Elena Basile - G7, Lucerna e l'illogicità orwelliana


di Elena Basile - Fatto Quotidiano 18 giugno 2024

Avete provato a leggere il comunicato del G7? Un testo di 36 pagine, pieno di copia e incolla da altri documenti, una lingua burocratica che esprime il pensiero bivalente coniato da Orwell in 1984 : l’affermazione illogica di tesi opposte. Si esprime sull’intero mondo: dalla Libia al Venezuela al Sahel. In Libia, dopo l’attacco anglo-francese sostenuto dagli Stati Uniti che ha rovesciato il regime di Gheddafi e dato origine allo Stato fallito odierno, si afferma di sostenere la stabilità del Paese. Un esempio della tipica illogicità che secondo Orwell era uno dei pilastri della dittatura.

Con grande scontento di Federico Rampini, per il quale l’esproprio finanziario dei 300 miliardi russi contrario al diritto internazionale e richiesto dagli americani andava eseguito “in nome della libertà e della vita”, il comunicato stabilisce che gli interessi sulla somma congelata siano la garanzia per un prestito di 50 miliardi all’Ucraina: altro pensiero logico ed economicamente coerente. Viene poi ribadita la solidarietà a Israele che deve tuttavia difendersi a Gaza adempiendo alle regole del diritto internazionale (una macabra risata seppellirà il G7 e il mondo, Nietzsche docet), ma si fa riferimento alla soluzione dei due Stati (altra risata). E così di seguito si manifestano le miserie di un foro che prima, come G8 e in complementarietà con il G20, era uno dei capisaldi del multilateralismo. Lì oggi si autocelebra il potere di un gruppo di Stati che si basa principalmente sulla supremazia militare. Si richiamano i diritti umani in Cina, in Iran e negli altri Paesi nemici, ma non certo in Arabia Saudita o nei Paesi del Golfo, mentre si tortura il prigioniero del secolo Assange nel cuore dell’Europa. I Paesi del Sud globale presenti alla conferenza di Lucerna sull’Ucraina (dall’Algeria all’India all’Indonesia al Sud Africa) non hanno firmato il testo. C’è da meravigliarsi se gli emergenti restano un tantino perplessi dinanzi agli anglo-americani che a Kiev realizzano un colpo di Stato, armano e si appropriano economicamente di un Paese che perde la sua esigua democrazia abolendo le opposizioni e poi le elezioni e combatte una guerra suicida per interessi americani? Tutto in ossequio al Diritto Internazionale?

La “conferenza di pace” ha raggiunto il grande obiettivo politico di avere una settantina di Paesi che, sotto ricatto politico ed economico, sponsorizzano il “piano di pace” dell’Ucraina sconfitta in assenza del Paese vincitore sul campo: la Russia. Vogliono distruggere la realtà e la verità. È l’altro parametro del mondo distopico descritto da Orwell.

I soldi e le armi dell’Occidente non cambieranno la situazione militare. Kiev ha bisogno di uomini e munizioni garantiti solo da uno scontro diretto fra truppe Nato e Russia, che risponderebbe con il nucleare tattico.

Questa è la verità. Lo confermerebbe ogni stratega militare onesto intellettualmente. Neanche il terrorismo ucraino che ha come obiettivo i civili in territorio russo, neanche l’autorizzazione a utilizzare le armi top secret Usa (manovrate ovviamente da americani) per colpire siti militari in Russia cambierà le sorti del conflitto. Se ne esce soltanto riconoscendo gli interessi di Mosca: innanzitutto la neutralità dell’Ucraina e dando parola alla diplomazia in una conferenza di pace su tutti gli altri spinosi problemi: territori occupati, sanzioni, autonomia delle regioni russofone, architettura di sicurezza europea. Mosca ha presentato un “piano di pace” provocatorio in risposta alla provocazione di Lucerna. Bisogna tuttavia rendersi conto che il compromesso del marzo 2022, dopo due anni di guerra e di lutti, non è più possibile. Lavrov ha nel contempo ospitato a Nishni Novgorod la ministeriale dei Brics che ha dedicato all’Ucraina pochissimo spazio, concentrandosi sulle nuove regole della cooperazione tra i 5 fondatori dei Brics e un Sud globale importante e partecipe, rafforzando il progetto multipolare di un nuovo ordine internazionale che si richiama alla stabilizzazione delle aree internazionali sulla base dei principi della Carta dell’Onu senza doppi standard e rifiuta il potere unipolare Usa (che non è più “egemonia” in quanto ha perso l’autorevolezza politico-economica e culturale).

Il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita era presente con quello iraniano. Riad non ha rinnovato con Washington l’accordo sui petrodollari. L’esigenza di una de-dollarizzazione è sentita dal Sud globale al fine di evitare i ricatti occidentali (sanzioni ed espropri finanziari). Si riflette su nuovi meccanismi di scambio monetari e si incentivano il commercio e gli investimenti in ambito Brics in moneta locale. Noi escludiamo gli atleti russi dai giochi olimpici estivi a Parigi, proprio mentre dichiariamo lo sport strumento di pace (altra perla del pensiero bivalente del comunicato G7), quelli mirano con strategie ponderate a liberarsi dalla tirannia del dollaro.

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