Spallanzani di Roma: il virus da debellare è il precariato
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L'IRCCS Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” (INMI), ha attraversato un momento di effimera gloria e grande popolarità nell'era covid.
Precedentemente, prima di essere esposto ai fari della ribalta, l'INMI Spallanzani era uno dei tanti istituti di eccellenza romani che gridava a gran voce la carenza di personale, di strumentazione, il taglio delle convenzioni, la condizione di eterno precariato dei suoi virologi e immunologi, destinati ad emigrare all'estero, dopo un breve ed umiliante periodo di precariato.
E sì che le patologie come AIDS e Epatite virale necessitano della presa in carico totale dell'utente, poiché la carenza immunitaria può manifestarsi in qualsiasi modalità psicofisica.
Era stato progettato così, lo Spallanzani, intorno al paziente e alle sue esigenze, con personale veramente eccellente anche dal punto di vista delle relazioni umane.
Ma valeva la pena davvero investire sui "tossici e i trans che si beccano e si trasmettono le malattie virali"?
Già, non rende, neppure in termini di immagine...
Quindi giù tagli allo Spallanzani e agli accordi di presa in carico congiunta con gli altri ospedali romani.
Prima dell'era covid tutta la struttura dello Spallanzani era sempre tappezzata di manifesti sindacali, di denunce contro la precarietà dei sanitari.
Quindi fu trafitto da un breve raggio di sole, premiato, esaltato, orgoglio italiano.
E fu subito sera.
Ecco come si presenta lo Spallanzani oggi, 21 novembre 2022.
"Il vero virus è il precariato" si legge nello striscione all'ingresso principale.
E timidamente qualche malato di AIDS, qualche HIV o HCV positivo, si affaccia a chiedere assistenza, farmaci, analisi, visite, dopo due anni di priorità covid e hub vaccinali.
Nel bene e nel male l'istituto di eccellenza Spallanzani sta tornando alla normalità.
In attesa di essere riesumato alla prossima emergenza...