di fronte a fenomeni diversi a seconda dello scenario in Asia o in Sud America.

L’ascesa Cinese quale maggiore superpotenza Asiatica ha effetti completamente diversi rispetto al tracollo sempre più drammatico delle deboli economie Sud Americane di Brasile, Venezuela e Argentina. Eppure entrambe le regioni soffrono i cosiddetti effetti delle moderne guerre ibride. I conflitti del ventunesimo secolo non necessariamente richiedono l’impiego di armi da fuoco o di un assalto armato al legittimo governo.

La guerra ibrida è un tema di attualità spaventosa oggi giorno.

È una nuova modalità per imporre il peso specifico statunitense, senza un bisogno costante di essere alimentato e sostenuto come un’operazione militare. È la tattica ideale per allungare i propri tentacoli finanziari e culturali anche laddove la forza militare sarebbe inefficace o inapplicabile.

L’esempio più lampante riguarda la combinazione del Dollaro negli scambi commerciali con le sanzioni internazionali e il generico rallentamento delle economie emergenti. Numerosi economisti hanno correlato la frenata nella crescita dei paesi emergenti con fattori quali i tassi di interessi sul denaro decisi dalla FED, il crollo del prezzo del petrolio e le conseguenze della crisi economica del 2008. L’unico antidoto funzionante sembra essere la relativamente nuova strategia di de-dollarizzare le proprie economie per ridurre gli effetti di un’aggressione finanziaria sulle proprie economie. Non è soltanto una questione di diversificazione delle proprie riserve monetarie strategiche. 
 

Questione di sopravvivenza. 

Un paese che opera unicamente in dollari, in un sistema internazionale dominato da istituzioni finanziare e politiche leali solo a Washington, si espone ad una notevole serie di vulnerabilità. Non c’è da sorprendersi che in determinati contesti questo intreccio possa diventare una falla da sfruttare a proprio beneficio per Washington, come si è visto in Argentina e Venezuela con la vittoria di Macri e della destra borghese.

In Asia la situazione è ben diversa vista la combinazione di fattori quali la crescente influenze cinese nella regione (Il progetto ‘Silk Road Economic Belt and Maritime Silk Road’) e il calo delle economie emergenti.

In tempi recenti tutto ciò ha richiesto un riequilibrio di potere nella regione. Tradotto significa che se fino ad un decennio fa, molti paesi asiatici cercavano una cooperazione esclusiva con Pechino, oggi giorno tornano a volgere lo sguardo anche verso Washington per riequilibrare il peso specifico che la Repubblica Popolare Cinese ha accumulato nel corso degli anni nella regione.

Il TPP è la tipica danza (geo)politica basata sull’equivoco. Washington sogna un riallineamento strategico di molti paesi asiatici a discapito di Pechino, mentre i piccoli attori regionali utilizzano Washington e il TPP come ‘bargaining-chip’ (merce di scambio) nei confronti della Repubblica Popolare Cinese per ottenere condizioni più vantaggiose. T

utte queste vicende sono intrinseche al concetto stesso di mondo multipolare.

Paesi come Vietnam, Thailandia, Filippine, Indonesia e Malesia hanno raggiunto livelli inesplorati di integrazione e dipendenza dalla locomotiva cinese. Benché Pechino abbia un atteggiamento tutt’altro che imperialista, resta sempre in una posizione di forza derivante dall’essere l’attore regionale egemone in Asia. Bilanciare il potere nella regione significa, forzatamente coinvolgere l’unico attore globale in grado di competere con la Cina: gli Stati Uniti.

Il caso più eclatante in tal senso è l’India, fulcro determinante di un futuro mondo multipolare. Nuova Delhi ha istintivamente aumentato cooperazione e sviluppo con Washington rinvigorendo antiche critiche che l’hanno sempre visto quale cavallo di troia USA nell’integrazione dei paesi BRICS e SCO. Lasciando da parte eccessivi allarmismi dobbiamo però prendere nota che le moderne modalità di guerra ibrida (finanziaria) hanno effetti devastanti sullo sviluppo multipolare e che molto ancora dovrà essere compiuto affinché questa minaccia sia neutralizzata. 
 

Approccio multipolare alla valuta.

Da più parti del globo è sempre più tangibile l’esigenza di un’effettiva transizione dalla attuale valuta unipolare (dollaro), facilmente manipolabile dalle istituzioni finanziarie occidentali. Ad avvalorare ulteriormente queste sensazioni ci sono le azioni perseguite dalle tre capitali leader dello scacchiere multipolare: Teheran, Mosca e Pechino.

Diversificare in oro piuttosto che titoli di stato americani ha due effetti concreti ed immediati: evitare il finanziamento dell’enorme debito pubblico di Washington (che permette a sua volta di alimentare guerre e disordine nel pianeta) e creare un’alternativa al dollaro quale moneta di riserva globale (gold-backed Yuan).

Le mosse del trittico cinese-russo-iraniano sono un’effettiva contromossa alla guerra ibrida di tipo finanziaria-culturale dell’occidente. Non si tratta di combattere una guerra convenzionale o nucleare tra le grandi potenze ma di arrestare la crescente influenza mediante mezzi non convenzionali. De-Dollarizzare, diversificare in oro, abbandonare progressivamente i titoli di stato americani, aumentare gli scambi commerciali in valute alternative, allargare il paniere di valute del FMI, favorire la creazione di nuovi enti internazionali (ASEAN, BRICS, etc) sono tutti vettori armati e diretti contro l’egemonia americana.

È soprattutto grazie a queste strategie studiate a tavolino e pianificate di comune accordo che altre località cruciali del globo iniziano lentamente a transitare da un dominio unipolare ad una visione multipolare di cooperazione.
 
Leggi la seconda Parte: "Effetti e conseguenza della transizione multipolare"

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