Il DDL sicurezza recentemente approvato alla Camera ribadisce la visione tipica del populismo penale. Quello che si nasconde dietro gli allarmismi al fine di giustificare determinate prese di posizione, tendenti a reprimere comportamenti considerati devianti rispetto alla normalità regolata dall'economia capitalistica.
Eppure le statistiche ci parlano, in senso lato, di un calo dei reati. Sono stati pubblicati i dati relativi alla criminalità in Italia. Da analizzare senza lasciarsi prendere da entusiasmi fuori luogo. Le recenti rilevazioni circa la diffusione della criminalità nel nostro Paese designano un quadro che lascia, per certi versi, sorpresi. Infatti, sorgono delle perplessità allorquando l'idea di sicurezza viene a cozzare con una percezione diversa della realtà. La paura nelle masse è un sentimento che si è accresciuto da circa un quarto di secolo.
Moltplici i fattori. Siamo immersi in quella società che Ulrich Beck ha chiamato del rischio. Eventi climatici estremi, la globalizzazione dell'economia, le migrazioni, le guerre e gli attentati. La paura si è impadronita delle nostre vite.
La pandemia ha fatto il resto.
Manca l'idea di futuro. L'ansia e le nuove patalogie psicosomatiche non lasciano indenni nessuna generazione. Aumentano i casi di autolesionismo. All'interno di un mondo sulla via del caos anche il crimine si è adeguato. Così alle tradizionali forme di reato, nuove e più sofisticate fattispecie delittuose hanno visto l'ingresso all'interno delle esistenze ipermediatizzate. E se tv e giornali vendono le notizie raccontandoci le specificità (di parte) riguardanti un fatto di cronaca, ma quasi mai fanno luce sulle condizioni socio-ambientali, dall'altro i dati del Ministero dell'Interno da anni descrivono un trend in discesa. Siamo passati dalla narrazione in diretta dei furti negli appartamenti (che i razzisti ci dicevano fossero quasi sempre opera di slavi e rumeni) a quello dei delitti passionali.
Con tanto di plastici, approfondimenti, speciali. Per cui, puntare sulle politiche securitarie, con l'inasprimento sanzionatorio per quelli che l'élite considera comportamenti "scorretti", giudicandoli emotivamente pari ad altre e più gravi situazionì è funzionale al gioco del potere. Basti dare uno sguardo, appunto, al nuovo DDL sicurezza, che mira unicamente a mettere a tacere il dissenso e le proteste. Un generico concetto di ordine in nome del quale viene tirata in ballo la sicurezza (dei potenti) quando a manifestare è chi ha perso il lavoro, od occupa strade ed immobili perchè vuole evidenziare le conseguenze sulle persone e la natura di un clima impazzito, o ancora perchè escluso da ogni opportunità di inserimento sociale e lavorativo. Un governo autoritario che disconosce il diritto.
La questione sociale non interessa agli esecutivi al servizio del capitale globale. Provvedimenti che servono a garantire chi è già garantito. In quest'ambito gli apparati statali abusano di certi ruoli istituzionali ma non danno risposte ai cittadini che reclamano sicurezza personale, economica, inclusività ma anche giustizia. La certezza della pena messa in discussione da atteggiamenti ipocriti per i quali più che la forza del diritto vale il diritto alla forza.
Questi dati pubblicati confermano una situazione non preoccupante, ma per analizzare la quale bisognerebbe tener conto di diversi e molteplici indicatori. Uno di questi è sicuramente quello non trascurabile delle omesse denunce. In espansione sono le truffe informatiche, le telefonate ai danni degli anziani, la sottrazione di dati sensibili, i femminicidi, gli omicidi stradali, le risse ad opera di bulli frustrati e viziati. Il 43% degli omicidi avviene fra le mura domestiche.
Al di là della distinzione tra reati verso la persona o contro il patrimonio, la percezione di insicurezza di tante persone, dovuta al taglio decennale del welfare, con periferie e borghi spesso isolati e al buio, unita alla propaganda mediatica che si accanisce con i suoi demenziali programmi di cronaca concernenti episodi frutto della degenerazione sociale, serve a distogliere l'attenzione verso quella particolare tipologia di reati commessi da chi sta al vertice. Le statistiche dovrebbero riportare anche i dati relativi ai comportamenti illeciti commessi dal mondo politico, dell'imprenditoria, dalle banche. E qui parliamo di persone agiate che di certo non vivono ai margini (come causa di giustificazione ma sempre punibile) e che sottraggono risorse pubbliche destinate alla collettività. Tangenti, collusioni con ambienti criminali, morti bianche, caporalato, lavoro irregolare, strumenti finanziari tossici, truffe ai danni dei risparmiatori.
Poi ci sono le furberie delle tanto esaltate star dello sport e dello spettacolo. Senza fare nomi e dagli anni '90 che sappiamo di stilisti, calciatori, cantanti, tennisti ecc, famosi non solo per le loro prodezze ma anche per essere sfuggiti al fisco, dichiarando il falso o spostando altrove la loro residenza. E noi continuiamo ad esaltarli come se il male venisse tutto dalla politica.
Ci si indigna per le decine di migliaia di euro di stipendio dei politici (che esercitano una funzione pubblica e ci rappresentano) ma nulla si dice se gli stessi personaggi si riciclano in tv dove prendono molti più soldi, o dei cachet esorbitanti per le ospitate nei talk show e nei programmi trash di pseudo intrattenimento. Parassiti pagati dai decenni dai contribuenti che hanno la faccia tosta di giudicare oltre il dovuto chi ad esempio occupa un immobile, senza distinguo tra quelli che lo fanno perchè sfrattati a causa della morosità incolpevole da quanti sono mossi da altre motivazioni.
I famosi giustizialisti verso gli ultimi che si scoprono garantisti quando ad essere toccati sono gli amici del proprio giro. La storia italiana è piena di leggi ad personam in nome dell'allargamento dell' immunità dei capi, e di condoni. Ricchi agiati che vengono dichiarati incompatibili con la situazione detentiva. Che hanno calpestato la questione morale e si servono di ogni privilegio alla maniera del Marchese del Grillo. La giustizia classista dove tutto è permesso a chi ha i soldi. Qual è l'impatto di queste vicende sulla vita sociale? Di sicuro la sfiducia. Ogni intervento riformatore conferma la situazione.
Purtroppo le varie modifiche della giustizia, tanto nel disciplinamento delle fattispecie delittuose quanto negli aspetti procedurali/processuali si muovono tutte nella direzione dell'impunità verso i cd. colletti bianchi. Le prigioni, a parte qualche eccezione, e la giusta pena (che deve comunque essere proporzionata e tendente alla rieducazione) per i fatti gravi, sono piene di povera gente. Abitate in sovraffollamento da coloro che non hanno i mezzi (culturali, economici) per vedersi garantiti il diritto alla difesa. A volte perchè rimaste vittime dell'accanimento pregiudiziale di qualche magistrato, altre volte gli abusi sono opera delle forze dell'ordine. Cosi le misure di prevenzione affiancano quelle cautelari anche nei casi in cui non ve n'è alcuna necessità. In tanti sono in condizione detentiva e ancora in attesa di processo.
Uno Stato nel tempo privato delle sue prerogative, che vede i partiti sudditi delle politiche imperialistiche della Nato e di quelle austeritarie della UE. Le stesse da cui scaturiscono morti e disastri ambientali, esodi di massa, pandemie, precarizzazione delle vite. E di fronte a questi disastri il minimo è alzare la voce. Solo che sappiamo benissimo qual'è la risposta istituzionale nei confronti dei movimenti sociali. Lo Stato che tende a nascondersi quando in ballo sono i superiori interessi economici, che agisce nell'ombra, palesando la sua forza nei confronti di chi non ci sta. E che inventa reati come nella miglior tradizione dei regimi autoritari. Ci vogliono servi ed ubbidienti. Tutto rientra nel dominio della legge. La trattazione avviene nell'ambito dell'emergenza dall'11 settembre 2001, e dopo, grazie alla pandemia da covid, l'emergenza è diventata la normalità.
I diritti individuali, sociali, sacrificati sull'altare del Leviatano. Facciamo alcuni esempi: pensiamo all'episodio dei detenuti picchiati e torturati in diversi carceri. Le proteste, nella nuova disciplina, rientrano nel generico delitto di rivolta con pene fino ad 8 anni; consideriamo gli interventi spropositati delle forze dell'ordine durante il covid; o, ancora, mettiamo in conto il recente clamore suscitato dalle aggressioni agli operatori sanitari, alle quali si è cercato di riparare con l'invio dell'esercito. Una salvaguardia che potrebbe dar luogo ad abusi qualora venissero messe in dubbio delle denunce per i casi di malasanità, con il personale medico legittimato a richiamare l'intervento delle forze dell'ordine in caso di proteste. E se aggiungiamo anche la presenza, con finalità formative ( di indottrinamento?) dei militari nelle scuole, ecco che allora siamo vicini ad immaginarci di vivere in uno Stato di polizia.
L'amministrazione della giustizia rimane dunque una questione delicata, sulla quale, da sempre, la classe partitica punta i fari per fini speculativi. Il crimine nasce con l'uomo, ma vedere onnipresenti sugli schermi delle tv i nuovi opinionisti strapagati, i criminologi (star mediatiche al pari dei virologi), non giova ad affrontare in maniera adeguata un problema che meriterebbe una trattazione seria e multidisciplinare. Senza l'intervento di tutti i soggetti interessati – operatori del diritto, sociologi, psicologi, medici, mediatori culturali – ogni misura darà solo l'impressione di essere calata dall'alto. Avulsa dalla realtà.
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