di Paolo Maddalena - Il Fatto Quotidiano
Leggo su il manifesto del 16 febbraio 2024 che “il mondo si riarma a passi forzati: il segretario della Nato Stoltenberg preme l’acceleratore, l’Europa è nel pieno della corsa in difesa dell’Ucraina, la Germania si avvia verso l’economia di guerra e apre il dibattito sull’atomica. La pace resta fuori dai discorsi”.
Per fortuna, come contraccolpo a queste tristi notizie, leggo anche un messaggio del 14 febbraio u.s., di Maurizio Acerbo, che reca, con sincero compiacimento, una buona novella: “Raniero La Valle, Michele Santoro e Benedetta Sabene hanno annunciato di voler andare avanti con il progetto di una lista che metta al centro la questione epocale del no alla guerra”. Una notizia che ha molto interessato anche l’ex benemerito Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Aggiungo che in serata ho avuto la possibilità di sentire su La7 le bellissime parole che in proposito ha espresso Michele Santoro, il quale ha parlato del “no alla guerra” in modo quasi istintivo, e per questo più facilmente comprensibile da parte di chi ascolta.
Egli non si è soffermato su problemi o programmi. Ha soltanto sottolineato che, per raggiungere grandi obiettivi e per rafforzare la coesione tra più persone di buona volontà, è indispensabile che l’annuncio che si vuol dare sia semplice ed efficace e soprattutto provenga dal cuore. Mentre alla coscienza di ognuno occorre richiedere una sola, grande virtù: “l’umiltà”. Peraltro, ha notato Santoro, le “cose da fare” sono innumerevoli, e la loro “previsione” non può mai essere l’effetto di un pensiero singolo ed individuale, ma della dialettica di molti, avendoci insegnato l’esperienza che sono privi di incidenza sull’agire umano, sia le idee personalissime di qualche venerabile giurista, sia quelle che si sostanziano, per così dire, in un improvviso e banale “colpo di genio”.
Si è trattato insomma di una sorta di “rivelazione”, che, improvvisamente, ha riportato in primo piano la complessità della persona umana, quella che davvero fa la Storia, prescindendo da interessi personali o di gruppo e finalizzando la propria azione al progresso materiale e spirituale della società.
In sostanza, si è ritenuto che l’orrore delle guerre in atto e la probabilità di altri conflitti più prossimi a noi abbiano fatto sorgere nell’animo dei più almeno un barlume di ”solidarietà”, e si è voluto cogliere questa occasione nella speranza di estendere questo sentimento ai vari settori della nostra società. Non si è proposto la creazione di un ennesimo inutile partito che ponga, come fine essenziale, la concorrenza, la competitività e l’accaparramento della ricchezza, aiutando i ricchi e impoverendo i poveri. Ma si è proposta molto più semplicemente una inversione di marcia, che riesca a mettere in primo piano nell’animo degli italiani la necessità di una vita fondata sui “principi fondamentali” dell’eguaglianza economica e sociale, nonché della “pace e della giustizia fra le Nazioni”.
E molto opportunamente, in questo quadro, non si è fatto cenno a programmi e a tabelle di marcia, certamente ritenendo che quella che deve essere l’organizzazione politica, economica e sociale della nostra “Comunità” è già scritta nella vigente Costituzione, repubblicana e democratica. Insomma, è proprio nella Costituzione che deve ravvisarsi lo “Statuto” di questo nascente, nuovo partito.
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