In un suo sketch, il grande Massimo Troisi si poneva la domanda sul fatto che alla parola 'lavoro' si doveva sempre aggiungerne un'altra: 'Minorile' 'a cottimo', 'in nero', la sola parola 'lavoro' non esiste. In Italia, c'è anche un'altra parola con la quale abbiamo grandi problemi: Memoria. Memoria non condivisa, parziale, selettiva e c'è una novità: la memoria misurabile.
Questa memoria misurabile in pochi metri quadri riguarda uno dei più grandi intellettuali e artisti che l'Italia abbia mai avuto, di cui il prossimo 5 marzo ricorre il centesimo anniversario della sua nascita. Parliamo di Pier Paolo Pasolini.
Già c'è un marchio di infamia che si è voluto mettere sulla morte di Pasolini facendo passare la versione del depravato ucciso da un ragazzino di 16 anni che ha reagito alle sue molestie. Tale marchio non lo si vorrà eliminare probabilmente neanche per celebrare degnamente il suo centenario.
Non contenti, nella città di Roma, pare che su questa linea ci si ostini anche nel non voler dedicare un vero spazio, un museo degno per Pasolini.
Però c'è chi da anni con grande dedizione e dignità tiene aperto un locale di pochi metri quadri, si fatica a quantificarlo in più di dieci, che rappresenta l'unico museo presente nella Città Eterna dedicato al regista, poeta, scrittore, intellettuale, giornalista.
Stiamo parlando di Silvio Parrello, poeta e pittore, 79 anni, detto "er pecetto", in quella che era la bottega di calzolaio del padre "er pecione", da alcuni decenni, a Roma, in via Ozanam 134, nel quartiere Monteverde, tiene acceso il fuoco della memoria di Pasolini.
In questo buco Parrello non custodisce solo articoli, foto, libri di Pasolini, è la sua memoria vivente. Declama con una memoria incredibile le poesie del Poeta così come le sue, davvero splendide, che ha dedicato a Pasolini.
I suoi racconti sono coinvolgenti. Da quando lui, bambino, conobbe Pasolini arrivato povero dopo la fuga dal Friuli a Roma, i primi anni '50, nel quartiere Monteverde quando si stabilì a Via Fonteiana 86, tutto un mondo che ispirò i romanzi 'Ragazzi di Vita', dove è citato anche Silvio, 'Una vita Violenta', le poesie come 'Le Ceneri di Gramsci' e il suo primo film, 'Accattone'. Le sue partite di calcio con i ragazzi del quartiere. Quelle partite che regalavano momenti unici di felicità al Poeta.
Da Silvio, ogni giorno, arrivano studenti, cittadini comuni, docenti universitari provenienti da tutte le parti del mondo, dagli Stati Uniti alla Cina per conoscere Pasolini. Purtroppo, a fargli visita non ci sono politici. Questo sarebbe populismo, ma è un dato di fatto. Altrimenti non si spiega, come mai, in questi anni, nelle varie amministrazioni capitoline, di vario colore, nessun esponente politico o istituzionale non si sia mosso per trovare uno spazio degno per Silvio Parrello e soprattutto, Pier Paolo Pasolini.
"Ci sarebbero spazi liberi, però'..." dicono dal Municipio XII, dove si sono accorti di Silvio solo a poche settimane dal centenario del Poeta, sollecitati dalle associazioni che nel quartiere si battono per dare a Parrello uno spazio meno angusto. A quel "però" si aggiunge che ci sono locali con debiti, o le norme, leggi, vincoli che non permettono di dare a Parrello un sistemazione dignitosa per il suo museo. Insomma, quasi a dire "vorrei ma non posso" per mettersi la coscienza tranquilli.
Nulla è ancora perduto, seppur con colpevole ritardo, si spera che queste celebrazioni di Pasolini possano culminare trovando uno spazio degno per Silvio. Anche per dare un senso alla parola "memoria" senza ulteriori aggettivi o misurazioni.
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