E se fosse una guerra ibrida?
Da quando è iniziata la crisi in corso con questa strana pandemia mi ritonano alla mente le parole di Frédéric Joliot-Curie: "La guerra futura sarà una guerra invisibile. E' quando i suoi raccolti saranno distrutti, le sue industrie paralizzate, le sue forze umane incapaci di agire che un paese capirà all'improvviso che era in guerra e che la sta perdendo". Parole profetiche che come si vede descrivono quella che oggi chiamiamo guerra ibrida.
Tutto è iniziato con una strana pandemia che sembra sempre di più un capolavoro di aequivocatio: protocolli medici ministeriali che sembrano essere fatti apposta per mietere morti tra gli anziani (il famoso "tachipirina e vigile attesa"), intubazioni forse non necessarie, ostracismo se non divieto di fatto di cure precoci che avrebbero salvato vite. Per non parlare poi, della strana operazione di spin sui social network con immagini provenienti dalla Cina e che annunciavano l'apocalisse in arrivo con la gente che crollava a terra all'improvviso. Poi abbiamo scoperto che il Covid non uccide così. Ma tutta roba buona per generare panico e spingerci ad accettare i terribili lockdown che hanno devastato le nostre economie.
Una situazione davvero ambigua che vista a quasi due anni di distanza ci fa pensare che qualcosa non torni. Ma cui prodest? Troppi avevano interesse affinché Trump perdesse le elezioni e questo può essere un valido movente tattico. Quello strategico potrebbe essere la ristrutturazione dell'antiquato stato liberale e delle sue libertà. Ristrutturazione in senso autoritario, utile anche a evitare le proteste per la liquidazione degli ultimi rimasugli di diritti sociali. Certo, le mie sono ipotesi. Ma temo siano ipotesi calzanti.
E ora sembra sia in arrivo una seconda puntata dove il Green New Deal sembra il paravento di qualcos'altro. Mi riferisco all'aumento stratosferico dei costi delle materie prime (a partire da quelle necessarie a produrre energia, gas e petrolio), ma anche prodotti finiti provenienti dalla Cina come i preziosi microchip.
Partiamo dall'energia. La Russia sta centellinando l'export verso l'Europa del suo gas, ieri per esempio Gazprom ha annunciato che il prossimo mese utilizzera il gasdotto Yamale Europe per 1/3 della capacità. Il North Stream2 non è ancora in funzione e inoltre l'Algeria (ormai stabilmente nell'orbita russa) ha detto che smetterà di esportare verso la Spagna e ridurrà l'export verso l'Italia (attraverso il gasdotto Tunisia-Sicilia). Prezzi dunque destinati a rimanere altissimi con effetti sull'economia reale di riduzione dei consumi stante i vincoli di bilancio dei consumatori ed effetto spiazzamento dei produttori che vedrebbero ridurre la loro competitività. Ma anche effetti finanziari legati all'aumento dell'inflazione con conseguente fine delle operazioni di QE delle banche centrali e aumento dei tassi. Tema questo spinoso per paesi come l'Italia che hanno gravissimi problemi di finanze pubbliche e un sistema bancario decisamente messo male.
Anche il collasso della Supply Chain che unisce UE e Cina potrebbe spingere peraltro ad un aumento dei prezzi. Come peraltro dimostrato dal mercato delle auto con crolli della produzione causati dalla carenza di microchip cinesi.
Insomma, un panorama devastante che ancora non si riesce a valutare bene nella profondità dei danni che sta causando. Danni che non è detto si limitino al lato economico e finanziario ma che diventino anche politici e sociali.
Tutto può essere frutto del caso (io non ci credo), ma potrebbe anche non essere così: sembra che ci siano due blocchi, quello Euroasiatico (Cina e Russia) e quello Atlantico (Australia, Usa e Uk) con l'Europa in mezzo che prende mazzate da entrambe le parti nella più totale inconsapevolezza dei popoli.
E a me tornano in mente le parole di Frédéric Joliot-Curie che ho citato all'inizio...