Il disagio psichico dell'isolamento verso la Fase 2


di Sara Reginella



Il passaggio dalla prima fase di lockdown da covid-19 alla fase due, cui si entrerà dal quattro maggio, suggerisce una prima riflessione sui fatti di queste settimane.

La pandemia da covid-19 ha messo in luce contraddizioni e limiti del mondo occidentale: da sistemi sanitari killer, come quello statunitense, che abbandona i malati meno abbienti alla propria sorte, a realtà come quelle delle strutture sanitarie italiane, smantellate e depauperate negli anni, intrappolate in un tessuto sociale ed economico che, dall’inizio della pandemia, ha mostrato tutte le sue criticità.
Mentre in queste settimane simili problematiche, a livello nazionale e internazionale, si palesavano drammaticamente agli occhi di tutti, si è assistito, parallelamente, a due particolari fenomeni sociali diametralmente opposti, ma che meritano attenzione. Il primo è quello dei flash mob sui balconi, propagatisi in diversi paesi del Mondo, fenomeno legato alla dimensione collettiva e connesso al bisogno della popolazione di reagire alle difficoltà attraverso moti di aggregazione.

Il secondo è invece legato al dramma del disagio psichico vissuto nell’isolamento, ed è riferito al fenomeno che ha visto diversi cittadini denudarsi e vagare in stato confusionale per le strade desolate e vuote di numerose città.

Partendo dal primo fenomeno, va ricordato che in Italia, durante il lockdown, numerosi sono stati i flash-mob in cui cittadini dai balconi, in un’ondata di solidarietà e sostegno reciproco, si sono uniti in esibizioni e canti.

Anche in Spagna sono state molteplici le performance di questo tipo. Si cita ad esempio uno dei flash mob più riusciti, in cui migliaia di cittadini, dai balconi e dalle finestre, hanno lanciato un applauso al personale sanitario al grido di “Viva los medicos”, ovazione che è stata imitata in altri paesi come Svizzera, Danimarca e Brasile.

Nei flash mob ci si unisce dunque virtualmente a partire da un messaggio virale lanciato nel web, ma ci si esprime fisicamente nella realtà, per un tempo circoscritto, per poi disperdersi di nuovo, in un processo che compie un balzo volto a colmare lo scarto tra reale e virtuale. Esiti dei flash mob, dopo che le performance hanno avuto luogo, sono le video-riprese dell’evento postate e divulgate nel web. In tal modo, così come afferma l’antropologa Georgiana Grove della Clermont University, i flash mob, come veri e propri atti terroristici di guerriglia, comunicano un messaggio breve creando un cambiamento di messa a fuoco. Territorializzano spazi anonimi come strade e “de-territorializzano” spazi circoscritti come parchi, gallerie, centri commerciali - e in questo caso, aggiungerei, balconi. - Spezzano la routine collettiva, rallentando ciò che va veloce e velocizzando ciò che va lento, amplificando l’esperienza di ognuno.

Ma c’è un altro fenomeno, questa volta drammatico, che durante il lockdown ha spezzato la routine collettiva, non in un canto solidale, ma in uno muto spasmo di dolore: in Italia, sono stati numerosi gli avvistamenti di persone in stato confusionale soprese a vagare per le strade senza vesti.

Il 15 aprile, una donna è stata intercettata mentre correva nuda per strada nel trevisano. Un’altra, dopo essersi sdraiata senza veli e in stato confusionale sul cofano di una gazzella dei Carabinieri, è stata soccorsa in provincia di Piacenza. Un’altra ancora è stata avvistata il primo aprile mentre passeggiava
nel centro di Napoli, senza abiti. In quegli stessi giorni, nuovamente nel capoluogo campano, una donna è stata sorpresa vagare priva di vesti in zona stazione Garibaldi.

A Roma, il 20 marzo un uomo svestito è stato rinvenuto mentre percorreva il ponte di Corso Vittorio, un altro mentre si aggirava per le vie di Palermo, il 25 marzo. Altri avvistamenti sono avvenuti nel torinese il 22 aprile, a Milano in Corso Buenos Aires il 9 aprile, e in pieno centro a Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, il 19 aprile.

Oltre confine, in Spagna, una donna senza veli è salita su un’auto della polizia in Costa del Sol, un’altra è stata arrestata dopo essersi presentata nuda all’aeroporto di New Orleans; i media riportano anche di un uomo spogliatosi per strada a Singapore. La lista, inferibile dalle notizie delle testate giornalistiche, prosegue. Da una ricerca nel web, tale fenomeno, all’estero, sembrerebbe comunque di dimensioni proporzionalmente inferiori rispetto alla sua portata in Italia, dove il lockdown è iniziato in anticipo, essendo da subito uno dei paesi maggiormente colpiti dal covid-19.
In assenza di dati epidemiologici che permettano un confronto obiettivo con casi analoghi di denudamento riferiti ai mesi precedenti, non è possibile trarre conclusioni certe sull’effettivo aumento del fenomeno. Ciò che comunque si osserva è quanto i mass media abbiano divulgato, durante l’isolamento da covid-19, questo tipo di notizie connesse a tali tragici episodi, filmati con smartphone e rilanciati nel web da cittadini senza pietà né rispetto per soggetti in uno stato confusionale di matrice spesso psicotica, che di norma è alla base di tali comportamenti.

La dimensione psicotica è infatti una condizione che provoca la perdita del contatto con la realtà e proprio per questo conduce a comportamenti inconsueti.

Casi di denudamento in stati psicotici sono comuni nella clinica psichiatrica, ma la massiccia rappresentazione del fenomeno da parte di testate giornalistiche online durante il lockdown, in parallelo al fenomeno dei balcony - flash mob, ha fatto sì che nell’immaginario collettivo, alle effigi di famiglie che cantano dai balconi, a icone come quella del Papa Bergoglio in preghiera nel vuoto sagrato di Piazza San Pietro, si aggiungessero i simulacri di donne e uomini che peregrinano solitari e persi nelle strade desolate delle città in isolamento.

Persone spesso già strutturalmente vulnerabili, interiormente sole, che nella costrizione di un isolamento forzato perdono il già labile controllo della propria vita e svelano con la nudità una frammentazione profonda e un vissuto di perdita ed emarginazione, in un palese distacco da una società che sempre meno sa accogliere i soggetti più fragili e in difficoltà.

Questi uomini e queste donne, spogliandosi nelle strade deserte, si sottraggono e fuggono al canto collettivo dei flash mob, incapaci di percepire il confine tra un mondo che li ha denudati senza accoglierli e un corpo disarmato che si espone e si svela nella sua più vulnerabile essenza.

Nel loro slancio caotico e confusivo, nel loro passeggiare schermato e indifferente o nel loro procedere disperato, si esprime indirettamente il disordine drammatico di un sistema sociale basato su speculazione e sfruttamento, un sistema che non protegge ma spoglia e attacca la “nudità” intesa come fragilità e debolezza.

Da qui, l’immaginazione vola all’episodio della spogliazione del religioso Francesco di Assisi, che stracciandosi le vesti e riconsegnandole al ricco padre, restò discinto di fronte alla folla, esprimendo nella sua nuda fragilità la forza di una scelta di vita accanto agli ultimi.

Dopo otte secoli da allora, oggi, distogliendo imbarazzati lo sguardo dalle immagini di quei corpi, forse, ci sentiamo tutti più “nudi” e più consapevoli di essere immersi in un sistema sociale che sempre più “spoglia” e sempre meno tutela.

In conseguenza alla crisi economico-sociale amplificata dalla pandemia da covid-19, l’ingresso nella seconda fase sembrerebbe segnato da un aumento di consapevolezza della situazione di criticità, la cui soluzione, però, non potrà consistere nel restare o nel lasciare soli.

La soluzione, a livello globale, dovrà piuttosto collocarsi nella capacità di unirsi, così che il canto dai balconi si trasformi in un coro di solidarietà e protesta, che dai piani più alti dei palazzi scenda a quelli più bassi, fino alle strade e alle piazze, accanto a quelle donne e a quegli uomini che vagano ancora soli e si sentono nudi, così come molti di noi.

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