Ucraina, le ultime trovate antistoriche delle "democrazie liberali"

06 Ottobre 2023 09:00 Fabrizio Poggi


di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico


L'adesione ad alcuni valori oggi distintivi nelle “democrazie liberali”, sembra non mettere al riparo da figuracce meschine, ancorché rivelatrici del reale stato dei fatti. Al recente vertice sulla sicurezza, a Varsavia, la Ministra della difesa olandese, Kajsa Ollengren, coniugata con la produttrice televisiva Irene van den Brekel, ha spiattellato pubblicamente quale sia il reale atteggiamento di quelle stesse “democrazie” verso l'Ucraina golpista. È nell'interesse dei nostri paesi, ha detto Kajsa, «sostenere l'Ucraina. Questo perché sono essi a combattere in questa guerra e non noi. Credo anche che dobbiamo essere coinvolti nel dialogo coi nostri colleghi americani e amici. Perché anch'essi hanno lo stesso interesse. Perché il sostegno all'Ucraina è un sistema molto a buon prezzo di ottenere che la Russia cessi di essere una minaccia per gli alleati della NATO. È perciò necessario continuare il sostegno».

Convenite che non ci sia in fondo tanta differenza tra queste esternazioni e l'atteggiamento che hanno i nazigolpisti di Kiev nei confronti dei propri stessi cittadini, presi a bastonate nelle strade, arruolati nell'esercito, mandati al fronte e poi fucilati dai reparti punitivi di “Azov”, come avvenuto in questi giorni non lontano dal villaggio di Dronovka. Secondo la ricostruzione fatta in base alle riprese di un drone di sorveglianza della DNR, dopo l'esecuzione i cadaveri sarebbe stati gettati nel vicino fiume Severskij Donets. Che differenza c'è tra il valore attribuito dall'olandese alla vita dei soldati ucraini e quello riservato loro dai nazisti? Un valore evidentemente così basso, che Kiev preferisce rinunciare allo scambio di circa diciottomila prigionieri ucraini, pur di ottenere qualche decina di tagliagole di “Azov” catturati dalle forze russe.

Che valore ha dunque l'eloquenza dell'ex premier britannico Boris Johnson all'indirizzo dell'Ucraina? Essa non riguarda tanto una qualche “fiducia” o benevolenza nei confronti di Kiev, quanto si inserisce, pur con accenti formalmente diversi, nella crociata sempre più sfacciata di glorificazione del nazismo e negazione della vittoria sovietica sulle armate tedesche.

D'altronde, per una Presidente slovacca, Zuzana Chaputová che, sull'onda della vittoria elettorale di Robert Fitso, si dice contraria a continuare le forniture di armi a Kiev, qualcuno doveva pur portare solidarietà alla junta che spedisce giovanissimi e pensionati a «combattere in questa guerra e non noi». Il modo in cui Johnson lo ha fatto è nauseante.

In un'intervista al quantomeno sgradevole giornalista ucraino Dmitrij Gordon, Boris ha dichiarato testualmente che «l'Occidente vinse la Seconda guerra mondiale con gli alleati. Tra parentesi: con l'aiuto ucraino. E questo è stato un merito di Churchill».

Ora, le macchinazioni e le autentiche riscritture della storia, volte a sminuire o addirittura negare il ruolo dell'Unione Sovietica nella disfatta delle armate hitleriane, vanno purtroppo avanti da qualche decennio e si sono fatte più triviali negli ultimi anni. Le più “spassose”, se non fossero rivoltanti, trovate, si devono proprio alla junta nazista di Kiev. Aveva cominciato l'ex golpista Petro Porošenko a vaneggiare della liberazione di Auschwitz da parte ucraina, giocando coscientemente sul becero malinteso che i “Fronti” dell'Esercito Rosso venissero formati su base etnica e che, dunque, il lager nazista essendo stato liberato dal 1° Fronte ucraino, questo fosse formato esclusivamente di... ucraini. Il suo successore, era andato oltre, accusando il potere sovietico di esser stato complice del «mortifero volano dell'Olocausto». Semplice “ignoranza” da parte di due emuli delle uscite di Farinacci? Non crediamo; ma pure.

Ma, Johnson, quali motivi ha per infischiarsene a tal punto della storia? Per carità: nulla di nuovo, come si è detto. Su Rubaltic.ru, Svjatoslav Knjazev ricorda che se nel 1945, il 56% dei francesi riteneva che il ruolo decisivo nella vittoria sugli hitleriani fosse stato ricoperto dall'URSS, mentre solo il 20% dava la priorità al ruolo americano, nel 1994 le percentuali si erano pressappoco invertite: 25% contro 49%. Potenza dei Boris Johnson di ogni epoca e paese, che da sempre lavorano, ora più sommessamente, ora più platealmente, ma sempre nella stessa direzione.

Così, oggi, in questo frangente, in cui le masse popolari danno sempre più segni di stanchezza nei confronti degli appelli euro-atlantici a continuare l'invio di armi a chi combatte «in questa guerra e non noi», l'aperto riconoscimento tributato agli antesignani dei moderni nazisti al potere a Kiev serve a far passare come “crescita naturale”, “evoluzione”, come qualcosa “di per sé ovvia”, la rivisitazione della storia in chiave anti-sovietica. Come dire: è “naturale”, è “nell'ordine delle cose” che si aiutino i nazigolpisti ucraini, sarebbe anzi “innaturale” non farlo. La glorificazione dei vecchi nazisti serve a questo, così come l'affermazione dello sproposito che ignora a piè pari il ruolo sovietico nella disfatta hitleriana.

I lettori conoscono a sufficienza la storia, per evitare di tornarvi dettagliatamente. Sufficiente, in sintesi, ricordare che il 75% delle forze tedesche fu impegnato sul fronte orientale e qui esse subirono l'80% delle perdite. L'Esercito Rosso liquidò 607 divisioni tedesche (comprendendo ovviamente quelle eliminate e poi riallestite), contro le 176 su tutti i fronti alleati.

A perenne memoria del contributo di sangue ucraino, è doveroso rimarcare che, proprio in Ucraina, tedeschi e loro alleati, con la collaborazione di OUN-UPA nazisti, mandarono a morte tra 8 e 10 milioni di civili, cancellando dalla faccia della terra decine di migliaia di villaggi, così come in Bielorussia, dove nazisti e loro complici uccisero un abitante su tre.

E, a proposito di compici, è dunque con una discreta dose di simpatia che guardiamo a episodi, purtroppo ancora rari, come quello avvenuto qualche giorno fa a Rovno, allorché è stata ricoperta di vernice rossa la targa «a ricordo dei patrioti ucraini rinchiusi in prigione negli anni '40-'50 e martirizzati dai regimi bolscevico e nazista» (così i media golpisti).

Si tratta di una targa posta già nel 1997 dagli eredi dei nazisti di OUN-UPA sulla facciata di un edificio centrale del capoluogo della Volynia, una regione che però non dimentica i massacri perpetrati da quei komplizen hitleriani contro la popolazione polacca, ebrea, russa e anche ucraina. Sulla lapide è scritto: «In questo luogo, il 4 gennaio 1945, gli organi del NKVD giustiziarono gli eroici combattenti per l'onore e la libertà dell'Ucraina – soldati dell'Esercito insurrezionale ucraino» (UPA).

A carico degli otto “combattenti”, impiccati il 4 gennaio del '45 e i cui nomi figurano sulla targa, le confessioni date da loro stessi in fase processuale. Uno, colpevole di aver ucciso di propria mano 25 persone, dichiarò che «Sterminando le persone di cui ero stato incaricato, sapevo di portare beneficio al UPA, quindi ho commesso gli omicidi a sangue freddo, senza alcun rimorso di coscienza». Così, anche gli altri, confessarono di aver sterminato intere famiglie, in base agli elenchi loro forniti dai comandi nazisti e OUN: famiglie ucraine, con vecchi e bambini anche in fasce!

Un piccolo gesto, quello della vernice rossa, che assume però carattere prode, in una Volynia terra di alimento dei nazisti ucraini di ieri e di oggi. Un gesto che sembra voler dire ai Johnson, alle Ollengren e agli italici eredi dei repubblichini complici dei nazisti che oggi sproloquiano di “resistenza ucraina”, offendono l'ANPI e farneticano slogan OUN-UPA: «C'è un'Ucraina diversa, che combatte e rischia galera e vita per dare il benservito ai nazigolpisti “eroi” dell'Occidente».

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