La scure dell'austerità UE si abbatte sui comuni italiani


di Stefano Porcari - Contropiano

A fine maggio era scoppiata la polemica riguardo i decreti attuativi della legge di bilancio che Palazzo Chigi aveva formulato. Tagli su tagli per i comuni del Bel Paese, con le sforbiciate maggiori per quelli che avevano ricevuto più soldi dai fondi PNRR.

In quei giorni si è svolto anche il solito teatrino della politica italiana, con Elly Schlein che aveva chiamato Giorgia Meloni la “regina dell’austerità”, forse dimenticando che il suo partito è uno dei più fieri sostenitori (e fautori) dei vincoli di bilancio.

Ma, ad ogni modo, la portata dei provvedimenti era decisamente pesante e aveva provocato la ribellione nell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI). Il 4 luglio sono state infine pubblicate dal ministero dell’Interno le tabelle finali della revisione di spesa, frutto di settimane di correzioni.

La sostanza non è cambiata di molto. Tagli lineari tra il 2024 e il 2028 per un valore totale di 250 milioni all’anno, di cui 200 a carico dei comuni e 50 a carico di province e città metropolitane, divisi proporzionalmente alla spesa corrente e al netto di quella sociale.

La bozza iniziale – che avrebbe dovuto essere approvata entro gennaio – è stata rivista per ridurre la penalizzazione degli enti che hanno usufruito in maniera maggiore del PNRR. L’ammontare è ulteriormente mitigato dalla distribuzione del residuo dei fondi Covid, ovvero 113 milioni.

Una soluzione che non ha comunque soddisfatto i primi cittadini lo scorso 27 giugno, quando alla Conferenza Stato-città hanno bocciato le formule del nuovo decreto interministeriale. Ma il governo aveva promesso tagli per 1,25 miliardi, e manterrà questa promessa tutta dentro la logica di Bruxelles.

Si tratta di un duro colpo per le amministrazioni locali: per fare un esempio, parliamo di 80 milioni in cinque anni per Roma, 48 per Milano. E così a cascata per tutte le nostre città, con cifre che possono sembrare di poca importanza, ma che sono invece un macigno per le casse comunali.

Un rapporto della Fondazione nazionale dei commercialisti, commentato sul giornale una ventina di giorni fa, ha messo in evidenza come già il 6% dei 7.896 comuni italiani sia sull’orlo del fallimento. Si può facilmente capire perché anche solo un milione potrà essere la goccia che fa traboccare il vaso.

Come se non bastasse, è il governo stesso a cancellare quel poco che il PNRR può aver portato ai servizi locali, poiché rimane il principio che chi più ne ha usufruito più dovrà tagliare. Per evitare che questi fondi possano davvero migliorare le condizioni di vita dei cittadini.

Sta ora agli amministratori locali decidere dove e cosa tagliare, ma è chiaro che nel giro di poco tempo ci saranno ulteriori strette su servizi e personale. Sul medio termine, anche la fruizione dei diritti sociali, fatta salva dal testo così come è stato approvato, ne andrà ovviamente a risentire.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che sta per arrivare anche la mannaia della procedura di infrazione aperta da Bruxelles. Diversi miliardi all’anno che saranno pagati ancora una volta con politiche lacrime e sangue dai settori popolari.

Centrosinistra o centrodestra, la gabbia dell’Unione Europea continua a distruggere il paese, e solo fuori da essa è data un’alternativa.

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