Siria, ancora la bufala dei “Barili bomba”. Ancora Amnesty International
Ormai, negli ultimi anni, per attestare l’esistenza di questi “barili bomba” sganciati dall’aviazione di Assad su Internet è stato postato di tutto: foto di serbatoi per gas domestico, di tubi zincati, di scaldabagni elettrici... il tutto condito da evidenti fotomontaggi, illustrazioni, animazioni, dissertazioni di presunti esperti... Ora Amnesty International ritorna a dare lustro a questa bufala con un intero sito e un web-documentario, subito venerato come Vangelo da innumerevoli organi di stampa: uno per tutti, l’Internazionale.
Ma perché mai l’aviazione di Assad userebbe per i suoi bombardamenti non già “normali” bombe di aereo, bensì “barili carichi di esplosivo, catrame e chiodi” (in altri casi: “esplosivo misto a ferraglia o cherosene”)? La risposta la dava, già due anni fa (quando Amnesty International cominciò a sponsorizzare questa bufala), Guido Olimpio del Corriere della Sera: “Forse (Assad) vuole preservare l’arsenale nel caso di uno scontro con forze di invasione.”. “Preservare l’arsenale”? Cioè, Assad, pur mandando un costoso elicottero e un equipaggio, impiega barili per risparmiare un po’ di bombe? E dire che questi “barili” non sarebbero stati “fatti in casa” ma, addirittura, importati dalla Russia, come suggeriva Olimpio: “E dove sono costruiti? Le scritte in cirillico rappresentano un indizio o semplicemente sono dei «gusci» usati per preparare gli ordigni?”
Ma Olimpio superò se stesso quando, in un successivo articolo, tentò di spiegare l’”evoluzione tecnologica” che avrebbero conosciuto questi barili: “Inizialmente – come ha spiegato il bravissimo blogger Brown Moses che ha condotto delle ricerche – erano innescati accendendo una lunga miccia, un sistema pericoloso per gli equipaggi degli elicotteri che li trasportano.” Più che pericoloso, ci sarebbe da dire davvero bizzarro in quanto, (come capirebbe chiunque) se la miccia si rivela corta rispetto al tempo di caduta, il barile esplode in aria senza fare troppi danni; se si rivela lunga, invece, non esplode nessun barile in quanto questo si spappola al suolo. Non devono essere stati inconvenienti rari visto che l’Olimpio aggiungeva: “Successivamente sono stati dotati di dispositivi che li attivano con l’impatto al suolo.” Cioè, un detonatore! Il buon vecchio detonatore che da sempre serve le bombe di aereo! E, allora, perché ,invece di “bombe”, ci si ostinava a parlare di “barili bomba”?
Ci arriviamo subito. Intanto, occupiamoci del “bravissimo blogger Brown Moses”, punto di riferimento del Corriere della Sera. Chi sia Brown Moses (pseudonimo di Eliot Higgins) ci è raccontato da lui stesso. Trentadue anni, impiegato, quattro anni fa viene licenziato da un’azienda di Leicester, nel Regno Unito. Non avendo nulla di meglio da fare, si mette davanti ad un computer e, visionando filmati su Youtube comincia a “specializzarsi nello studio di armamenti”, in particolare quelli utilizzati nel conflitto siriano; campo del quale – per sua stessa ammissione – non sapeva assolutamente nulla. Diventa ben presto una “celebrità”, punto di riferimento di innumerevoli media come BBC, Financial Times, CNN, Guardian, Sky…. Per il New Yorker Brown Moses è “il migliore esperto sulle munizioni usate nella guerra in Siria”; per il nostrano Huffington Post, addirittura, “una sorta di Bibbia per conoscere quali armi circolano in Siria”.
Perché i media, invece che su autorevoli istituti di studi militari (come, ad esempio il SIPRI o Jane’s) si siano appoggiate alle opinioni di un dilettante (“Prima della Primavera araba non sapevo di armi niente più del possessore medio di una Xbox”) non è chiaro. Forse perché avevano bisogno di battezzare come “ esperto” qualcuno che consacrasse ad ogni costo le bufale messe in giro dai “ribelli siriani” e dai loro sponsor. Comunque sia, parrebbe che la “fama” abbia, progressivamente, dato alla testa al buon Brown Moses il quale è finito per raccattare, freneticamente, sul web qualsiasi immondizia apponendole il timbro “approvato dall’esperto”. Tanto ai media mainstream basta quello.
L’ultimo livello della china che ha preso Brown Moses è certamente costituito da una sfilza di video, foto e grafici… prove che dovrebbero, a suo dire, attestare l’esistenza dei “barili” sganciati da Assad. Non fosse per la tragedia che si tirano dietro, ci sarebbe da sghignazzare davanti alla sgangherata realizzazione di queste “prove” raccolte da Brown Moses. Che altro fare, infatti, davanti alla foto (fig. 4), (che si pretenderebbe, evidentemente, scattata in un elicottero, in volo, dell’esercito siriano) nella quale si vede una mano che accende la miccia di uno dei tanti “barili” depositati alla rinfusa sul pianale. Oppure davanti (fig. 3) alle due nuvolette nere – si direbbero uno scalcinato fotomontaggio – che, a dire di Brown Moses, attesterebbero l’esplosione di due barili dalla miccia troppo corta (ma perché mai le due nuvolette stanno alla stessa quota? Due elicotteri, ognuno con un altrettanto maldestro artificiere?). Che dire poi di questo “barile” che sarebbe caduto da un elicottero e che risulta, invece, talmente integro da permettere un taglio così netto della lamiera? Ancora più integro, poi, questo altro “barile”. Qui invece un “barile” si infila nel terreno (senza uno straccio di cratere), esplode (come pretenderebbe di attestare lo squarcio) senza che venga lasciata alcuna traccia sul resto dell’involucro (ancora perfettamente tubolare) così pure nella foto di questo articolo che pretende di documentare anche l’esistenza di una “fabbrica di barili bomba”.
Ma, visto che si era parlato di esplosivo nei “barili” osserviamo il taglio netto alla lamiera di quest’altro ”barile”. Come è stato realizzato il taglio? Con un “flex” (motosega circolare)? E le scintille? E, sempre a proposito di incongruenze, che credibilità hanno – in quale manuale di medicina militare sarebbero riportate – le formule riportate nella fig. 8 che pretenderebbero di calcolare la mortalità a seconda della parte del corpo colpita dai frammenti contenuti nei barili? Ma a tal proposito, ecco il tasso di mortalità che, secondo un’altra inesauribile fonte di bufale – l’Osservatorio siriano per i diritti umani – sarebbe garantito dai “barili bomba”: “Le Forze aree siriane fedeli al presidente Bashar al Assad hanno (…) sganciato un totale di 11.324 barili bomba nelle zone residenziali dal 20 giugno 2014, con un bilancio di 3.602 civili morti, tra cui 831 bambini e 582 donne. Come sia stato possibile contare con tanta precisione i barili e le vittime non è dato sapere; né perché il regime di Assad si ostinerebbe ad usare ordigni così inefficienti (in media più di tre “barili bomba” per ammazzare una persona).
La descrizione delle incongruenze delle prove attestanti i “barili bomba” potrebbe andare avanti per pagine e pagine. Ma ritorniamo alla domanda di partenza: perché i media continuano a battere la grancassa dei “barili bomba”? Bombe certamente l’aviazione di Assad ne ha sganciate; qualcuna, certamente, ha ucciso anche innocenti. Non sarebbe bastato parlare di quelle? Evidentemente no. Parlare semplicemente di “bombardamenti” avrebbe rischiato di ridurre l’operato dell’aviazione di Assad ad una mera risposta militare ai “ribelli” che, asserragliati all’interno di quartieri densamente abitati, lanciano da lì i loro attacchi utilizzando gli armamenti ad essi forniti dall’Occidente e dalle Petromonarchie. E considerato che l’immagine dei “ribelli” cominciava finalmente ad essere, accomunata, in vasti strati dell’opinione pubblica, a quella di terroristi, c’era bisogno di qualcosa che ribaltasse questa immagine su Assad e il suo esercito. E cosa c’è di meglio per questo che propagandare l’esistenza di ordigni “efferati” quali barili carichi di esplosivo, catrame e ferraglia lanciati dagli sgherri di Assad sui mercati, sulle scuole, sulla gente?
In altre circostanze per equiparare i militari ai terroristi si sono utilizzate bufale come la disseminazione di “giocattoli bomba” creati apposta per dilaniare i bambini (si veda, ad esempio l’accusa ai separatisti del Donbass che con questo sistema otterrebbero il brillante risultato di fare a pezzi i propri figli). Non è detto che – nonostante gli sforzi di Amnesty International - usuratasi definitivamente la bufala dei “barili bomba”, dovremmo occuparci di quest’altra bufala anche per la Siria.
Francesco Santoianni